Medioevo e le bugie sulla sessualità
Nell’immaginario collettivo, il Medioevo ha rappresentato spesso qualcosa di oscuro, di pauroso, dove la gente viveva in uno stato di completo abbrutimento, con storie di tregende, di streghe e di roghi, insomma un mondo che, come si dice, se lo conosci lo eviti. Ma è stata proprio così questa età della storia?
Certo, non era un’epoca facile, la vita era dura, la società era divisa in classi in maniera elitaria, un mondo che agli occhi di noi moderni, laici e democratici, può sembrare una vita a dir poco inospitale eppure è il periodo delle grandi università, della filosofia, dei madrigali e la nascita dell’amor cortese, antesignano del moderno galateo, oltre alle prime innovazioni nell’edilizia come le cattedrali e nell’agricoltura, tanto per fare alcuni esempi.
Dunque, un’epoca da riscoprire senza pregiudizi, specialmente per la vita dell’intimità quotidiana dei nostri antenati e di come vivevano la sessualità, al di la delle leggende posteriori. Cominciamo con lo “jus primae noctis”, che dava ai feudatari, secondo la vulgata corrente, il diritto di giacere con la sposa di un proprio suddito nella prima notte di matrimonio.
Una idea falsa che nasce in età moderna dove si considerava il servo della gleba, l’ultimo anello della catena sociale, legato alla proprietà padronale della terra e dove ogni forma sociale, come anche l’autorizzazione a sposarsi, era parte di questo contratto per il quale si doveva versare un tributo e da qui l’idea, assai tarda e infondata, di dover concedere anche al suo signore, oltre ai soldi, la sua sposa proprio nella fatidica prima notte delle nozze.
La storicità di questa credenza risulta essere del tutto falsa, senza una minima prova anche se, molti secoli dopo, fu alimentata dal cinema, ricordiamo tutti quelle commediole del nostro cinema anni ’70, dove questo pseudo diritto era l’occasione per raccontare storie scollacciate.
L’equivoco nasce dall’espressione francese “droit du seigneur” approssimativamente tradotto con l’espressione “diritto del signore”, che faceva riferimento a una vasta molteplicità di diritti riconducibili al feudatario, come anche la caccia, le tasse, l’agricoltura, la casa e quant’altro. In definitiva, lo jus primae noctis è più un mito moderno che attinente all’epoca medievale, ma questo, purtroppo, rimarrà ancora per molto tempo anche sui libri di scuola.
Insomma, non ci sono documenti attendibili in nessuna parte dell’Europa medievale arrivati fino a noi ed è difficile pensare che in una società in cui la Chiesa e il cristianesimo avevano un controllo capillare sulla famiglia e sul comportamento delle persone, fosse accettato un costume così mortificante per i sudditi e incompatibile con il valore dato alla verginità e alla purezza femminile, pure se, per dovere di cronaca, in un tardo documento del XV secolo, secondo uno Statuto della città di Belluno, “non bisogna presumere vergine alcuna donna di più di vent’anni, a meno che la sua castità non possa essere provata”.
Niente male per una società considerata bigotta, ricordiamo che la sessualità all’epoca era un atto naturale, un vero “dono della creazione”, come conferma il filosofo del 1300, Guillaume de Conches che dichiarava che “solo gli ipocriti lo ignorano” e per questo allontanato poi dalla società dell’epoca.
Rimanendo sul terreno del sesso, ricordiamo anche un’altra celebrità: la cosiddetta “cintura di castità”, un manufatto di costrizione fisica che diventava di fatto una vera tortura.
Secondo la leggenda, i crociati, prima di partire alla conquista del Santo Sepolcro, per un viaggio che poteva durare anche molti anni, facevano indossare alle loro mogli questa cintura affinché rimanessero illibate fino al loro ritorno, un uso che venne seguito anche dagli uomini che per affari erano sempre in viaggio, con lo stesso scopo.
Un oggetto che se esistito realmente avrebbe causato non pochi problemi soprattutto dal punto di vista igienico, per le molte infezioni o piaghe che potevano derivare dalla totale assenza di igiene.
Per la fortuna di queste donne, però, la cintura di castità non è mai esistita.
Infatti, non si trovano cinture di castità arrivate fino a noi dal medioevo, ma neanche documenti di nessun genere, la prima raffigurazione di questo oggetto arrivato fino a noi è un disegno ritrovato in un manoscritto satirico del XV secolo che raccontava, come uno scherzo, la storia dei mariti fiorentini che costringevano le loro mogli ad indossarle.
Per la verità qualche cintura di castità è presente in alcuni musei, ma queste risalgono solo al XIX secolo e usate unicamente per uno pseudo collezionismo da esibire, già allora, come stravaganza, ma assegnandole in maniera falsa ad un età risalente al medioevo.
Nell’ambito della sessualità, c’era come vedremo una certa liberalità anche se alcune consuetudini dovevano essere rispettate nel rapporto tra coniugi come il numero dei rapporti con la moglie.
Una raccomandazione assai diffusa, imponeva che non si potevano avere più di due incontri a settimana.
Superare questo limite avrebbero dimostrato solo lussuria che era un peccato grave e per i medici assai pericoloso perché poteva niente meno accorciare di molto la vita, ma anche inaridire il corpo ed il cervello diventare annebbiato arrivando alla sicura cecità.
Altre raccomandazioni riguardavano poi le posizione nell’atto sessuale.
Fino al 1100 quella ammessa era solo quella classica che oggi chiamiamo del missionario, esaminata dai teologi come la più appropriata alla procreazione, mentre quelle devianti, non sappiamo quali, ma possiamo immaginarle, fanno “scoppiare la collera di Dio” con tutto quello che ne consegue compreso l’allarme dei medici perché altre posizioni sono considerate pericolose con gravi conseguenze per la salute.
Sesso, dunque, ma non sempre, bisognava, infatti, astenersi da qualsiasi “commercio carnale con la propria moglie” per i giorni di Natale, di Pasqua e di Pentecoste e, in alcune città europee, anche se può sembrare contraddittorio, le case di tolleranza rimanevano aperte anche in quei giorni tranne solo il Venerdì Santo.
In proposito, la prostituzione era accettata come un male minore, ma solo per i mariti focosi per i quali era meglio avere rapporti con una prostituta anziché depravare le loro mogli. Per questo i bordelli erano aperti tutto l’anno.
Per l’umanista Platino, bibliotecario papale e membro dell’Accademia fiorentina nella metà del 1400, affermava in un trattato che “l’atto deve essere evitato quando uno è pieno di vino o di altri tipi di carne” inoltre “quando si ha lo stomaco vuoto e si è molto affamati”.
Sorge spontanea una domanda, allora quando? “Il momento giusto per farlo – risponde ancora il Platino – è quando il cibo è stato quasi digerito, quando non si vuole dormire o fare qualcosa di diverso”.
Il Medioevo è certamente un epoca di forti contraddizioni e di grandi eventi che andrebbe conosciuto meglio.
Miriam Dei