Skip to main content

25 aprile del 1911: l’onore usurpato nelle pieghe di una festa di circostanza

Discorsi di inizio anno.

Ricordo di Emilio Salgari, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia

Raffaele Panico

Solo per caso, ascoltando un canale televisivo della Rai, che ormai per niente o solo per pochi secondi osservo nel tempo giusto del giro del telecomando, con decisione da parte mia metodica nell’esclusione, di quasi tutti i canali. Credo, se ricordo tale esclusione avveniva dai tempi della cosiddetta Primavera era il 2011 all’incirca? In Egitto, si ricordo c’era Mubarak e in Libia il Colonnello. L’esclusione del 98 per cento circa dei canali fa fatto sì che ne assolvo solo alcuni, tra i pochi veduti, RAI Scuola (146) che è estremamente interessante formativo educativo da vedere. E mi ricorda il canale della Televisione Svizzera italiana che, in bianco e nero, da bambino potevo vedere a Parabiago, a pochi chilometri da Legnano la cittadina famosa per il Carroccio e la statua di Alberto da Giussano.  Educazione, anche i cartoni animati e i fumetti erano altra cosa da quelli che si vedono oggi che so, giapponesi o coreani totalmente lontani nell’animo dai monti delle Alpi italiane o Svizzere e del ritornello di Heidi ti sorridono i monti. Lungo preambolo! Eh sì. Perché sul canale succitato sul finire dello scorso anno ho appresso del suicidio di Emilio Salgari e la cosa mi ha toccato profondamente.

Chi non ha letto suoi libri o visto film scritti sulla sua trama? Avveniva il gesto estremo il 25 aprile, a 50 anni dalla nascita della Patria, il regno d’Italia, mentre era pronto a Roma l’Altare della Patria, poi Milite Ignoto dopo la “Piccola e la Grande guerra” la prima del 1911-12 contro l’impero ottomano poi del 1915-18 contro l’Impero Austro-Ungarico e l’Impero germanico guglielmino. Questa cosa, il gesto estremo di Emilio Salgari, deve essere ricordata. Fortunati gli italiani che hanno una madre di altre parti della nostra cara Europa, pensiamo a Guglielmo Marconi solo grazie alla madre irlandese è stato accolto nel Regno Unito e preso in considerazione e ha avuto fortuna in Italia. Altrimenti, hai voglia a sentire discorsi ai giovani in Italia, o dell’Italietta, dove puoi fare il chierichetto, poi se sei fortunato con i capelli bianchi “eh che bravo uomo è stato, sempre un sant’uomo”, oppure te lo dicono a rigor mortis nell’ultimo sacramento in Chiesa prima dell’ultimo viaggio. INSOMMA, Emilio Salgari, va detto, lo hanno portato al suicidio a meno di 50 anni! Veniva sottopagato! Questo a un Padre di famiglia! E veniva anche deriso dai circoli letterari. Da giovane si arruolò in Marina militare ma non finì il corso col grado di capitano, interruppe gli studi, e così intraprese la carriera giornalistica, scrisse i primi racconti. A circa 25 anni perse la Madre, e il padre, che si era ammalato preferì il suicidio ad una lenta penosa malattia. Emilio prese moglie ed ebbe da lei quattro figli. La regina d’Italia Margherita di Savoia gli conferì un’onorificenza, di cavaliere…

 Ed eccola qui, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia 1897. 

La moglie di Emilio però si ammala e lui da marito premuroso fa di tutto per curarla, si indebita, la consorte peggiora, non c’era cura per le malattie mentali e allora c’erano i manicomi aperti dove la donna venne rinchiusa. Emilio era solo, aveva i 4 figli da accudire, sicuramente sulle spalle pesava tanta pregressa invidia, poi chissà perché proprio a lui che non aveva di fatto mai viaggiato, cosa c’era tanto da invidiare. Più che il destino si accanisce la malvagità umana che dell’invidia fa il proprio tornaconto. Difatti, scrisse ad un amico: “A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.

Era il 25 aprile del 1911, di mattina, Emilio Salgari redasse tre lettere, uscì di casa portandosi un rasoio. Le lettere erano indirizzate ai figli, ai direttori di giornali, ai suoi editori:

“Sono un vinto: non vi lascio che 150 lire, più un credito di altre 600 che incasserete dalla signora […] ” tal dei tali. Aggiungendo, mi troverete lì, esattamente in quel fosso. L’Italia tutta, e proprio dove si celebravano i suoi funerali, a Torino, l’ex capitale del Regno, erano in corso i festeggiamenti dei primi 50 anni dell’Unità della Patria. Sintomi che a volte alzano un’ombra cupa sul destino di un popolo che non si accorge di aver smarrito la coscienza verso i suoi figli, o verso il proprio fratello.  

   

 

Lascia un commento