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Letteratura e Pugilato

Invito alla lettura, schivata laterale e montante

Sono lieto di aprire la rubrica “Letteratura e Pugilato”, un’idea modernissima, di gran voga nel 1920, già sulla bocca di tutti gli sportivi, i letterati e le possibili connessioni tra le due categorie. Eh lo so, lo so quello che state pensando: se ne è scritto e riscritto, si sono riempiti chilometri di carta con ettolitri di inchiostro sull’argomento, per colpa sua sì è rischiato il disboscamento giù in Amazzonia. E’ vero, ve lo concedo: se ne è discusso, si è analizzato, si è sviscerato, si è ribaltato, tanto che alla fine i pugilisti hanno preso la penna in mano e gli scrittori sono finiti per azzuffarsi. Perché allo scrittore piace lo scontro, ama il tafferuglio.
Ora, chiederete voi, hai tu addirittura qualcosa di valido da aggiungere sulla questione guantone-penna, o sei solo un altro articolista spilorcio che intasa il web con roba nota già da un paio di secoli, solo per accaparrarsi un miserrimo like? No, amici lettori, con il cuore in mano vi dico che ovviamente non ho niente da aggiungere, e che sono proprio l’articolista che pensate, e dunque sapete dove cliccare alla fine della lettura. Anche i dislike sono ben accetti, basta che siano numerosi, cifre da Guinness mi raccomando. Intaserò il web, è vero, vedrete che casino amici… ma lo farò con classe, nel senso che è proprio Classe l’opera letteraria che ho scelto per aprire questa rubrica.
Che onore.
Innanzitutto specifico che si tratta di un racconto breve, quattro – cinque pagine, ma rappresenta la vera perla dell’ostrica in cui è inserito, un librone del ’75 che in italiano consiglio nell’edizione Guanda del ’98, con ristampa del 2006.
Per conoscere l’autore dobbiamo fare un salto dall’altra parte dell’Atlantico, approdare a New York, girare a sinistra e passare in New Jersey, poi Delaware, Virginia, Kentucky, continuiamo in direzione Missouri Centro, poi Kansas e Colorado, e quando troviamo il benzinaio con un granaio verde sul retro, prendiamo l’uscita per Utah Scalo, poi sempre dritto a tagliare il Nevada in verticale e siamo arrivati amici, liscio liscio, Los Angeles, California. Ci addentriamo verso la costa sud e giungiamo infine a San Pedro.
E qui avrete già capito tutti di chi parliamo. L’avete capito tutti che Classe è un’opera letteraria di Charles Bukowski, il Grande. Allora, partiamo dal presupposto che il libro in cui il racconto è contenuto è un vero e proprio scrigno di preziosi. Una raccolta da numeri uno in classifica, un indice che è una sinfonia: titoli come “Tu e la tua birra e quanto sei ganzo”, anche questo sul mondo della boxe, magari ci facciamo un altro numero della rubrica; “Maja Turup” con la donna ‘dall’imminente rovina’ che si porta a casa l’aborigeno antropofago; “Ehi bello piantala di guardarmi le tette”, degno del miglior Sergio Leone, un racconto western tra i più validi mai scritti, a mio modesto come sempre; “Cristo sui pattini a rotelle” quattro pagine di Business&Sport che più cattive non si può, nel particolare ambiente degli schettini; “Niente collo e cattivo come il demonio” sulla bella gita di Hank Chinaski a Catalina. Dire ‘carne al fuoco’ è dire niente, è farfugliare banalità. Parliamo di una raccolta imperdibile per gli amanti del genere e dell’autore.
Poi arriva “Classe”, alla pagina 71, e apre con un’anti-descrizione dell’ambiente:

“Non sono sicuro dove si trovasse quel posto.”

Dove diavolo ci avrà portato il giovane Henry Chinaski? Ad assistere a un incontro di pugilato del Signor Ernest Hemingway. Ma non è lì per guardare, è lì per sfidare Hem o Ernie, come lo chiama alternativamente nel corso del racconto. Non appena Hemingway liquida il suo avversario, Hank si fa sotto e lo sfida apertamente. Pensateci un po’, fare a pugni con Hemingway, il sogno di tutti, lo conferma pure Palahniuk in Fight Club. Ma non vi ingannate, amici lettori, mica si parla davvero di boxe. E’ di Letteratura che si parla, e lì tra il pubblico c’è lo sconosciuto sfidante Chinaski, venuto per far sputare l’anima al grande vecchio, un passaggio di testimone per aggressione aggravata. La grandezza di Bukowski sta tutta nei dialoghi, brevi, brevissimi, che però sfiorano l’epico.

