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Perché il Made in Italy Delocalizza negli Stati Uniti

Perché il Made in Italy delocalizza negli Stati Uniti

Perché il Made in Italy delocalizza negli Stati Uniti: opportunità per abbattere dazi, ridurre costi di trasporto e conquistare il mercato USA con successo.

Immaginate una piccola bottega artigianale in Toscana, con il profumo del cuoio che si mescola alla voce dei maestri artigiani. Ora immaginate una fabbrica ipertecnologica in Texas, dove robot e tradizione si fondono per dare vita alla stessa qualità italiana, ma con un’efficienza americana. Questo scenario, solo pochi anni fa impensabile, è oggi una realtà per molte aziende italiane blasonate e non. 

Casi di successo

Ferrero: Innovazione e Tradizione negli USA

Abbiamo brand globali del Made in Italy come Ferrero che ha investito in Illinois oltre 214 milioni di dollari per costruire un nuovo stabilimento, il primo interamente dedicato alla produzione di cioccolato negli Stati Uniti. Ferrero è riuscita a mantenere i suoi standard di qualità “artigianale” su scala industriale, con macchinari avanzati che replicano le ricette italiane adattandole ai gusti e alle normative americane.

Brembo: Eccellenza Italiana nell’Automotive Americano

Altro esempio è Brembo, Leader mondiale nei sistemi frenanti, che ha un impianto all’avanguardia a Homer, in Michigan, dove la tradizione italiana nella lavorazione del metallo incontra l’efficienza della produzione automatizzata. Questo stabilimento produce freni di alta qualità per il settore automobilistico statunitense, collaborando con giganti come General Motors e Tesla.

Luxottica: Occhiali di Design su Scala Globale

O ancora Luxottica, il colosso degli occhiali, noto per marchi come Ray-Ban e Oakley, che ha un impianto produttivo a McDonough, in Georgia. Qui, Luxottica ha implementato tecnologie robotiche avanzate per la fabbricazione e il montaggio di lenti, mantenendo al contempo il design e la qualità distintivi del Made in Italy. Questo consente all’azienda di rispondere rapidamente alla domanda del mercato americano, garantendo personalizzazione e velocità di consegna.

Anche le PMI possono

Ma lo stesso hanno fatto brand meno altisonanti come:

Artemide (New York) specializzata in illuminazione di design, ha recentemente aperto un Lighting Consultancy & Training Center a New York, situato in Greene Street a SoHo, accanto al suo flagship store. Questo spazio multiuso serve a offrire formazione sui prodotti, eventi e supporto per il mercato nordamericano, in particolare per la nuova collezione architettonica. Questa iniziativa rappresenta un investimento significativo per ampliare l’influenza del marchio negli Stati Uniti e consolidare la sua immagine come leader nel settore dell’illuminazione di design.

Marchesi Antinori, azienda rinomata per i suoi vini toscani, ha investito in vigneti in California, nella Napa Valley, con l’obiettivo di produrre vini di alta qualità sfruttando le condizioni climatiche e il know-how locale. Pur adattandosi al territorio, Antinori ha portato tecniche di vinificazione italiane, mantenendo intatta la propria tradizione.

Questi esempi dimostrano come le PMI italiane (anche quelle molto più piccole di quelle menzionate) possano esportare i propri valori e metodi negli Stati Uniti, beneficiando di un contesto economico favorevole senza rinunciare alla propria identità artigianale e culturale.

Questa trasformazione non è solo una questione di opportunità economiche. È il risultato di una nuova era geopolitica e commerciale, dove le aziende devono navigare tra la crisi della globalizzazione tradizionale e la necessità di reinventare le proprie strategie per restare competitive. 

Le ragioni della delocalizzazione

Dopo decenni di delocalizzazioni verso l’Asia, il mondo occidentale sta vivendo un’inversione di tendenza. Tensioni geopolitiche, costi di trasporto crescenti e un pubblico sempre più attento alla sostenibilità hanno spinto le aziende a rivalutare le loro strategie. 

