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Superstizioni, e se fossero pure vere?

In un periodo storico come quello che stiamo attraversando anche un semplice gesto scaramantico può aiutarci a migliorare la giornata. Quanti di noi anche se non crediamo alle superstizioni abbiamo evitato di passare accanto a un povero, innocente gatto nero, o quante volte abbiamo evitati di passare sotto una scala o di rompere uno specchio per evitare sette anni di guai?! Tante sono le superstizioni e anche se non ci crediamo sul serio adottiamo dei riti scaramantici, come il famosissimo cornetto napoletano. 

Ma andando a leggere vecchi libri qua e la, si viene a conoscenza che gli oggetti quotidiani legati alle superstizioni sono tantissimi e alcune dicerie, forse, non sono note.

Parliamo ad esempio dei cappelli. Quante volte sarà capitato di sentire i genitori, i nonni, dire di non mettere il cappello sul letto perché porta male? Questo gesto di per sé innocuo infatti simboleggia la sventura e la morte, perché nel passato quando il medico o il prete venivano in visita nelle case dove risiedeva un malato grave, spesso per la fretta il cappello veniva adagiato ai piedi del letto. Gesto quindi che richiama alla mente solo brutti ricordi.

Vale anche per gli abiti o le stampelle.

Parlando sempre del letto poi bisogna ricordarsi di non scendere mai con il piede sinistro. Questa diceria è da attribuirsi agli antichi romani i quali negli atri delle case avevano un servo che introduceva gli ospito con la frase “Entra pure col piede destro” a indicare che era una visita gradita. Proprio per questo “scendere col piede sinistro” è divenuto nel tempo segno di sventure, o di quando qualcuno si mostra particolarmente nervoso o preoccupato. fondamentale ricordare che bisogna sempre fare da soli e mai in due.

Altra cosa da evitare assolutamente di fare in più persone è quello di usare un fiammifero. Utilizzato nelle trincee della prima Grande Guerra infatti designava chi dei soldati dovesse andare all’attacco e quindi, spesso perdere la vita.

Restando sempre in tema di oggetti poi abbiamo le forbici: me­glio te­ner­le at­tac­ca­te al muro, por­ta bene. Men­tre se vi ca­sca­no, pri­ma di rac­co­glier­le, met­te­te­ci un pie­de so­pra per scon­giu­ra­re un even­tua­le di­sgra­zia.

Tra le al­tre cose da evi­ta­re c’è quel­lo fa­mo­so di ver­sa­re l’olio. Lo stes­so vale per il sale, che, come si sa, se cade, bi­so­gna pren­de­re due pic­co­le man­cia­te e get­tar­le die­tro le no­stre spal­le, me­glio se quel­la si­ni­stra. E qui c’è tut­to il ci­ni­smo uma­no: even­tua­li di­sgra­zie capiteranno a chi do­vrà pulire in seguito il pa­vi­men­to.

Interessante e curiosa è la diceria che c’è nel passare sotto una scalaIn alcune tombe sono state ritrovate delle piccole scale a nove pioli, che simboleggiavano gli dei. Insieme a Osiride, dio dell’oltretomba, indicavano la chiusura del ciclo vitale di un uomo. A noi però è arrivata con altre storie: per la sua forma aperta rappresenterebbe la Trinità e per questo passarci sotto, se non con le dita incrociate, avvicina il malcapitato a Satana.

Passando invece alle tradizioni legate alla tavola, oltre all’olio e al sale si parla anche di lenticchie. Chi non le mangia a Capodanno sarà colpito da sventure e carestie. “Portano guadagno” si sente dire spesso ai cenoni con amici e parenti, ed è una tradizione anche questa risalente all’antica Roma quando spesso insieme alle lenticchie si regalavano borse piene di questo legume che ricordava, per la sua forma le monete.

Importantissimo, MAI guardarsi negli occhi mentre si brinda, almeno in questa ricorrenza. 

Nel Me­dioe­vo non si usa­va guar­dar­si ne­gli oc­chi du­ran­te il brin­di­si tra co­no­scen­ti per evitare che in un mo­men­to di di­stra­zio­ne qual­cu­no po­te­va ver­sa­re del ve­le­no nel­la bevanda.

Ma lo sapevate che il taglio a croce sui cavoletti di Bruxelles non è casuale ma anche questo figlio di superstizioni? sembra infatti che questa incisione prima di cuocere il delizioso ortaggio serva per eliminare le creature demoniache che si nasconderebbero al loro interno, almeno secondo le credenze medievali.

