2 – “Ecologismo obbligatorio” per i poveri,
3 – “Inquinamento consentito” per i ricchi
“L’ambientalismo ha tutti i tratti distintivi di una causa di sinistra (…). Una classe di vittime (generazioni future), un’avanguardia illuminata che combatte per loro (gli eco- guerrieri), potenti filistei che li sfruttano (i capitalisti) e infinite opportunità di esprimere risentimento contro l’Occidente“. Così scriveva il filosofo conservatore Roger Scruton.
Al di là del significato attribuibile oggi al concetto politico di sinistra, questa affermazione racchiude icasticamente lo spirito dell’ideologia eco-nichilista dei nostri giorni. Nell’ottica delle élites occidentali, lo sviluppo e la prosperità delle popolazioni vanno immolate sull’altare dell’ambiente, demonizzando il benessere e al contrario esaltando la povertà come stile di vita equilibrato e rispettoso del pianeta. Tale precetto è valido chiaramente soltanto per la popolazione, quella moltitudine informe e poco cosciente di sé che viene spesso paragonata, già dai tempi di Le Bon, a una massa di microbi che dissolvono il corpo malato o privo di vita – ossia, fuori dai velami della metafora, la Terra.
Per il ristretto cerchio di sedicenti illuminati, oggi ribattezzati dalla “Narrazione di DAVOS” stakeholder o guardiani del capitalismo inclusivo, è consentito condurre uno stile di vita faraonico e al contempo moltiplicatore delle famigerate emissioni di anidride carbonica, elemento normale per qualunque società ma, contraddittoriamente, da loro stessi demonizzato.
All’interno della nuova economia verde non è prevista nessuna cura particolare per l’ambiente, travisato come ordine superiore della realtà da modificare secondo i propri desiderata; non si percepisce alcuna simbiosi con la natura, che al contrario si vuole ingegnerizzare e plasmare a immagine della nuova società. Nei consessi delle istituzioni internazionali, nei titoli dei giornali e nei proclami di politici e militanti si continua a declamare dogmaticamente solo l’istanza di salvare il clima, ignorando il carattere assurdo e al tempo stesso pericoloso di una tale formula. Assurdo perché se l’innalzamento delle temperature riguardasse un fenomeno fisico, come potremmo alterarlo? Pericoloso perché, se l’uomo potesse fermare un tale processo, ciò equivarrebbe a conferirgli un potere enorme, che legittimerebbe tutti i progetti megalomani di geoingegneria.
È paradossale come gli stessi paladini della questione climatica muovano da una parte aspre critiche al potere prometeico che la nostra specie si sarebbe arrogata e, dall’altro, si facciano propugnatori di una visione dell’essere umano come salvatore del clima attraverso la scienza, riabilitando proprio la presunzione luciferina che hanno dichiarato di criticare.
Pur considerando l’uomo un cancro per il pianeta, l’ideologia ecologista si macchia di un eccessivo antropocentrismo, attribuendogli un potere divino, quello di modificare la temperatura terrestre e fermare il cambiamento in corso.
Siamo di fronte a un delirio di onnipotenza divenuto endemico alle oligarchie plutocratiche che, dopo aver siglato un patto faustiano per sedare la propria inquietudine e brama di dominare il mondo attraverso la scienza e la tecnica, abbandonano la ragione per una nuova religione di cui essi stessi sono i profeti e le divinità. L’ambientalismo è diventato una credenza, l’ecologia una catechesi, insegnata ai bambini fin dalla scuola materna; la scienza è stata soppiantata da un vero e proprio sistema dogmatico religioso improntato al paganesimo, accettato da alcuni adepti per fede e imposto con la forza a tutti gli altri: ne è un esempio il mantra “io credo nella scienza”, con cui durante il periodo pandemico è stato silenziato chiunque osasse esercitare il metodo socratico, nucleo della vera scienza. (…)
Quella a cui assistiamo oggi è l’ennesima riedizione della lotta delle élites contro le masse, dell’alto contro il basso, ma in una versione inedita, in cui le folle combattono volontariamente e con ebete entusiasmo contro se stesse, abbracciando la causa dell’autodistruzione. Ogni regime ha generato proseliti e adoratori, ma l’attuale totalitarismo dolce ha compiuto un passo ulteriore e più sofisticato:
i cittadini sono diventati soldati controllori del pensiero dominante, illudendosi di combattere contro lo status quo e per la causa giusta. Sono, insomma, ribelli funzionali a ciò che credono di combattere. Attraverso un condizionamento socioculturale senza precedenti, i media del pensiero dominante sono riusciti a convincere molti giovani che non vi sia nulla di più anticonformista dell’essere conformisti.
A noi è toccato in sorte vivere in questi strani tempi, in cui un blackout cognitivo, di proporzioni ineguagliate nella storia, ha reso le masse addomesticate come mai prima e al contempo autoconvinte di essere le più sveglie (…).
È come se la società occidentale, dopo aver riposto fiducia fino all’ultimo nella ragione e nella scienza, fosse regredita a una fase infantile, a una concezione animistica dello sviluppo, in cui la magia esercitata dagli stregoni è in grado di ipnotizzare le masse. Non dobbiamo rassegnarci passivamente all’accettazione, perché qualsiasi progetto contrario alla natura dell’uomo è destinato a concludersi in un fallimento, ma se perdura può arrecare danni seri e irreversibili. Per questo motivo è fondamentale che le voci di chi dissente dal discorso dominante rimangano attive nonostante le ostilità e continuino, senza cedimenti, nell’intento di destrutturare la Grande Narrazione di Davos, intromessa nelle nostre vite per surrogare la realtà.
(testo tratto da “BLACKOUT. La transizione ecologica e la deriva dell’Occidente“)
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