Una “Guerra Disastrosa” che forse poteva essere vinta ? La Consul Press intervista lo storico Gianfranco Giulivi
Qui di seguito viene pubblicata una intervista di Fabrizio Federici a Gianfranco Giulivi, Autore di due ponderosi volumi. Trattasi precisamente sia del suo ultimo libro-inchiesta: “I responsabili della sconfitta Chi ha fatto perdere all’Italia la Seconda guerra mondiale” (Fergen Editore, Settembre 2023), ove si focalizzano i nomi e i ruoli dei responsabili della disfatta italiana /1940-’43 sia del suo precedente lavoro “Potevamo vincere! Se solo l’avessimo voluto” (Editrice BookSprint, Febbraio 2020), ove in entrambi sono state affrontate ipotesi forse non improbabili su una possibile e diversa del conclusione dell’immane II° Conflitto Mondiale. (*1)
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L’INTERVISTA A GIANFRANCO GIULIVI
a cura di Fabrizio Federici (*2)
Il nuovo libro di Gianfranco Giulivi (*3), figlio e nipote di Militari, egli stesso grande appassionato di storia militare, non è affatto, come si potrebbe inizialmente pensare, una superficiale esercitazione di storia alternativa. Ma, da un lato, un’indagine seria su quella che fu la partecipazione italiana al II° Conflitto Mondiale, sulle cause e concause dei vari avvenimenti, e, soprattutto, sulle esatte responsabilità dì una sconfitta così grave. Dall’altro, una ricerca – in pieno spirito storico – sull’esistenza, all’epoca, di concrete possibilità alternative al disastro del 1943.
In questa articolata intervista, l’Autore – al quale ci unisce una forte passione per la storia a tutto tondo, pur nella diversità di visioni politico-culturali – ci parla a lungo del suo libro, per render giustizia alla storia, confutando personalmente narrazioni non veritiere ed analizzando episodi occultati.
INIZIA così la nostra conversazione con Gianfranco Giulivi, articolata in 12 domande.
1/ D – Cosa l’ha spinta a proseguire – con questo secondo saggio, “I RESPONSABILI DELLA SCONFITTA” un’indagine così complessa e dettagliata, già iniziata col Suo primo libro, “Potevamo vincere!” ?
R – Mi ha spinto la riflessione su 2 affermazioni scritte, riportate su 2 testi che considero fondamentali per l’analisi critica degli avvenimenti (e dei loro principali attori) svoltisi tra il 1 settembre 1939 e l’8 settembre 1943, e dopo; esse sono:
1) come già indicato nella Premessa a questo mio secondo libro, il primo dato essenziale è l’Art. 16 del Trattato di Pace del 1947, sottoscritto dall’Italia (Nazione sconfitta ) e dagli Alleati (Nazioni vincitrici del 2° conflitto mondiale), che così recita: “L’Italia (*) non perseguirà ne disturberà i cittadini italiani, particolarmente i componenti delle Forze Armate, per il solo fatto di avere, nel corso del periodo compreso tra il 10 giugno 1940 e la data di entrata in vigore del presente Trattato, espresso la loro simpatia per la causa delle Potenze Alleate ed Associate o di avere condotto una azione a favore di detta causa “. (* L’Italia “Repubblicana e Democratica“ nata nel 1946 / N.d.R).
Una clausola così non esiste negli analoghi Trattati di Pace sottoscritti dalla Germania e dal Giappone, né da altre Nazioni uscite sconfitte dalla II^ Guerra Mondiale;
2) “Mussolini è stato veramente tradito dai suoi collaboratori, come Egli ha annunciato dopo la sua caduta e come ha poi tentato di dimostrare dopo essersi eletto capo della Repubblica Sociale Italiana? …Non da tutti” // Così, con questa affermazione lapidaria, inizia il libro “Perché perdemmo la guerra“, pubblicato nel luglio 1946 e scritto dal Gen. Carlo Favagrossa, che fu Ministro per la produzione bellica dal Settembre 1939 fino al gennaio 1944 (non epurato da Badoglio il 25 luglio 1943), quando questo Ministero fu abrogato.
Se la lingua italiana ha un senso, “NON DA TUTTI” significa DA GRAN PARTE DI ESSI. Alla luce di questi 2 scritti, come non si poteva indagare con occhio critico sul come si erano svolti gli eventi bellici e chi ne era stato il principale artefice?
2/ D – Anzitutto le sue ricerche permettono di fare il punto sulla “vexata quaestio“ della reale preparazione (come armamenti, attrezzature, effettivi militari, “capitale umano”) del nostro apparato bellico al 10 giugno 1940 o, almeno, al ’42, quando – come riportano alcune fonti – c’erano stati parziali miglioramenti (in termini di equipaggiamenti militari, aerei da combattimento e, credo, anche carri armati) ?
R – Sulla preparazione bellica dell’Italia subito prima, e durante il conflitto, si potrebbe scrivere un libro specifico, ma ne uscirebbe una nuova “Divina Commedia”: sia per la quantità di informazioni tecniche che dovrebbe contenere, sia per l’analisi delle quantità e qualità delle risorse militari che erano a disposizione, sia per le riserve di materiali necessari alle singole Forze Armate, sia per la logistica necessaria alla gestione delle risorse. Sia, infine, per la situazione delle industrie atte alla produzione bellica e dei loro approvvigionamenti di materie prime. E ancora, sia per la capacità finanziaria della nazione di affrontare un’economia di guerra, sia per la situazione alimentare del Paese, una volta sottratte risorse umane giovani da chiamare sotto le armi. Ma soprattutto, per la preparazione bellica (addestramento al combattimento) delle risorse umane e tecniche da utilizzare nei vari scacchieri bellici, a seconda del tipo di guerra che si voleva impostare.
E per il Coordinamento tra le varie Forze Armate, affinché il Regio Esercito avesse il necessario supporto della Regia Aeronautica, e – quando possibile e necessario – della Regia Marina; la quale, per scelta strategica degli Ammiragli stessi, aveva rinunciato a dotarsi di portaerei, come invece quasi tutte le altre Marine Militari (salvo Germania e Unione Sovietica) avevano da tempo fatto. L’affiatamento almeno tra le 2 Armi, Marina e Aeronautica, era quindi fondamentale nella guerra sul mare (Mediterraneo Occidentale e Orientale).
Imporre il coordinamento tra le varie Armi, seguendone gli sviluppi, era compito precipuo del C.S.M. Generale, il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio; così come la predisposizione dei ‘piani di guerra’ sulla base di sue specifiche istruzioni, a seguito delle direttive strategiche emanate dal Duce, Comandante Supremo per delega reale. Tutto ciò non fu fatto, e i risultati si videro subito, anche per la non corretta applicazione delle direttive di Mussolini, già chiaramente enunciate nella riunione segreta coi Vertici militari del 31 marzo 1940.
3/ D – Quali altri fattori di base, a Suo giudizio, contribuirono a questa conduzione inefficiente della guerra?
R – Anche il mancato controllo delle informative del SIM (che però funzionalmente dipendeva dal C.S.M. del Regio Esercito) e il loro necessario riscontro, furono causa di errate decisioni, che limitarono inizialmente l’operatività dell’Esercito, e conseguentemente della Regia Aeronautica. Badoglio poi, non visitò mai la Libia e la sua organizzazione militare, quindi non conosceva affatto il nostro principale fronte terrestre e le sue esigenze militari e logistiche.
Le Forze Armate, esclusa la Regia Marina, in effetti erano preparate solo parzialmente. Molte divisioni erano incomplete o mancanti di parte dei necessari armamenti; molte armi e aerei, poi, erano tecnicamente obsoleti o superati, ma se fossero stati inviati sui fronti di guerra in grande quantità … Invece il grosso degli equipaggiamenti, dei carri armati leggeri, delle artiglierie, degli automezzi di trasporto, degli aerei da combattimento, furono tenuti inspiegabilmente in Italia; furono mandati gli uomini … e ci battemmo carne contro acciaio. Perchè i britannici, pur con organici (sia in Africa Settentrionale che Orientale) molto modesti, ma quasi completamente motocorazzati, e sapientemente appoggiati da un’Aeronautica modesta, ma tecnicamente superiore alla nostra, e da una Marina spregiudicata e esuberante per capacità operativa (spesso in appoggio balistico alle truppe di terra), quando decisero di passare all’offensiva ci triturarono, rischiando di farci perdere tutta la Libia sin dal 1941.
4/ D – Ma una vittoria dell’Italia, non avrebbe significato una vittoria anzitutto della Germania nazista, col suo allucinato progetto di dominio del mondo intero? Vittoria che Lei, come ho subito capito leggendo il Suo libro, non ritiene affatto che sarebbe stata meglio per il mondo…
R – A questa sua domanda NON vorrei rispondere, anche perchè é oggettivamente difficile rispondere. E’ chiaro che il Nazismo e il Fascismo. che comunque attecchirono in molte Nazioni d’Europa, grandi e piccole, tendevano ad un Nuovo Ordine Europeo, ove le 2 Nazioni guida (Germania e Italia), uscite vittoriose dalla guerra, creando reciproche Aree d’influenza, gestissero insieme una nuova Europa. Un’Europa non più basata sul liberalismo democratico, che favorisce solo i Paesi più ricchi di prodotti minerari e industrie e possessori di Colonie (da cui trarre gratis ulteriori risorse a solo beneficio dei loro popoli), e in cui le masse non partecipano direttamente allo sviluppo della Nazione, se non tramite i loro rappresentanti in Parlamento. Sostituendo tali sistemi con regimi nazionalisti, di matrice socialista: dove, attraverso la partecipazione dell’individuo nell’ambito d’uno Stato Sociale, rispettoso delle proprietà privata ma teso alla cura del benessere delle masse produttrici e delle loro famiglie, tutti si sentano partecipi diretti dello sviluppo della Patria, ciascuno apportando il suo contributo sotto la guida di un Capo carismatico, che decida al meglio dei loro destini. E’ un po’, mi lasci dire dalla sociobiologia, il concetto del “branco”, dove il maschio dominante guida la pletora di maschi e femmine, portandoli al soddisfacimento dei loro bisogni individuali; ma dove son pronti tutti a fare blocco attorno a lui, quando un pericolo esterno metta a rischio la compattezza o la sopravvivenza del branco stesso.
