Skip to main content

Noel Coward

Recensione di “Spirito Allegro”

 

“Spirito allegro”, traduzione italiana di “Blithe spirit”, è una commedia brillante del 1940 scritta dal drammaturgo inglese Noel Coward: debutta nel 1941 a Londra rimanendo in scena per quasi 2000 repliche; il motivo di così grande successo? Certamente si ritrova nel testo originale, frizzante, calibrato, pregno del tipico humour inglese che ancora oggi riesce a conquistare il pubblico: il protagonista della vicenda è Charles Condomine, scrittore di successo che, intento nella stesura di un nuovo libro sull’occultismo, decide di organizzare una seduta spiritica invitando presso la sua abitazione Madame Arcati, una eccentrica medium; all’eccentrico evento partecipano anche la seconda moglie di Charles, Ruth, e il suo migliore amico, il dr. George Bradman, con la moglie Violet.

Tra strani movimenti del tavolo e rumori sinistri, Madame Arcati riesce ad evocare lo spirito di Elvira, la prima moglie di Charles, morta sette anni prima e che ora solo lui può vedere e sentire: Elvira è un personaggio brioso e divertente, che crea assoluto scompiglio nella vita matrimoniale dell’ex marito che si trova così ad aver a che fare con ben due mogli.

La versione italiana di “Spirito allegro” firmata da Vincenza Mangano e Giovanbattista Scidà non delude le aspettative e porta in scena il personaggio di Charles Condomine interpretato da un perfetto ed elegante Giovanbattista Scidà (che è anche co-regista) che non perde il ritmo della commedia così come le tre attrici principali Vincenza Mangano (anch’essa co-regista), Francesca Martino e Marina De Falchi, rispettivamente nelle parti di Madame Arcari, Ruth ed Elvira, che riescono a dare equilibrio e vivacità al testo.

La regia mantiene inalterata l’ambientazione anni 40’ così come i costumi, curati nei minimi particolari, accompagnano la vicenda restituendone il sapore originale: curioso de inaspettato l’utilizzo del video-mapping per la creazione di effetti tridimensionali sullo sfondo, tecnica questa molto utile per i cambi scena atmosferici e, soprattutto, per la rappresentazione degli spiriti, risultando un espediente che rende contemporanea la messa in scena e che riesce a levigare quella patina demodé che inevitabilmente il testo si porta addosso.

Marti Francesca