Vittorio Emanuele: Napoli,12 febbraio 1937
….. Ginevra, 3 Febbraio 2024
Sabato 10 Febbraio si terranno a Torino le esequie del Principe Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo Re d’Italia Umberto II, morto a Ginevra il 3 febbraio scorso a 86 anni.
La sua e stata una figura complessa, a volte attaccata dai media, che spesso hanno esagerato nel dipingerlo in maniera pesante. Ci si chiede allora chi fosse veramente Vittorio Emanuele. Certamente un uomo che non ha avuto la vita facile colpito sin da bambino, a nove anni, con la pena medioevale dell’esilio per il singolare “reato” di chiamarsi Savoia.
Quando nacque, per decreto dello Stato italiano, fu dichiarato “Principe dell’Impero” e educato a divenire Re ed Imperatore. Proprio per questo suo ruolo, fu al centro di intrighi politici che puntavano a farlo divenire Re da bambino con reggente la madre Maria José e costringendo il nonno Vittorio Emanuele III ed il padre Umberto ad abdicare in suo favore. Il piano saltò. Qualche anno dopo, Adolf Hitler tentò di farlo catturare in Valle d’Aosta dopo l’otto settembre, dove era con la madre e le sorelle.
Sfuggito rocambolescamente alla cattura, fu condotto in Svizzera e qui rischiò il rapimento organizzato da un commando nazista. Ritornato in Italia dopo il 1945, dovette, nel 1946 nuovamente rifugiarsi all’estero. Infatti, tutto d’un tratto, per via del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, forse vinto dalla Repubblica, Vittorio Emanuele fu costretto a lasciare l’Italia. Aveva 9 anni. Non era uno stupido e partendo da Napoli sull’incrociatore “Duca degli Abruzzi”, capì che non sarebbe più salito al trono d’Italia. Il giovane Principe pianse lacrime amare nel lasciare il suo Paese ed il sogno di divenire Re.
Già questo, come qualsiasi esperto dell’infanzia potrebbe certificare, ne basterebbe e ne avanzerebbe per giustificare le intemperanze di questo ragazzo da adulto.
Ed è su queste intemperanze, sul carattere difficile e le ribellioni al padre, spesso stucchevoli ed amare, che Vittorio Emanuele si è giocata la credibilità verso una parte del mondo monarchico e verso una parte degli italiani. Su questi fatti i media hanno calcato la mano, per cui ogni sua azione appariva censurabile.
Per quanto attiene alle sue vicende giudiziarie, compreso il tremendo fatto dell’isola Cavallo in cui perse la vita il giovane Dirk Hamer, in realtà la magistratura francese e quella italiana per i reati contestatigli dalla procura di Potenza, lo hanno assolto. Certamente, come ha sottolineato il presidente dell’Unione Monarchica Italiana, Alessandro Sacchi, il figlio del Re deve avere un comportamento attento e misurato. Ed invece Vittorio Emanuele ha tirato talmente la corda con una serie di atti e comportamenti censurabili che spinsero il padre, Umberto II, prima a minacciarlo e poi a privarlo, con atti altamente simbolici, dei diritti successori a capo della Casa.
Comunque, nel cuore di monarchici al di là di tutto era rimasto una sorta di affetto verso il figlio di Re Umberto II.
Fu così che quando ad Agosto del 2006, Vittorio Emanuele, ottenne le misure alternative al carcere che aveva scontato a Potenza, su invito del Comandante delle Guardie d’Onore alle Reali Tombe al Pantheon, Capitano di vascello Ugo d’Atri, mi sollecitò ad andare a trovare il figlio di Re Umberto II. Il principe era ospite, per le misure alternative alla detenzione, nella villa di Giuseppe Gazzoni – famoso produttore dell’Idrolitina –
Ero felice di averlo potuto incontrare. Fui tra i pochissimi ad averlo potuto visitare e ad averlo voluto incontrare. A pranzo ero seduto a fianco a Vittorio Emanuele. Il Principe era confuso, arrabbiato con il procuratore Woodcock che lo aveva fatto arrestare e lo accusava di reati infamanti. Vittorio Emanuele si dichiarava innocente con me, ma aveva tutta la stampa che lo derideva e gli dava addosso. Ed aveva invece ragione lui: fu scagionato da ogni accusa: per la giustizia non era un delinquente.
Antonio Parisi
nella foto piccola in bianco e nero del 1978, Antonio Parisi
– al tempo Segretario Nazionale del Fronte Monarchico
Giovanile e collaboratore diretto di S.M. Umberto II –
mentre saluta con deferenza il Re d’Italia, in esilio