Se proprio non si riusciva a evitare l’inglese, fu intimato che intimato che si doveva fornire una traduzione in hindi: «Viene ordinato ai dipendenti pubblici e ai funzionari di tutti i ministeri, dipartimenti, municipi e banche che hanno account ufficiali su Twitter, Facebook, Google, YouTube o blog che si usi l’hindi, o entrambi l’hindi e l’inglese, ma con priorità per l’hindi». Inoltre si annunciava la proibizione a utilizzare le lingue locali negli uffici e nelle comunicazioni al pubblico.
La lingua, si sa, è un collante fondamentale per costruire una nazione. Eppure la nazione più popolosa al mondo non aveva ancora una sua lingua nazionale. È anche per questo che Modi aveva riaperto una guerra che si combatte da 100 anni. In India esistono ben 22 lingue ufficiali, ma ci sono 1652 «lingue madri». Alcune di queste lingue sono radicate da molto più tempo dell’hindi, anche se negli ultimi 50 anni ne sono scomparse addirittura 250. Non bisogna poi dimenticare che qui, secondo l’Unesco, c’è il record mondiale di analfabetismo, con 287 milioni di persone che non sanno né leggere né scrivere: il 37%di tutti gli analfabeti del mondo, a cui è difficile imporre una nuova lingua, nonostante l’aiuto della televisione.
Il disagio del Sud
Come dice il linguista John Trumper: «Una forza politica si sceglie un codice, cioè un dialetto, che usa per le sue leggi. E così facendo lo trasforma in lingua». Così, il tamil, una delle più antiche lingue classiche ancora parlata correntemente da milioni di persone, si cerca di trasformarla in dialetto. E assieme a essa anche altre lingue dravidiane che, complessivamente, vengono parlate dal 20 per cento del Paese, cioè circa 300 milioni di persone degli Stati del Sud.
Quale è realmente il problema con l’hindi?. Semplicemente che non è la lingua di tutta l’India. Nonostante la Costituzione indichi che sia l’hindi standard che l’inglese sono da considerarsi «lingue ufficiali», esse non sono «lingue nazionali». E c’è un’importante differenza, sottolineata nel 2010 dalla decisione di un giudice dell’Alta Corte del Gujarat, che rigettò la richiesta di imporre indicazioni in hindi sui prodotti di tutto il Paese. Normalmente, in India, la maggioranza della popolazione ha accettato l’hindi come lingua nazionale e molti parlano l’hindi e scrivono con la scrittura devangari, ma la verità è non c’è alcun documento ufficiale che suggerisca l’esistenza di ordini o decreti che facciano dell’hindi la lingua nazionale del Paese per cui le stesse autorità hanno paura a imporre l’hindi.
Questi tentativi vanno infatti contro l’identità multiculturale e linguistica della storia dell’India, ma ci sono stati programmi politici locali che a volte sono stati trasformati in occasione per manifestare un’opposizione violenta.
La crociata per l’hindi si trascina da quando il Mahatma Gandhi nel 1918 fondò l’Istituto per la Propagazione dell’Hindi nel Sud dell’India. Nel ’25 il Congresso Nazionale Indiano optò per l’hindi come lingua ufficiale. Ma tra il ’37 e il ’40 esplosero le prime agitazioni, con proteste, scontri e morti in Tamil Nadu per difendere l’identità tamil e delle lingue dravidiane. Le agitazioni si susseguirono, con nuovi episodi tra il ’46 e il ’50 da cui scaturirono i partiti identitari dravidiani che presero il potere in Tamil Nadu. E ancora lo detengono. L’identità dei popoli a quanto pare non si può distaccare dalla lingua. Forse le autorità centrali in India si sono accorte che provare a imporre l’hindi non gli porta nulla di buono.
Modi voleva in sostanza colpire questi partiti. Pochi mesi dopo la normativa sui social, nel discorso per il Giorno dell’Insegnante, il premier scelse di rivolgersi a scolari, alunni, studenti, maestri, professori e docenti di tutto il Paese parlando solo in hindi. Dagli Stati del Sud, arrivarono in diretta tv le richieste dei ragazzi: «Caro Primo Ministro, la preghiamo, parli in inglese perché l’hindi qui lo studiamo poco e solo alle medie: non è che lo capiamo molto».
La richiesta rimase inascoltata. Non solo perché Modi non parla abbastanza bene l’inglese, ma anche perché nascondeva un suo programma preciso: «hindustizzare» l’India, cioè voleva conformare in un’identità di religione induista e prevalentemente settentrionale l’intero paese. In Tamil Nadu, per tutta risposta, in alcune scuole tennero il televisore spento. Tanto nessuno, lì, avrebbe capito quel discorso in hindi.
Lingue parlate nel mondo
Secondo le tabelle della pubblicazione Ethnologue l’Hindi si trova al quarto posto come lingua per numero di parlanti subito dopo il cinese, lo spagnolo e l’inglese e prima dell’arabo standard ma se osserviamo la stessa lista con attenzione vediamo che tra il decimo e il ventesimo posto compaiono ben altre 4 lingue di origine indiana e questo su liste fatte su scala globale non è poco; c’è inoltre da notare che il bengali, la lingua del vicino Bangladesh, si trova al sesto posto in questa lista, subito dopo il portoghese, e che vista la vicinanza e le immigrazioni, l’India è il secondo posto dove viene parlata.
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