Gli Stati Uniti, con il loro mercato interno vasto e in crescita, emergono come il nuovo Eldorado per le aziende italiane. Secondo un rapporto del Dipartimento del Commercio USA, le imprese europee, e in particolare italiane, sono tra le più attive nel trasferire parte della loro produzione negli Stati Uniti, generando valore aggiunto per miliardi di dollari. 

Questa tendenza non riguarda solo le multinazionali, ma anche realtà medie e piccole che cercano di avvicinarsi ai consumatori americani.

Vantaggi Fiscali e Normativi: perché gli USA sono così “attraenti” 

Gli Stati Uniti offrono condizioni favorevoli che fanno impallidire il sistema burocratico italiano. Tra i principali vantaggi: 

– Aliquote fiscali competitive: in alcuni stati, come il Texas o la Florida, le imposte sulle imprese sono significativamente più basse rispetto all’Italia. 

– Agevolazioni per l’innovazione: Programmi come il *R&D Tax Credit* permettono alle aziende di recuperare parte degli investimenti in ricerca e sviluppo. 

– Facilità di fare impresa: L’apertura di una società richiede pochi giorni e costi ridotti, un contrasto netto con la burocrazia italiana. 

Ma il vero vantaggio è la capacità di aggirare gli ostacoli doganali e ridurre drasticamente i costi di trasporto. Spostare la produzione sul territorio americano significa eliminare i lunghi tempi di consegna e i costi esorbitanti legati alla logistica transatlantica. 

Il Valore Strategico del Made in Italy negli USA

Produrre negli Stati Uniti non significa rinunciare alla propria identità italiana. Al contrario, molte aziende vedono questa scelta come un modo per rafforzare il marchio Made in Italy. Produrre localmente, infatti, consente di mantenere un controllo diretto sulla qualità, mentre si soddisfano le aspettative dei consumatori americani, sempre più attenti alla provenienza e alla sostenibilità dei prodotti. 

Ma c’è di più: questa strategia contribuisce indirettamente agli interessi nazionali italiani. Portare il Made in Italy oltre oceano significa ampliare l’influenza economica e culturale dell’Italia, creando nuove opportunità di crescita per l’intero sistema produttivo e se lo si ritiene necessario ai fini della politica aziendale, reinvestire parte dei profitti nell’azienda madre. 

Sfide e Prospettive: Un’Agenda per il Governo Italiano

Non è tutto oro quello che luccica. Delocalizzare comporta anche rischi: dalla perdita di know-how in patria al pericolo che il “Made in Italy” venga percepito come un’etichetta svuotata di significato. È qui che il governo italiano deve intervenire con una strategia chiara: 

  1. Incentivare il reshoring delle competenze: le aziende che producono all’estero devono essere incentivate a mantenere centri di ricerca e sviluppo in Italia.
  2. Promuovere l’export intelligente: sostenere le imprese che vogliono conquistare mercati esteri senza perdere il legame con il territorio d’origine.
  3. Collaborare con gli USA: creare accordi bilaterali per facilitare gli investimenti e proteggere il valore del Made in Italy.

Conclusione: Un “Nuovo Rinascimento Economico” ? 

Questa trasformazione rappresenta un’opportunità storica per le imprese italiane. Produrre negli Stati Uniti non è solo una strategia per competere in un mercato globale sempre più difficile, ma anche un modo per reinterpretare e rafforzare l’identità del Made in Italy. 

Come Federico Rampini osserva in “Fermare Pechino” (consiglio di leggerlo), “Ogni crisi è anche un’occasione per ridefinire i rapporti di forza e gli equilibri mondiali. Ma solo chi agisce tempestivamente può coglierne i benefici.”

Questo è il momento per l’Italia di dimostrare che sa trasformare la sfida della delocalizzazione in un nuovo Rinascimento economico, portando il proprio saper fare artigianale e industriale a conquistare i mercati del futuro. 

LEGGI: Visto E2 USA per Imprenditori.

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Gabriele FELICE

Gabriele Felice

Gabriele Felice Founder & CEO ISW | Italian Store World Connecting the Best of Italy with the U.S. Market