La Rivoluzione Meritocratica
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Economia e Politica, Lavoro e Formazione.
La rivoluzione meritocratica è l’unica via per far decollare l’Italia, premiando il merito e punendo l’inefficienza nel pubblico come nel privato.
La Rivoluzione Meritocratica: l’unica via per far decollare l’Italia
L’Italia ha un problema. E no, non è l’inflazione, non è la fuga dei cervelli, non sono la mancanza di riforme, non è nemmeno la stagnazione economica che ormai sembra un inquilino fisso del nostro Paese. Il vero problema è più profondo, più radicato e, per certi versi, più difficile da affrontare: la cronica mancanza di meritocrazia.
Nel nostro Paese si premiano spesso relazioni, anzianità e appartenenze, a scapito di competenze, innovazione e risultati. Non è un caso che l’Italia occupi i gradini più bassi delle classifiche internazionali sulla produttività, superata non solo dai colossi europei, ma anche da economie emergenti che, fino a qualche decennio fa, guardavamo dall’alto in basso. Ma perché? Perché da noi è così difficile premiare chi merita e punire chi non produce?
Ora è incredibile che gridino allo scandalo per il declino della produttività i fautori dell’ “uno vale uno”, del clientelismo più bieco,
Un Paese a loro immagine e somiglianza
Nel corso degli ultimi decenni, diverse forze politiche, in particolare il Movimento 5 Stelle (M5S), il Partito Democratico (PD) e la sinistra in genere, hanno contribuito a consolidare un sistema politico ed economico che ha messo in secondo piano il valore della meritocrazia, privilegiando invece logiche di uguaglianza superficiale e clientelismo.
Il M5S, con il suo celebre slogan “uno vale uno”, ha promesso una rivoluzione democratica che, purtroppo, ha finito per sfociare in una selezione di candidati basata più sul principio di uguaglianza che su una reale competenza.
La stessa impostazione si è vista nel Partito Democratico, dove, a lungo, le logiche interne hanno premiato più l’appartenenza a correnti o a reti di potere che il merito e le capacità individuali.
La sinistra in generale ha alimentato una cultura politica che ha preferito l’assistenzialismo e la protezione dei privilegi, le rendite di posizione, anziché premiare i migliori e incentivare l’efficienza.
Questa visione, che ha messo in secondo piano il principio della responsabilità e della valutazione meritocratica, ha creato una distorsione del sistema, incentivando l’inefficienza e un’inerzia che ha danneggiato gravemente il sistema produttivo e la qualità della governance.
Settore pubblico: la tana dell’inefficienza
Iniziamo da uno dei maggiori colpevoli: il settore pubblico. Sappiamo tutti come funziona. Una volta ottenuto il posto fisso, il lavoratore è praticamente intoccabile, a prescindere dalla qualità del suo lavoro. Le performance vengono raramente misurate, le inefficienze sono tollerate e, di conseguenza, la produttività crolla.
Non è un caso che, quando un cittadino interagisce con la pubblica amministrazione, spesso si ritrovi a combattere con burocrazie lente e poco collaborative. Ma non riguarda soltanto loro ma tutti i settori pubblici, nessuno escluso.
Questa situazione non è solo ingiusta per i cittadini e i contribuenti, ma è profondamente demotivante per i tanti dipendenti pubblici che lavorano con impegno e passione. Perché sforzarsi se i fannulloni accanto a te ricevono lo stesso stipendio e gli stessi benefici?
Il privato non ne è immune
Chi pensa che il settore privato sia immune da questi mali si sbaglia. Certo, nel privato esiste una maggiore flessibilità nel rimuovere i dipendenti inefficaci, ma è altrettanto vero che le dinamiche di favoritismo e nepotismo sono pervasive. Promozioni che non premiano il merito, ma piuttosto la prossimità ai vertici aziendali, soffocano la competizione interna e scoraggiano chi vorrebbe emergere per capacità e dedizione.
La conseguenza? Un ambiente lavorativo stagnante, in cui i migliori talenti cercano opportunità altrove, spesso all’estero, dove le loro competenze vengono valorizzate.
La cultura del “posto fisso” e il timore del cambiamento
Alla base di tutto c’è un problema culturale. L’Italia è ancorata al mito del “posto fisso”, sinonimo di sicurezza e stabilità. Un mito che, se non bilanciato da un sistema di valutazione e responsabilizzazione, porta a un immobilismo che uccide l’innovazione e il dinamismo economico.
Questa mentalità è alimentata anche da una legislazione del lavoro che tutela l’occupazione a tutti i costi, rendendo difficoltoso, se non impossibile, rimuovere chi non produce. Risultato? Le aziende pubbliche e private si riempiono di figure poco produttive, mentre i più meritevoli restano spesso bloccati o scoraggiati.
Una Rivoluzione Meritocratica per far decollare l’Italia
Se vogliamo far decollare l’Italia, serve una rivoluzione. Una rivoluzione meritocratica che premi chi si impegna e punisca chi non produce. Ecco come potrebbe essere attuata:
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Valutazione delle Performance: Introduzione di sistemi obbligatori di valutazione delle performance, con criteri chiari, misurabili e trasparenti. Questo vale per tutti, dai dipendenti pubblici ai manager privati.
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Premi e Punizioni: Chi lavora bene deve essere premiato con bonus, promozioni e opportunità di crescita. Chi non raggiunge standard minimi deve affrontare conseguenze reali: formazione obbligatoria per migliorare, e, nei casi più gravi, il licenziamento.
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Flessibilità Contrattuale: Una riforma del mercato del lavoro che consenta maggiore flessibilità nel gestire il personale, bilanciando diritti dei lavoratori e produttività.
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Educazione alla Meritocrazia: Questa rivoluzione deve partire dalle scuole. I giovani devono essere educati al valore del merito, dell’impegno e della responsabilità individuale.
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Digitalizzazione e Trasparenza: L’utilizzo di strumenti digitali per monitorare e valutare le performance ridurrebbe favoritismi e opacità.
Un Futuro di Speranza
L’Italia è un Paese ricco di talenti, creatività e potenziale. Ma tutto questo viene sprecato in un sistema che premia l’immobilismo e penalizza il merito. La rivoluzione meritocratica è la chiave per liberare queste energie, per rendere l’Italia un Paese competitivo e innovativo, capace di trattenere i suoi talenti e di attrarne di nuovi.
Sì, è una rivoluzione difficile. Sì, incontrerà resistenze. Ma è una rivoluzione necessaria. Non ci saranno riforme che tengano senza un cambio di paradigma. E quando l’Italia deciderà di intraprenderla, allora sì che potremo parlare di rinascita. Fino ad allora, resteremo immobili, a guardare il mondo che corre avanti, mentre noi continuiamo a chiederci dove abbiamo sbagliato.
Se il Presidente Giorgia Meloni avrà il coraggio di porre mano a ciò sarà odiata ma avrà salvato l’Italia e regalato un futuro.