Metodi utilizzati fin dall’antichità per rinfrescare gli ambienti di casa
Le popolazioni antiche avevano sviluppato metodi ingegnosi per rinfrescare le abitazioni durante i periodi di caldo intenso. In primo luogo approfittavano delle risorse naturali e poi nel tempo avevano escogitato diverse soluzioni architettoniche.
Sfruttando i materiali locali come argilla, pietra e legno, costruivano abitazioni che mantenevano una temperatura interna più stabile poiché dette materie possedevano proprietà isolanti.
Anche il fango o la paglia venivano utilizzati per creare tetti e pareti: questi materiali mantenevano un clima più fresco all’interno delle abitazioni e avevano la capacità di assorbire l’umidità presente nell’aria, rilasciandola gradualmente durante la giornata, creando in tal modo un effetto di frescura naturale.
Importante era anche la scelta della posizione delle finestre e delle aperture in genere che veniva fatta per favorire la circolazione dell’aria e massimizzare l’illuminazione naturale, senza che però entrasse un eccessivo calore. Questo tipo di architettura definita bioclimatica è utilizzata anche oggi: fa parte di essa l’uso di cortili e giardini interni.
Nella civiltà mesopotamica e poi in quella romana le dimore erano progettate intorno ad un cortile: era questo il peristilio, un porticato interno che racchiudeva un giardino, un orto, fontane o piccole piscine che attraverso l’evaporazione dell’acqua rinfrescavano l’aria circostante.
Molti dei sistemi antichi sfruttavano la frescura che proveniva dal terreno attraverso ambienti seminterrati dove c’era la presenza di acqua; sempre parlando delle dimore dell’antica Roma, il criptoportico era un corridoio interrato in tutto o in parte, dotato di una volta a botte e piccole aperture; il fresco risaliva lungo le pareti e attraverso le finestrelle l’aria poteva circolare.
Le piante insieme all’acqua creavano quel livello di umidità che garantiva una piacevole temperatura all’interno dell’abitazione; giardini e piscine originano zone microclimatiche che esercitano un’azione di rinfrescamento naturale ed ecologico.
Anche gli spazi verdi esterni all’abitazione aiutavano e aiutano tuttora a rinfrescare gli ambienti della casa. Le foglie infatti rilasciano il vapore che rinfresca sia la pianta che l’ambiente circostante; ecco perché sui muri esposti al sole si utilizzavano rampicanti che schermavano i raggi solari e assorbivano il calore. Le piante all’interno dell’appartamento svolgevano lo stesso ruolo.
Una tecnica conosciuta come ombreggiamento consisteva nell’aprire finestre solo sulle pareti non esposte al sole diretto per evitare che il calore entrasse in casa quindi si aprivano su cortili interni o porticati riparati dal sole.
In Persia e in Nord Africa erano stati progettati dei sistemi di canalizzazione dell’aria, canali sotterranei che trasportavano l’acqua da fonti naturali lontane fino alle abitazioni. Lungo il percorso l’acqua raffreddava l’aria circostante che attraverso condotti appositamente progettati veniva convogliata all’interno delle case.
Un altro sistema per sfruttare il raffreddamento dell’evaporazione era quello di inzuppare tende e tappeti, appendendoli alle finestre, alle porte e a tutte le altre aperture: all’interno delle abitazioni la temperatura rimaneva in tal modo più fresca.
Gli egizi e i greci utilizzavano invece sistemi di ventilazione attiva come ventole azionate manualmente o da mulini ad acqua, facendo circolare l’aria all’interno delle case.
In Persia dove il clima è caldo e arido, già nel 3000 a.C. si trovano le torri del vento, alte 30 m e generanti correnti d’aria in grado di contrastare il caldo. Funzionano asportando aria calda dall’interno dell’edificio durante il giorno e immettendo aria fresca dall’esterno durante la notte; l’aria viene ulteriormente raffreddata da vasche di acqua sotterranee che la umidificano.
Anche nei villaggi della Palestina il caldo torrido si sconfiggeva grazie all’acqua ma la refrigerazione era posta all’interno: ogni stanza era dotata di un contenitore per l’acqua in terracotta che pendeva dal soffitto; l’aria calda faceva evaporare l’acqua che raffreddava e modificava l’ambiente circostante.
Un po’ in tutto il Mediterraneo si utilizzavano poi i tetti bianchi che riflettevano la luce solare respingendo nei raggi e riducendo l’assorbimento interno di calore.
Procedendo lungo la storia, tra il XVI e il XVIII secolo, le famiglie agiate siciliane facevano costruire sotto i palazzi delle grotte scavate nella roccia, a pianta quadrata o circolare, cui si accedeva per mezzo di una scala. Un pozzo di ventilazione consentiva di trasformare l’aria calda in umidità e quindi in aria fresca: si chiamavano “camere dello scirocco” e furono inventate probabilmente dagli arabi. Nelle città venivano lasciate grezze mentre nelle ville erano abbellite con intonaci e mattoni.
L’architetto rinascimentale Andrea Palladio descrisse un ingegnoso sistema utilizzato a Villa Trento presso Vicenza dove le sale possedevano dei rosoni e delle griglie in pietra nel pavimento, collegate con una serie di cunicoli; era un labirinto sotterraneo descritto dal Palladio come “carcere dei venti” che portava l’aria nelle cantine e poi da qui lungo questi cunicoli risaliva nelle varie sale. La residenza era collegata a fresche grotte che raccoglievano l’acqua piovana e i cunicoli si diramavano da lì.
Architettura bioclimatica, materiali naturali isolanti, utilizzo dell’acqua e dell’umidità, l’impiego delle piante fosse anche con tetti e pareti coperte di vegetali, sono tutti sistemi sostenibili da riscoprire come alternative alla tecnologia e ai consumi.
Veronica Tulli
Foto © Romano Impero
carcere dei venti, criptoportico, materiali isolanti, peristilio, torri del vento