Il fa­gio­lo era con­si­de­ra­to nel­la cul­tu­ra gre­co ro­ma­na sim­bo­lo di im­mor­ta­li­tà per il fat­to che, an­che sec­co, ri­pren­de­va for­za e ca­pa­ci­tà nu­tri­ti­ve una vol­ta ba­gna­to. Mol­te ma­tro­ne in­dos­sa­va­no col­la­ne con pen­da­gli a for­ma pro­prio del pre­zio­so le­gu­me per ot­te­ne­re ricchezza e ov­via­men­te amo­re.

At­ten­zio­ne poi a non usa­re mai un cuc­chia­io con la mano si­ni­stra come si dice “te la sei an­da­te a cer­ca­re”. Ma ci sono poi gli og­get­ti di uso co­mu­ne che han­no la stes­sa pro­prie­tà se usa­ti male.

Inu­ti­le ri­cor­da­re i set­te anni di guai se si rom­pe uno spec­chio. Così gli om­brel­li, mai aprir­li al chiu­so spe­cial­men­te den­tro casa. Ma se men­tre vi pet­ti­na­te vi ca­sca in ter­ra il pet­ti­ne? Vuol dire che qual­cu­no vi pen­sa con amo­re.

Sem­pre in am­bi­to tri­co­lo­gi­co quan­do si vuo­le evi­ta­re una pre­ma­tu­ra cal­vi­zie bi­so­gna tagliarsi i ca­pel­li du­ran­te la Luna nuo­va. E se per caso ave­te un ca­pel­lo sul­la spal­la al­lo­ra è se­gno che vi sta ar­ri­van­do una let­te­ra, ma non è spe­ci­fi­ca­to se con buo­ne o cat­ti­ve notizie.

Se sfor­tu­na­ta­men­te do­ve­ste in­cro­cia­re (porli uno su l’altro) de­gli og­get­ti qual­sia­si, ad esem­pio posatescar­pema­ti­te e qual­sia­si al­tro oggetto è con­si­de­ra­ta una gra­ve disgrazia. Una di­ce­ria, an­ch’es­sa nata nel Me­dioe­vo, racconta che of­fen­de­reb­be la Cro­ce di Cristo.

Non usa­te as­so­lu­ta­men­te lo stes­so asciu­ga­ma­no in due, la lite, è si­cu­ra cer­ta­men­te, ma è an­che una que­stio­ne di igie­ne per­so­na­le, dun­que, me­glio evi­ta­re.

Anche il gentil sesso non si salva dalle superstizioni. Un tem­po si sen­ti­va dire dal­le mam­me, men­tre pu­li­va­no per ter­ra ri­vol­gen­do­si alle fi­glie di al­za­re i pie­di, non solo per pas­sa­rvi sotto con la sco­pa, ma per non toc­car­le, in­fat­ti si credeva che una ra­gaz­za che ve­ni­va toc­ca­ta da una sco­pa non era più con­si­de­ra­ta una brava don­na di casa e, dun­que, una bra­va mo­glie con il ri­sul­ta­to che ri­ma­ne­va zi­tel­la. Se una ragazza vo­le­va, in­ve­ce, spo­sar­si en­tro l’an­no do­ve­va met­te­re le pun­te del­le scar­pever­so l’u­scio di casa, pron­te a usci­re per una nuo­va vita.

Con­clu­dia­mo que­sta bre­ve car­rel­la­ta con gli ani­ma­li. Se sen­ti­te ulu­la­re un cane è pre­sa­gio di mor­te, ma ba­sta toc­ca­re qual­co­sa di fer­ro per scon­giu­ra­re la di­sgra­zie. Lo stes­so vale se sen­ti­te can­ta­re in cam­pa­gna il cu­cu­lo, ma se por­ta­te ad­dos­so la pri­ma pic­co­la cosa che tro­va­te in ter­ra al­lo­ra la for­tu­na è dal­la vo­stra par­te.

Se un gal­lo can­ta pri­ma del­la mez­za­not­te il mal­tem­po è as­si­cu­ra­to. Così come ve­de­re uno stor­mo di gaz­ze è in­di­ce di gio­ia, ma solo se virano a si­ni­stra, men­tre a de­stra la gior­na­ta sarà pie­na di pro­ble­mi e, a que­sto pun­to, vi conviene gi­ra­re a te­sta bas­sa.

Gianfranco Cananrozzo