5/ D – Ecco, ma come poteva non preoccupare, quantomeno gli europei, la prospettiva d’una Germania nazista che, vinta la guerra, guidasse appunto il “branco”?
R – Una cosa è certa: tutti avevano paura della Germania, Italia inclusa. D’altronde, noi italiani ormai avevamo 80 milioni di tedeschi direttamente ai nostri confini, e forse, avrà pensato il Duce, era meglio averli come amici che come nemici.
Io, nel mio primo libro “POTEVAMO VINCERE !“ affermo che ciò sarebbe stato possibile prima della diretta discesa in campo degli USA, se solo avessimo effettivamente preparato la guerra e combattuta da subito; probabilmente, una nostra vittoria nel Mediterraneo ed in Egitto avrebbe costretto la Gran Bretagna ad una “Pace di Compromesso”. Di cui si sarebbe giovata anche la Germania, senza più ostacoli in Europa, salvo il pericolo dell’espansionismo sovietico (l’URSS nel 1939, giunta ai confini della Germania tramite la spartizione della Polonia, era pronta ad attaccare la Germania nazista, per poi dilagare in Europa).
Concludo il mio primo libro (a pag.571) con questa affermazione: che sarebbe successo dopo (la Vittoria)? Non lo so, non voglio chiedermelo. Sono solo certo di una cosa: il nostro destino sarebbe stato diverso e i nostri morti, uomini, donne e bambini, non sarebbero morti invano.
6/ D – Entrando, comunque, più nei dettagli dell’argomento, supponiamo, nel 1940-’41, una vittoria, soprattutto italiana, sulla Gran Bretagna, nello scenario in primis afro-mediterraneo. A questo punto, però, l’Italia, firmataria del “Patto d‘Acciaio” (che obbligava ambedue i contraenti a sostenersi a vicenda, in caso di guerra), presumibilmente avrebbe avuto le sue difficoltà a tenersi fuori dal successivo attacco all’ URSS. O no?
R – Anche a questa domanda è difficilissimo rispondere, per vari motivi. Come Lei ha giustamente osservato, il Patto d’Acciaio obbligava entrambi i firmatari ad entrare in guerra a fianco dell’Alleato; infatti l’art. 3 del Patto recita: ”Se, malgrado i desideri e le speranze delle Parti Contraenti, dovesse accadere che una di esse venisse ad essere impegnata incomplicazioni belliche con un’altra o con altre potenze, l’altra Parte Contraente si porrà immediatamente come alleata al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari, per terra, per mare e nell’aria “.
Se nel 1939 ci fu la possibilità di restar temporaneamente fuori dalla guerra, grazie anche all’accordo verbale – raggiunto con la Germania alla firma del patto – che l’Italia non sarebbe stata pronta ad un conflitto prima del 1942 (e quindi si potè ribadire quella posizione con la furbastra formula della “Non Belligeranza”, che non significava neutralità, né equidistanza), dopo una guerra contro Francia e Gran Bretagna, conclusasi vittoriosamente sia per Berlino che per Roma, soprattutto grazie all’intervento italiano a tempo debito, sarebbe stato difficile per Mussolini tirarsi indietro da una “Crociata contro il Comunismo Ateo” (come già era stato, in parte, giustificato anche il nostro intervento di “volontari” in Spagna nel 1936, con il beneplacito del Vaticano).
Non escludo, però, che Mussolini, che nel ’40-‘41 aveva ancora un grande ascendente su Hitler, potesse anche convincere il Fuhrer che l’Unione Sovietica riguardava l’Area di Influenza solo germanica: mentre le sue truppe vittoriose stavano ancora operando in Africa e Medio Oriente come truppe di occupazione, o liberazione (secondo i casi), per reprimere eventuali rivolte filo britanniche o anti britanniche (a seconda degli accordi siglati nella “Pace di Compromesso” con Francia e Regno Unito). Certo è che l’Italia quantomeno non si sarebbe tirata indietro nel caso, invece, di attacco sovietico alla Germania (ipotesi la cui forte possibilità di realizzarsi è stata evidenziata, negli ultimi anni, da vari storici, N.d.R.): poiché, a quel punto, si sarebbe trattato di difendere, oltre la Germania alleata, noi stessi e l’intera Europa cristiana, anche con la benedizione del Vaticano.