“Ok, adesso ti bendo le dita”
“Niente bende”
“Niente bende? E il copridenti?”
“Niente copridenti”
“Hai intenzione di combattere con addosso quelle scarpe?”
“Ho intenzione di combattere con addosso queste scarpe”

Hank fa il buffone spavaldo, presentandosi al centro del ring con il sigaro in bocca, sputando fumo sul Signor Ernest Hemingway. Dopo qualche colpo ben assestato però, il Premio Nobel tira fuori i denti e gli spappola non poco la faccia.
Alla campana Hank è a terra.

Mi rialzai e tornai nel mio angolo.
Saltò su un tipo con un secchio.
“Il Signor Hemingway vuol sapere se le va di fare un altro round” mi chiese il tipo.
“Dica al Signor Hemingway che è stato fortunato. Mi è andato il fumo negli occhi. Un round è giusto quello che mi serve per sistemarlo”
Il tipo con il secchio riferì il messaggio e io sentii Hemingway che rideva.”

Siamo davanti al giovane scrittore venuto da stanze in affitto, povero e affamato, ed è venuto armato del suo talento e della sua volontà, per prendersi la rivincita sul Vecchio Campione Editoriale. Un giovinastro con gli occhi spiritati, tanto allucinato da credersi il migliore in quello che fa. E quello che fa è stendere versi, proprio come il pugile stende quei bestioni che si ritrova per avversari (doverosa qui la citazione a memoria di Mike Tyson; “Salve, mi chiamo Mike Tyson, sono quello che in otto secondi stendeva dei veri figli di puttana”). Ecco cosa lega Letteratura e Boxe: stendere versi e stendere uomini, buttare giù versi e buttare giù uomini. Ci sono affinità tra lo scrittore e il pugile, è evidente, c’è una qualità di concentrazione simile. Uno riempie di parole la pagina bianca, l’altro riempie di corpi esanimi il tappeto immacolato. Chiaro no? Ho scelto di parlarvi di Classe perché indaga proprio questo preciso aspetto, scava in questo rapporto particolare, ci svolazza sopra come un avvoltoio sul moribondo. L’agone pugilistico è l’agone calligrafico, sono la stessa solitudine, la stessa perfezione rapida. Il ‘gancio della buona notte’ è il verso che ti cambia la vita, la spugna gettata è il ‘blocco dello scrittore’. In modo apparentemente semplice, l’autore ti rende spettatore di un confronto sportivo che va ben al di là del round in corso. E’ il circolo universale delle generazioni, è il nuovo che si pappa l’antico, come l’antico s’era pappato il più antico ancora, esattamente come Natura vuole. E’ un passaggio tra predestinati, Hem e Buk, che se le danno di santa ragione. E insisto sui dialoghi, che sono rasoi in questo racconto, e toccano apici di commovente cinismo:

“Sei in gamba, Papà. Non si può vincere sempre.” Gli strinsi la mano. “Non farti saltare le cervella.”

Wow.
E ancora spavalderia a palate, con frasi degne del Pelìde Achille:

Poi mi si avvicinò un tipo.
“Lei chi è?” mi domandò. “Come si chiama?”
“Henry Chinaski”
“Mai sentito” disse.
“Mi sentirà” gli risposi.

Non posso continuare così, finirei ancora di più in zona spoiler. Andatevi a leggere di corsa questo racconto, e tanto che ci siete leggetevi il resto del librone, “A Sud di nessun Nord. Storie di una vita sepolta”. E’ lì che trovate Classe, l’omaggio di Bukowski (a suo modo) a Hemingway, due scrittori di vera classe, anche se non era della loro che si fa riferimento nel titolo, come saprete alla fine…
Ok ok, basta spoiler, era l’ultimo.
Sappiate solo che è il racconto migliore di tutti sull’argomento Letteratura e Pugilato. A pensarci è stato un errore metterlo nella prima puntata della rubrica, maledizione. Me la sono giocata male, mi sa che non ho niente di meglio per le mani. Sempre a mio modestissimo, certo, ma si sa, quando si tratta di gusti, possiamo parlarne per secoli e non cavarne fuori un ragno dal buco. E allora chiudo qui la rubrica come qui l’avevo aperta. Numero unico, solo per veri collezionisti. Ne faremo altre magari, lanciamo un bel sondaggio per il prossimo argomento: dopo aver votato, voi, non scordate di leggere Bukowski, leggere Hemingway e leggere ConsulPress.
Il Vostro affezionatissimo si è divertito e spero così di voi.
I miei saluti.
©Danilo Pette

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