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Ilaria Salis

Ilaria Salis, la costruzione di un caso

Il dibattito sul caso di Ilaria Salis è sempre più incandescente. Le immagini della maestra elementare lombarda (che in realtà è stata una supplente) tenuta in catene al processo in Ungheria hanno giustamente indignato tutti, ma purtroppo non sono mancate le polemiche strumentali da parte della sinistra, in prima linea per sfruttare ogni occasione per denigrare il governo Meloni. A puntare il dito contro i compagni ci ha pensato Zoltan Kovacs, Segretario di Stato per le comunicazioni e le relazioni internazionali dell’Ungheria. Il portavoce di Viktor Orbàn ha parlato senza mezzi termini “attacco orchestrato e di sinistra volto a distruggere le buone relazioni politiche tra Ungheria e Italia”.

Ma partiamo dai fatti iniziali riportati accuratamente nel blog di Nicola Porro: nell’ottobre 2023 la Procura generale di Budapest ha annunciato in un comunicato di aver sporto denuncia contro tre cittadini stranieri che, secondo l’accusa, avrebbero partecipato come membri di un’organizzazione politica ad attentati a Budapest avvenuti nel febbraio 2023, per un totale di 9 vittime di aggressione violenta.

Secondo l’accusa, un cittadino tedesco – ricercato in Germania con emissione di mandato d’arresto europeo – insieme alla sua compagna, a partire dal 2017 avrebbe creato a Lipsia questa organizzazione politica con finalità criminali, di cui sarebbe entrata a far parte anche Ilaria Salis. La Procura metropolitana accusa la donna italiana del delitto di tentata lesione personale con pericolo di vita commessa in quanto membro di tale un’organizzazione, mentre l’uomo tedesco e la donna di nazionalità tedesca vengono accusati del reato di partecipazione ad un’organizzazione politica con fini criminali.

La Procura Generale di Budapest propone inoltre di emettere mandati di arresto europei e internazionali nei confronti di altre 14 persone coinvolte nel caso (2 italiani, 1 albanese, 1 siriano e 10 cittadini tedeschi). I membri di tale organizzazione avrebbero convenuto che la lotta ideologica contro simpatizzanti di estrema destra dovrebbe essere condotta con violenza. Di conseguenza, hanno accettato di effettuare attacchi organizzati contro vittime di loro scelta, identificate o ritenute simpatizzanti di estrema destra. Il loro obiettivo era quello di causare ferite gravi alle vittime.

Tra il 9 e l’11 febbraio 2023 a Budapest si sono verificati complessivamente cinque attentati, nei quali sono rimaste ferite complessivamente nove persone. Il primo attacco è avvenuto su un treno alla stazione ferroviaria di Nyugati, il secondo a Fővám tér, il terzo e il quarto attacco il 10 febbraio a Gazdagréti tér e Bank utca, e il quinto l’11 febbraio a Mikó utca nel 1° distretto. Tra le vittime c’erano cittadini ungheresi e stranieri. Sei di loro hanno riportato ferite gravi, tre hanno riportato ferite lievi.
Tra gli autori degli attentati secondo la Procura metropolitana ci sarebbe anche Ilaria Salis. Vale sempre il principio che ogni imputato è considerato innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata, ma l’accusa è pesante.

Orban

Qual è la discriminante che, a differenza di altri casi di italiani imputati all’estero, rende la vicenda di Salis un caso soprattutto politico? Il fatto che la protagonista sia imputata in Ungheria, il cui premier Orban è in buoni rapporti con il governo Meloni, entrambi sovranisti, termine utilizzato quasi come un insulto dai detrattori degli esponenti di destra, è un pretesto succoso per la sinistra, il cui obiettivo è destabilizzare i rapporti tra Orban e Meloni e avere l’ennesimo appoggio sicuro su cui battere per evitare di affrontare problemi reali. Alcuni giornali e politici stanno facendo di Ilaria Salis una martire, un simbolo contro la prevaricazione fascista, un modello da imitare perché usare violenza contro dei neonazisti, è cosa buona e giusta.

Immaginiamo se fosse successo il contrario: se una simpatizzante fascista avesse usato usato violenza a degli estremisti di sinistra e fosse stata ammanettata come la Salis. Cosa avrebbero detto esponenti e giornalisti di sinistra?
Si dà per scontato che il padre di Ilaria Salis dica tutta la verità, che i buoni siano lui, la figlia e chi sta dalla sua parte urlando la sua libertà.
Secondo il diritto ungherese «le misure adottate nel procedimento sono adeguate alla gravità dell’accusa e del reato commesso».

C’è anche un altro aspetto che emerge dai documenti dell’accusa ed è il fatto che la Salis avrebbe fornito «false dichiarazioni sulla sua istruzione, sul suo stato di famiglia e sulle sue relazioni personali». In particolare «subito dopo il suo ingresso nel centro di detenzione è stato registrato nei suoi dati personali che la sua istruzione non era andata oltre l’ottava classe della scuola primaria. Secondo quanto dichiarato durante il colloquio iniziale, invece, aveva conseguito una laurea magistrale in Lettere antiche presso l’Università di Milano ed era stata insegnante di scuola in Italia».
Lo stesso è avvenuto in merito a quanto affermato sul suo stato personale «durante la prima intervista ha dichiarato di essere single, di non avere un compagno, di non avere figli e di vivere da sola in un appartamento in Italia. Il 6 novembre 2023, tuttavia, il suo partner è stato registrato come persona di contatto. Il 17 gennaio 2024 ha incontrato il suo compagno nell’ambito di una visita di gruppo».

Insomma sono aspetti da tenere in considerazione ai fini di una sentenza, fare del vittimismo definendo i capi di imputazione una condanna all’antifascismo e scambiando i diritti umani con la santificazione è di un infantilismo politico imbarazzante. La signora Ilaria Salis non è una figura immacolata da proteggere a priori, prigioniera del cattivissimo Orban (la magistratura è indipendente), che evidentemente hanno le loro leggi come qualsiasi altro Paese al mondo. Se vuole fare l’eroina, rivendichi pure le sue gesta assumendosi le proprie responsabilità. Scontare una pena, qualora si sia colpevole, in nome delle proprie idee è da veri rivoluzionari.

Nel frattempo, in Italia, Beniamino Zuncheddu è stato assolto nel processo di revisione dai giudici della Corte di Appello di Roma: l’ex allevatore di Burcei è tornato libero dopo 33 anni trascorsi in carcere. L’uomo, che si è sempre proclamato innocente, era stata condannato all’ergastolo con l’accusa di essere l’autore della strage di Sinnai (Cagliari) dell’8 gennaio del 1991 in cui furono uccisi tre pastori. Una vergogna italiana per cui tutti dovrebbero indignarsi invece di fare cagnara intorno ad un caso costruito ad arte per il dibattito politico e per screditare un governo che ha parlato di accuse eccessive nei confronti di Ilaria Salis.

Fonte

“Ilaria Salis in catene”: perché l’Ungheria ce l’ha con la detenuta italiana

 

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