7/ D – E supponendo che l’Italia avesse condotto la guerra diversamente, più rapidamente e. soprattutto, senza scontri di potere nelle alte sfere militari e politiche, né “quinte colonne” che dietro il sipario complottavano indegnamente con l’alibi dell’antifascismo, quali mosse specifiche (oltre a un miglior coordinamento tra le nostre 3 Armi, e tra noi e i tedeschi) avrebbe dovuto fare l’Asse, soprattutto nel Mediterraneo e in Nordafrica, per vincere?
R – Per una Nazione che entra in una guerra in corso, si presume solo, almeno all’inizio, un atteggiamento AGGRESSIVO, che può, a seconda dei successivi andamenti, continuare ad esserlo o , invece, trasformarsi in difensivo; oppure entrambe le cose, se si opera su più fronti, come, all’epoca, l’Italia (Mediterraneo Centro – Orientale, Africa Settentrionale, Africa Orientale, Albania).
In primis, si potevano fare 2 conquiste immediate, sia per mostrare (al Nemico, all’Alleato, al Mondo) la potenza delle Armi italiane e la loro capacità operativa e di successo; sia essenzialmente per il fronte interno, per entusiasmarlo alla guerra. Mi riferisco alla conquista dell’Isola di Malta (possibile, a giugno del ’40, entro 4/6 settimane) e alla conquista della Corsica, o almeno, di una parte di essa (il resto, sarebbe venuto da solo con la resa della Francia il 24 giugno del ‘40, appena 2 settimane dopo la nostra opportuna entrata in guerra).
Si trattava, in realtà, della riconquista di territori ex italiani: la stessa Malta, che dista solo 90 km. da Pozzallo (Sicilia), nel 1940 era stata completamente abbandonata dal Governo britannico del Premier Chamberlain, perchè ritenuta INDIFENDIBILE. Il 10 giugno del ’40 era difesa da forze scarsissime; e necessitando di frequenti rifornimenti alimentari dalle distanti Alessandria d’Egitto e Gibilterra, da parte nostra sarebbe bastato un blocco navale continuo, con minamento del mare antistante, senza necessità di invasione, per prendere l’isola.
I nostri, probabilmente sarebbero stati addirittura invitati a sbarcare, per fini assistenziali (come poi, in effetti, sarebbe avvenuto a Cefalonia, ad esempio). Invece, la mancata invasione dell’isola convinse poi Churchill, divenuto Primo Ministro, a garantire regolari rifornimenti a Malta a partire dal mese di agosto 1940. L’isola diventò una spina nel fianco dei nostri convogli.
Anche in Corsica uno sbarco immediato sarebbe stato possibile, e più utile dell’attacco del 21 giugno sulle Alpi Occidentali (Von Clausewitz aveva detto, a suo tempo, che “attaccare la Francia dalle Alpi era come prendere il fucile dalla parte della baionetta”). Invece, sia verso la Corsica che verso la Tunisia, non fu sparato un colpo: anzi, alle artiglierie della piazza della Maddalena, in Sardegna, fu ordinato di non aprire il fuoco contro l’isola ed il porto nemico. Tutto questo la dice lunga sulle motivazioni reali dell’attacco alla Francia … altro che “pugnalata alla schiena”!.
8/ D – Ecco, e veniamo ai due fronti in Africa, Settentrionale e Orientale…
R – In Africa Settentrionale non furono inviati i mezzi necessari per una rapida avanzata verso il Canale di Suez, la cui caduta avrebbe tagliato fuori la Gran Bretagna dal Mediterraneo: e forse anche dal Medio Oriente, visto i sovvertimenti arabi che erano in corso nei suoi Protettorati e/o Colonie. Le nostre divisioni motocorazzate (la VI^ Armata, l’Armata del Po, fiore all’occhiello del Regio Esercito) furono lasciate a mietere il grano in Val Padana fino all’aprile 1941: quando, spezzettate, furono inviate parte in Jugoslavia, parte in Libia e altre, dopo, in Russia.
E non c’erano automezzi sufficienti, in Nordafrica, neanche per tutte le Divisioni della X Armata; le 2 divisioni libiche e le 3 di Camicie Nere avanzavano a piedi nel deserto, sotto un sole di 40/50°, mentre i reparti di carri armati leggeri, in parte furono distribuiti in appoggio alle varie divisioni, e in parte tenuti di riserva, lontano dal fronte.
Aggiungiamo che Italo Balbo, il quale in base al trattato di resa sottoscritto dai francesi il 24 giugno del ‘40, voleva appropriarsi, entrando in Tunisia, dei carri armati Renault e Samua e degli automezzi, fu abbattuto da “fuoco amico” il 28 giugno, mentre atterrava sulla pista T2 dell’aeroporto di Tobruch.
