Skip to main content

A Firenze, il salto “quantico” necessario all’Antimafia
segnalato dalla Fondazione Antonino Caponnetto

A Firenze,  il XXXIV Vertice Antimafia
della Fondazione Antonino Caponnetto

______________a cura di  Cristiana Rossi *

Sabato 30 novembre scorso ho avuto il piacere di intervenire al 34° Vertice Antimafia della Fondazione Antonino Caponnetto dal titolo “Dalla mafia 4.0 all’antimafia 4.0” tenutosi a Firenze presso la Sala Capitolare del Convento Santo Spirito  (nella foto d’apertura: il bellissimo chiostro del Convento).
Il Vertice ha rappresentato un’importante occasione di confronto riflessivo e propositivo con la consapevolezza della forte necessità dell’antimafia di rimanere di pari passo con le organizzazioni criminali di tipo mafioso seguendone tempestivamente l’evoluzione.

Ciò potrà realizzarsi soltanto se e quando l’antimafia raggiungerà la parità di mezzi e competenze da impiegare efficacemente nell’attività di indagine e di prevenzione. 

Diversi  sono stati gli interventi di illustri personaggi impegnati a vario titolo in questo delicatissimo ambito.

Il mio contributo si è incentrato sulla rappresentazione della gravi criticità che interessano i rapporti tra l’AnbscAgenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata  con i suoi coadiutori ovvero quei professionisti – commercialisti e avvocati specializzati ed iscritti all’albo Nazionale degli Amministratori Giudiziari – che assicurato di fatto tutte quelle operazioni gestorie di natura esecutiva relative alla custodia e amministrazione dei patrimoni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Sono attività molto complesse e delicate generalmente svolte in continuità con il precedente incarico di amministratore giudiziario nominato dall’Autorità Giudiziaria fin dalla prima fase del procedimento – quella cautelare del sequestro – per terminare con la conclusione della fase di destinazione dei patrimoni sottoposti a misura.  Mi chiedo come può lo Stato contrastare la criminalità organizzata di tipo mafioso, se non provvedere al pagamento dei compensi attinenti alle prestazioni professionali degli amministratori giudiziari nominati poi coadiutori dall’Anbsc?!

Non commettiamo l’errore di credere che si tratti di una problematica che interessa soltanto una parte di professionisti, poiché il principio di legalità è un principio affermato costituzionalmente e costituisce la base fondante di uno Stato di diritto.

La mancata retribuzione di queste professionalità – secondo le disposizioni di legge – genera altresì notevoli costi rappresentati da interessi legali, rivalutazione e risarcimento danni che saranno prima o poi posti a carico dell’intera collettività con una grande differenza: il compenso per legge non grava sul bilancio dello Stato ovvero sulle risorse da stanziare per intenderci, poiché esso per legge deve essere remunerato dalle risorse sottratte alle mafie e recuperate con i sequestri e le confische;  mentre tutti gli ulteriori costi – interessi legali, rivalutazioni, risarcimento danni – che si generano con il tempo a causa del comportamento ostinato ed omissivo dell’Agenzia Nazionale saranno posti a carico dell’intera collettività sottraendo risorse ad altre esigenze collettive quali ad esempio la sanità, la sicurezza, l’istruzione, ecc.

Un altro focus da me rappresentato, attiene la finalità che si vuole raggiungere con le operazioni di sequestro e di confisca dei patrimoni illeciti, ovvero la tutela dei livelli occupazionali quindi la salvaguardia dei numerosi posti  di lavoro proprio grazie all’attività svolta dall’amministratore giudiziario e coadiutore Anbsc nelle aziende che reimpiegano i capitali illeciti. Esso di fatto contrasta fortemente con le inadempienze dell’Anbsc quando le stesse costringono gli amministratori giudiziari e coadiutori Anbsc a licenziare i propri fedeli collaboratori proprio come è avvenuto nel mio caso.  Il mancato pagamento dei compensi ai coadiutori  ha come diretta conseguenza – prima o poi – il licenziamento dei dipendenti che lavorano per i professionisti che offrono le loro qualificate prestazioni professionali a tutela della legalità collaborando sia con l’Autorità Giudiziaria – che nulla dice e nulla fa – sia con la stessa  Agenzia Nazionale.

Le semplici considerazioni appena sopra rappresentate  potrebbero indurre la collettività a recepire il massaggio che esistono dipendenti di classe A e dipendenti di classe B, dove quelli di classe A sono però individuati tra i dipendenti delle società mafiose, e di conseguenza qualcuno potrebbe ritenere che il messaggio dello Stato potrebbe essere quello di indurre le persone a lavorare per i criminali piuttosto che per i professionisti che si impegnano a contrastarli. Io mi chiedo se è questa una modalità efficace per contrastare le organizzazioni criminali tutte, ma soprattutto quelle di tipo mafioso. Infine, l’Agenzia Nazionale si vanta sul suo sito di promuovere l’esportazione del modello italiano di lotta alla criminalità organizzata, e mi chiedo ancora  è questo il modello corretto da esportare?!

La problematica della mancata corresponsione dei compensi ai coadiutori  è stata altresì rilevata dalla Corte dei Conti nella delibera n.34 del 2 maggio 2023, ma come ho più volte segnalato occorre fare un passo in più ed andare oltre la semplice segnalazione. È urgente e non più rinviabile adoperarsi concretamente per una reale e definitiva soluzione del problema provvedendo ad effettuare tempestivamente i pagamenti dei compensi pregressi e quelli attuali.

Molto altro è stato rappresentato al vertice: la necessità di riaffermare l’efficacia del doppio binario che l’Europa sembra voler eliminare a tutti i costi, l’importanza della fattispecie associativa, nonché una breve panoramica fornita da un Magistrato di Sorveglianza del tribunale di Firenze circa il comportamento in carcere del mafioso detenuto e l’assoggettamento spontaneo ad esso del detenuto non mafioso che si comporta come fosse il suo cameriere.

Affrontando i moltissimi aspetti che riguardano la lotta alla criminalità organizzata, il 34° Vertice della Fondazione Antonino Caponnetto ha segnalato la necessità che venga fatto quel salto di qualità definito “quantico” dal Presidente Salvatore Calleri da parte dell’Antimafia per rimanere al passo con le nuove strategie e la tecnologia impiegata a tutti i livelli dalle organizzazioni mafiose. 

* CRISTIANA ROSSI –  iscritta all’O.D.C.E.C. e dei Revisori Legali,
– Amm.re Giudiziario “beni sequestrati e confiscati alla criminalità”,
– Docente Universitaria, Relatrice-Convegni, Autrice Testi Giuridici e
di Cultura, Collaboratrice con Media & Testate Giornalistiche online 

 

Condividi: