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Lo Stato Profondo ha Deciso per Pechino

Lo Stato Profondo ha deciso per Pechino

C’è un silenzio assordante che avvolge l’Italia. Un silenzio complice, che rende le scelte politiche recenti un affare di Stato che non si può nominare, non si può criticare. Eppure, il quadro che si delinea dalle azioni dei governi e delle istituzioni italiane sembra chiaro: lo Stato profondo ha deciso per Pechino.

I Viaggi

I viaggi istituzionali del presidente Mattarella e della premier Meloni a Pechino non sono solo una serie di incontri diplomatici. Dietro le belle parole di cooperazione, si nascondono scelte che mettono in discussione la nostra sovranità nazionale. Non parliamo solo di accordi commerciali, ma di invasioni strategiche che, seppur mascherate da investimenti, pongono seri rischi alla nostra indipendenza economica e politica.

Un esempio eclatante di questa penetrazione è l’accordo sulla produzione di auto cinesi in Italia, un’operazione che, oltre a garantire l’ingresso di veicoli cinesi nel nostro mercato, segna l’inizio di una maggiore dipendenza tecnologica e industriale da Pechino. Ma l’influenza cinese non si limita alle auto: i porti italiani, come Trieste e Genova, sono ormai sotto l’influenza cinese grazie agli accordi nell’ambito della Nuova Via della Seta. Questo ha implicazioni ben più gravi, poiché la Cina non si accontenta di investire in infrastrutture; essa riesce a ottenere il controllo logistico di snodi cruciali per l’Europa.

Non possiamo ignorare che, parallelamente agli investimenti in porti e infrastrutture, si sta consolidando una rete di alleanze tra imprenditori italiani e cinesi, che coinvolge anche entità come la Cassa Depositi e Prestiti e altre istituzioni finanziarie, mettendo a rischio asset strategici italiani. Con questi legami, si crea un conflitto d’interessi che pone l’Italia sempre più in una posizione di subordinazione verso la Cina, rischiando di mettere a repentaglio la nostra autonomia decisionale a livello politico e economico.

Inoltre, la presenza di polizia cinese sul nostro territorio, camuffata sotto la forma di accordi di cooperazione bilaterale, rappresenta un altro passo verso una sovranità compromessa. È un segnale di quanto Pechino stia esercitando una crescente influenza sui nostri affari interni, non solo attraverso il commercio, ma anche infiltrandosi nelle politiche di sicurezza e controllo.

 

La Cina, Partner o Predatore?

Sappiamo chi è la Cina. Sappiamo come opera. È un predatore economico che non rispetta regole, che manipola mercati e che distrugge concorrenti con pratiche sleali. Accordi come quelli firmati recentemente non sono partnership: sono contratti di dipendenza. L’Italia, piccolo David, si illude di poter trattare alla pari con un Golia che da decenni gioca con la forza bruta.

Questa crescente penetrazione della Cina in Italia, sotto le mentite spoglie di “cooperazione internazionale”, dimostra come la nostra politica estera stia piegandosi alle forze di un Stato Profondo che ha scelto di andare nella direzione di Pechino, mettendo in pericolo non solo la nostra indipendenza, ma anche la nostra sicurezza nazionale. La sovranità dell’Italia non è in vendita, ma le recenti mosse politiche sembrano suggerire il contrario. Lo Stato Profondo ha Deciso per Pechino.

 

Il Silenzio Assenso delle Opposizioni

E le opposizioni? Dove sono? In un Paese normale, un cambio di strategia così netto verso Pechino sarebbe stato oggetto di un acceso dibattito parlamentare, di editoriali infuocati, di manifestazioni pubbliche. Invece, il silenzio. Questo silenzio non è casuale. È il segno che questa virata non è solo una decisione del governo Meloni, ma qualcosa di molto più profondo. 

Le scelte di Meloni e Mattarella, infatti, si inseriscono in una continuità politica che va ben oltre l’attuale governo. A partire dal governo Conte, infatti, l’Italia ha intrapreso una serie di passi verso la Cina che hanno suscitato pochissime critiche da parte delle forze politiche tradizionali. L’accordo del 2019 tra l’Italia e la Cina, che ha portato l’Italia a diventare il primo paese del G7 a aderire alla Belt and Road Initiative, è un chiaro esempio di questo orientamento politico. Sebbene sia stato presentato come una “mossa strategica per stimolare gli investimenti”, ha aperto la porta a una crescente influenza cinese sulle nostre infrastrutture e sul nostro sistema economico.

Anche il governo successivo, quello di Mario Draghi, pur esprimendo una retorica di difesa degli interessi nazionali, ha continuato a mantenere buoni rapporti con Pechino, senza intraprendere azioni concrete per contrastare la penetrazione cinese. Nonostante i discorsi sulla sicurezza e sulla necessità di proteggere la sovranità, la politica estera italiana ha continuato a oscillare tra l’allineamento alle posizioni europee e la necessità di attrarre investimenti cinesi. L’Italia ha privilegiato la convenienza economica immediata senza considerare a fondo i costi geopolitici a lungo termine.

Anche ora, sotto il governo Meloni, la mancanza di una critica forte o di un’opposizione seria a questi sviluppi indica che la decisione di allinearsi con la Cina potrebbe essere parte di una strategia più ampia, condivisa trasversalmente dalle principali forze politiche. Questo silenzio, che si estende dalle forze di centrodestra al centrosinistra, suggerisce che la virata verso Pechino non sia solo una scelta del governo in carica, ma un orientamento che trova consenso nei piani alti della politica italiana, forse anche in quello che comunemente viene definito lo Stato Profondo. Questo silenzio delle opposizioni appare ancor più sospetto considerando che, a livello internazionale, la Cina è vista come una potenza che esercita una crescente pressione economica e geopolitica sugli Stati occidentali.

Lo Stato Profondo ha Deciso per Pechino.

 

A noi piacciono i “valzer”

Il termine “giri di valzer” allude al fatto che l’Italia, nel corso della sua storia, ha cambiato spesso direzione nelle sue alleanze internazionali e nelle scelte geopolitiche. Più incline a cambiare posizione a seconda delle circostanze e convenienze, piuttosto che fare una scelta di campo.

In un momento in cui gli Stati Uniti, il nostro alleato storico, sono impegnati in una competizione globale con la Cina, l’Italia si posiziona dalla parte sbagliata della Storia. Pensare che questa decisione passi inosservata a Washington è pura ingenuità.

Con la rielezione di Trump e il suo approccio spietato verso Pechino, l’Italia rischia di trovarsi isolata, incompresa e, soprattutto, ancora una volta inaffidabile agli occhi del mondo occidentale.

Non si tratta solo di strategia economica. Si tratta di paura. Una paura che ha paralizzato il governo, che ha condizionato le istituzioni, che ha spinto l’Italia nelle braccia di un colosso che divora chiunque osi avvicinarsi.

Lo Stato Profondo ha Deciso per Pechino.

È necessario che gli italiani sappiano, che comprendano la portata di queste scelte, che si preparino a resistere e a fare scelte per se e i propri interessi in maniera consapevole.

 

 

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Cina, Donald Trump, Pechino, Xi Jin Ping


Gabriele FELICE

Gabriele Felice

Gabriele Felice Founder & CEO ISW | Italian Store World Connecting the Best of Italy with the U.S. Market