In Africa Orientale, dove un numeroso esercito di 300.000 uomini, pur male armati e peggio equipaggiati, avrebbe comunque avuto la possibilità d’occupare sin dai primi giorni la base britannica di Porto Sudan (a nord) e prendere il Somaliland, con l’altro importante porto di Berbera, ad est (entrambe le località erano praticamente sguarnite di soldati nemici, con 11.000 in Somaliland e solo 5.000 in tutto il Sudan!), cosa accadde? Il ViceRe ricevette da Badoglio l’assurdo ordine di “nessuna attività offensiva: difesa passiva, SALVAGUARDANDO L’INTEGRITA’ DELL’IMPERO” …. Così, a gennaio 1941 i britannici, fortemente rinforzati in Sudan, Nigeria, Ciad, con truppe giunte dai posti più remoti del Commonwealth, attaccarono le nostre truppe, distribuite in Somalia, Eritrea ed Etiopia (anzichè raggruppate sull’Acrocoro etiopico, quasi inaccessibile a mezzi motorizzati, dove avrebbero potuto resistere per anni), e le sbaragliarono nel giro di pochi mesi.
9/ D – E tornando alle operazioni nel Mediterraneo occidentale e orientale?
R – Del Mediterraneo occidentale e orientale non vorrei neppure parlarne, perché in questo settore il tradimento dei vertici della Regia Marina fu enorme: di fronte ad una nostra superiorità tecnica, numerica, qualitativa, eccezionale nei sommergibili (la seconda flotta al mondo dopo URSS), ci fu l’ignominia di una stasi perenne nei porti, mentre le navi nemiche facevano il bello ed il cattivo tempo, nell’intero Mediterraneo, grazie anche ai “suggerimenti” degli <Amici dei Nemici> (come scriverà Antonino Trizzino, autore dell’indimenticato “Navi e poltrone”). Sino ad arrivare alla notte del 11 novembre 1940, quando 21 biplani inglesi costruiti nel 1935 (più obsoleti dei nostri vecchi CR 32, che li surclassavano in tecnologia e manovrabilità), in una missione che in condizioni normali sarebbe dovuta ritenersi AVVENTATA e SUICIDA, attaccarono la base navale di Taranto: silurando 3 nostre corazzate (1 praticamente affondata), 1 incrociatore pesante, 1 cacciatorpediniere.e 2 idroricognitori, facendo decine di morti e feriti tra i nostri equipaggi, perdendo SOLO 2 AEREI.
Credo, a questo punto, che si sia ben compreso perchè POTEVAMO VINCERE e invece perdemmo una guerra che, in partenza, era già vinta…
10/ D – Ed eccoci all’altro punto essenziale. Difficile darle torto, quando osserva che gli errori fatti dalle alte sfere militari e politiche italiane nel 1940-’43 sono stati troppo evidenti e grossolani, per poter trattarsi veramente di errori. Ma allora, come non pensare a una rete sotterranea di complicità, a dir poco ambigue (aventi ben poco a che vedere con le iniziative, anche durante la guerra, degli antifascisti seri e leali), tra importanti sfere dirigenti nostrane e gli Alleati? Non sono concessioni al “complottismo” stupido, ma interrogativi più che logici, peraltro non nuovi….
R – Nel mio ultimo libro “I responsabili della sconfitta” credo aver dato una risposta a questa Sua domanda. Quando parlo di Badoglio (pagg. 23 – 55), elenco una serie di incontri, lettere, contatti, che il nostro Capo di Stato Maggiore Generale teneva con gli Alleati già prima dell’entrata in guerra: contatti ripresi in modo importante dopo la sua estromissione dal Comando (a Dicembre del ’40, quando, dopo le sue stesse dimissioni dalla carica di Capo S.M., fu sostituito dal generale Ugo Cavallero, N.d.R.). L’Ammiraglio Francesco Maugeri, Capo del S.I.S, (pagg. 131-137) sarebbe stato addirittura decorato dagli U.S.A. il 4 luglio 1948 con la ‘Legion of Merit’, con la seguente motivazione: “Per la condotta eccezionalmente meritoria nella esecuzione di altissimi servizi resi al Governo degli Stati Uniti come capo dello spionaggio italiano e come capo dello Stato Maggiore della flotta italiana durante e dopo la Seconda guerra mondiale“.
I succitati casi riguardano personaggi singoli, seppur di altissimo livello; ora invece parliamo di un gruppetto, che io ho definito “la Triade” ( pagg. 138-140): trattasi di 3 super Ammiragli, nelle persone di Cavagnari (C.S.M. della Regia Marina); Riccardi (Comandante militare della Piazza di Taranto e, alcuni mesi dopo, successore di Cavagnari al Comando di tutta la R. Marina); Parona, Comandante di BETASOM (la base atlantica di sommergibili italiani a Bordeaux). Questi 3 individui concordarono alla fine del 1940, con l’Addetto navale e l’Ambasciatore britannico a Stoccolma, un “Listino prezzi” molto dettagliato, per la resa di tutta o parte della Flotta italiana: le trattative furono portate avanti grazie all’intermediazione di un ingegnere svedese che aveva trattato, prima della guerra, una fornitura di navi italiane alla Marina si Stoccolma.
Quindi, come vede, non fu problema di casi specifici: addirittura, in Supermarina – scriverà poi Maugeri – “l‘Ammiragliato britannico aveva abbondanti amici tra i nostri Ammiragli anziani e nello stesso Ministero della Marina”. Ma il carico da 11 lo cala l’Ammiraglio della U.S. Navy Zacharias, quando, nel suo libro “Secret mission”, scrive: “By then we were in direct contact with certain dissident elements in the highest echelons of the Italian Navy and prepared through them the surrender of the fleet” (pag.314). Non parliamo quidi di casi isolati, ma di Gruppi di Vertice, organizzati per far perdere la guerra all’Italia.
11/ D – Incredibile… Va detto, infine, che una “guerra balorda”, all’epoca, non ci fu solo fra tedeschi e franco-inglesi, sul fronte con la Francia, nel ’39-’40, ma anche, direi, piu’ tardi sempre nel ’40, tra italiani e inglesi nel Mediterraneo e, soprattutto, in Nordafrica, Se è vero che le forze inglesi in Nordafrica, nell’estate del ’40, erano davvero limitate e scarsamente attrezzate, perchè il Maresciallo Rodolfo Graziani, per attaccare in Egitto, aspetta addirittura 3 mesi, sino a settembre? Ritiene plausibile, allora, che tutto questo sia nato da segrete trattative tra Mussolini e il Premier britannico Churchill, iniziate, com’è noto, nella primavera del ’40 e mai interrottesi, anche nel corso della guerra?
R – Ritengo – e non sono l’unico – che accordi ci siano stati tra Mussolini e Churchill (qualcuno ci ha scritto addirittura 2 libri!); lo provano anche la sparizione delle 2 borse di pelle che Mussolini portava con se’ (contenenti non oro, gioielli, valuta pregiata, ma carta, tanta carta) quando fu catturato a Dongo nel ‘45, e la spasmodica ricerca che ne fece Churchill, sempre nel 1945, durante la sua successiva ‘vacanza’ sul lago di Como.
La tesi dell’Italia “aggressore”, che decide di entrare in guerra quando vuole, non è compatibile con l’atteggiamento “difensivistico” con cui si pone poi su tutti i fronti, per mare e per terra, con precise disposizioni di “non operare”. “Colpi di mano oltre confine, previsti nel piano P.R.12 non – dico non – devono essere effettuati ” Questo è il telegramma che Badoglio invia a Balbo il 10 giugno 1940, per quanto riguarda lo scacchiere libico: anche se si sapeva bene che in Egitto c’erano forze britanniche molto limitate.
Analoga disposizione fu data in Africa Orientale: lo stato Maggiore ordinò al Vicerè Amedeo d’Aosta di adottare una “passiva immobilità“, ma contemporaneamente” mantenere l’integrità dell’Impero” (1.800.000 kmq controllati da 300.000 uomini in armi; una assurdità); inoltre, nessun rinforzo fecero affluire i britannici, prima di settembre in Africa Settentrionale, in Africa Orientale addirittura non prima di dicembre (anche se ad Agosto avevano perso il Somaliand, grazie ad una lungimirante iniziativa di Amedeo d’Aosta). La guerra vera iniziò con il nostro attacco alla Grecia del 28 ottobre 1940, cui gli Inglesi risposero con l’attacco alla base navale di Taranto del novembre 1940 … li iniziò il conflitto, perchè qualcuno (penso Churchill) non stette ai patti, quando si rese conto che l’invasione tedesca della Gran Bretagna era stata sventata, e i rifornimenti americani arrivavano in quantità cospicua.
12/ D – In conclusione, caro Gianfranco Giulivi, sono senz’altro pagine poco edificanti –per non dire vergognose – della nostra storia recente: pagine, direi, in linea con quella che, nei secoli, è stata la peggior tradizione italica. Solo in parte riscattata, aggiungo, dal tributo di sangue pagato poi dal nostro Paese con la Resistenza all’invasione nazista dopo l’8 settembre del ’43 (resistenza armata che, però, innegabilmente è stata, in buona parte, anche una guerra civile tra italiani; e che, comunque, devo riconoscere, ha avuto anche i suoi momenti deprecabili).
Ma qui entriamo in valutazioni storico-politiche, su una fase successiva a quella di cui abbiamo parlato: valutazioni che ognuno fa secondo la sua formazione intellettuale e le sue esperienze: e che richiederebbero tutto un discorso a parte. Invece, come chiuderebbe questo Suo excursus sugli anni 1940-’43?
R – Ricordando che in quella nostra tragica guerra ci furono – come penso di aver dimostrato – individui, annidati tra i Vertici delle Forze Armate, conniventi col nemico, per convinzione, scelta politica, interesse personale, probabilmente qualcuno anche per una visione patriottica diversa. Che fu una “strana guerra”, in cui ci sarebbe e ci sarà, da parte di altri Ricercatori, la necessità di indagare sulle reali motivazioni di certe scelte strategiche che videro quasi ‘connivente’ il Capo del Fascismo, è una affermazione NON CONTESTABILE.
Già a partire dall’agosto 1939, con la “lista del molibdeno” (il cui tonnellaggio, richiesto ai tedeschi, superava l’intera produzione mondiale dell’epoca); con l’ordine di Mussolini, dato nell’ottobre 1939, di costruire lungo tutta la frontiera con l’ex Austria (ormai incorporata nel Reich germanico) il ‘Vallo Alpino del Littorio’: una serie cospicua di fortificazioni, con bunker armati di mitragliatrici e cannoni anticarro, fossati o muri anticarro, integrati da campi minati, ostruzioni stradali, cioè sbarramenti anticarro fissi, detti “denti di drago”. Linea difensiva che fu definita “linea non mi fido”, e la cui costruzione fu abbandonata, quasi ultimata, solo a ottobre 1942 (combattevamo assieme ai tedeschi su tutti i fronti già da 29 mesi); d’altronde, Ciano aveva detto esplicitamente che “nella nostra posizione geografica, si può e si deve detestare la massa di 80 milioni di tedeschi, brutalmente piantati nel cuore dell’Europa, ma non si può ignorarla”….Tutto questo non può far pensare ad un Mussolini rimbecillito, ma ad uno cosciente delle disposizioni politico-militari che dava..
Anche la scelta di entrare in guerra il giorno 10 giugno 1940 a fianco della Germania (Ciano aveva fatto firmare la Dichiarazione di Guerra al Re Vittorio Emanuele III già dal 1 giugno) dà l’impressione che il Duce abbia atteso ‘una certezza’ (il dubbio è: quale?). Logica vorrebbe che fosse la certezza di una disfatta delle truppe franco-britanniche sul fronte Ovest: per sferrare allora, dall’Italia, un’offensiva da Est (le Alpi), in modo da attirare più forze francesi alla frontiera italiana, togliendone dal fronte Ovest e contribuendo così al più rapido successo germanico. Agevolando, infine, la progettata invasione tedesca dell’Inghilterra.
Ma qualcuno afferma di aver visto “carte” inviate dal Governo di Parigi al Re d’Italia, tramite il Vaticano, e dal medesimo fatte pervenire al Duce: carte in cui gli allora governanti francesi chiedevano l’intervento dell’Italia contro la Francia stessa prima che crollasse militarmente, al fine di avere un Mussolini vincitore, che attenuasse le richieste di Hitler al tavolo della pace. Richieste che si ipotizzavano dure e vendicative, pari a quelle già imposte alla Germania nel Trattato di Pace di Versailles.
Parliamo del colonnello Scoppola, Aiutante di Campo del Re d’Italia Umberto II nell’esilio di Cascais in Portogallo: Scoppola le aveva viste tra quelle consegnate al Governo Italiano del dopoguerra, e poi sparite. Ma parliamo pure della Principessa Maria Gabriella di Savoia, che dichiarò che tra le carte del nonno Vittorio Emanuele III c’erano lettere del Sig. Daladier (Ministro degli Esteri francese fino al 5 giugno 1940 ): le stesse cui faceva riferimento Scoppola. Queste 2 testimonianze sono state espresse a 2 diversi giornalisti, il primo nel 1985, il secondo nel 1993: che interesse avrebbero avuto a mentire, a distanza di 45/50 anni dai fatti?
Il modo militare di operare contro la Francia tra il 10 e il 21 giugno 1940 le confermerebbe: nessuna azione offensiva italiana per mare e per terra contro i francesi, solo piccoli colpi di mano sulle Alpi; nulla sul fronte libico-tunisino, nulla contro la Corsica, neppure il bombardamento del porto di Bonifacio, che dista un tiro di sputo dalla base navale della Maddalena, isolotto della Sardegna.
Ma tutto l’andamento della guerra dei primi mesi del 1940 lascia perplessi: Malta non occupata, la Tunisia (o parte strategica di essa) non occupata. Attacco all’Egitto solo nel settembre 1940. Senza neanche un notevole contingente di Aeronautica, idoneo a bloccare da solo un’eventuale avanzata nemica, o a sostenere la nostra, su un territorio completamente piatto e senza alcun tipo di riparo naturale; il mancato rafforzamento delle stesse truppe britanniche, sui possibili fronti terrestri degli italiani (A.S. e A.O.I.), con truppe del Commonwealth, sia prima del conflitto che immediatamente dopo il suo inizio; i continui scambi epistolari tra Mussolini e Churchill, sia subito prima che durante la guerra, dei quali c’è certezza, ma non la prova provata.
Ma che strana guerra, quella italiana … a fianco dei tedeschi … o contro di loro, pur essendo nostri alleati ? A me, questi dubbi rimangono: … mi finiscono con l’attacco a Taranto del novembre 1940, dove qualcuno non è stato ai patti. Quello che avvenne dopo, fu un conflitto Anglo-Russo-Americano contro la Germania nazista, con la partecipazione dell’Italia quale alleato satellite della Germania, al pari di Romania, Ungheria, Finlandia, Croazia. Il Giappone, infine, pur facendo parte del Tripartito, fece una guerra a sé, non impegnandosi, sui fronti europeo e africano, neanche con un battaglione dimostrativo.
E’ andata così…
E con questa sintetica osservazione di Gianfranco Giullivi si conclude la lunga intervista condotta da Fabrizio Federici.
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NOTE A MARGINE ___________________
(*1) PROBABILMENTE E PROVOCATORIAMENTE – come Direttore Editoriale ed assumendone a mio carico eventuali critiche e responsabilità – ho deciso di pubblicare questa intervista proprio in coincidenza con la “DATA del XXV APRILE”.
Una “Data” che, personalmente, ritengo profondamente divisiva per un Sentimento di Rispetto dovuto anche a Coloro che, non rinnegando determinati ideali in cui avevano creduto, aderirono alla R.S.I. – come Cittadini o Combattenti o comunque come “Parte di Popolo d’Italia“ – scegliendo quindi di appartenere alla così detta “PARTE SBAGLIATA”, come nobilmente definiti da Luciano Violante, quale Presidente della Camera dei Deputati dal 1996 al 2001, già precedentemente Magistrato e politicamente proveniente dalla Sinistra.
Il XXV APRILE meriterebbe essere ricordato anche come il Giorno in onore di SAN MARCO, nonché come il Giorno della nascita di GUGLIELMO MARCONI, un altro Grande Italiano, di cui in quest’anno 2024 ricorre il suo Centocinquantesimo Anniversario.
E desidero concludere questa mia intimistica considerazione (in quanto anch’io appartenente idealmente e spiritualmente alla c.d. “Parte Sbagliata”) con una bellissima dichiarazione a suo tempo rilasciata da un altro Magistrato, Paolo Borsellino, proveniente – quando era ancora un ragazzo – dalle file giovanili del M.S.I. ed eroicamente caduto in difesa di uno Stato che riteneva comunque dover difendere ed onorare, assassinato da quella “Criminalità Mafiosa” – a suo tempo debellata dal Fascismo e riapprodata in Italia a seguito dell’invasione delle Truppe Americane.
(*2) Fabrizio Federici – Laurea in Scienze Politiche e giornalista pubblicista fin dal 1983 – già collaboratore di varie Case Editrici ed Emittenti radiofoniche, attualmente collabora con varie Testate Quotidiane online tra cui “AVANTI!” e “L’OPINIONE” nonché – anche come Direttore Responsabile – con la pubblicazione bimestrale “KALIMA”, impegnata nel dialogo interreligioso ed interculturale tra Cristianesimo e Islam.
Fabrizio Federici, con notevole interesse su tematiche in ambito storico, svolge altresì attività di conferenziere e di docente, cooperando anche nel settore museale e delle gallerie d’arte, nell’organizzazione di eventi culturali, mostre, inaugurazioni, ecc.
Culturalmente e politicamente proviene dalle file del “Socialismo Riformista”, asserendo che la Storia e l’Attualità vadano lette ed analizzate in ogni loro pagine senza tabù e, soprattutto, mai con le lenti dell’ideologia…..per tali motivi, personalmente, è anche un nostro Amico, nonché collaboratore della “CONSUL PRESS” ….forse da circa un XXennio !
(* 3) Gianfranco Giulivi, Classe 1945 e Romano Doc – già Funzionario Alitalia quale responsabile gestione di varie Divisioni, Ragioniere esperto amministrativo e Revisore Contabile – Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, è divenuto oramai uno scrittore di Storia Militare di una notevole caratura, con numerosi articoli, specifici interventi ed alcuni volumi a sua firma.
Nel 2022 ha ricevuto il Premio Nazionale Caravella Tricolore – VII edizione, per il libro “Potevamo Vincere”.
NEL TESTO DELL’INTERVISTA, sono state riportate alcune recensioni già pubblicate a suo tempo sulla Consul Press, visionabili tramite link di collegamento riguardanti i volumi sopracitati
BUONA LETTURA E AD MAIORA ________________ GIULIANO MARCHETTI