Skip to main content

La Giornata in Memoria de “Le Vittime di Mala-Giustizia”

Scritto da Massimo Rossi il . Pubblicato in .

A chi fa paura la giornata in memoria delle vittime di “malagiustizia”?

La Commissione Giustizia della Camera ha discusso recentemente una iniziativa per istituire il giorno nel quale si celebra la memoria dei tanti (troppi) errori giudiziari di questo Paese. Sarebbe una data, nella quale un Paese civile rimarca la necessità che gli errori giudiziari si annullino o quanto meno si limitino al massimo.

Riteniamo che questo tema dovrebbe essere sciolto e scevro da logiche di partito, movimento e schieramento ma soprattutto a logiche di scontro tra Poteri dello Stato.
Un momento di riflessione, nel quale il Paese si ferma e ragiona su casi come quello del sig. Beniamino Zuncheddu e di tanti altri che hanno evocato pensieri nobili di fronte allo strazio di una vita passata in carcere e perduta per sempre ma non si è fatto molto di più.

Il giorno prescelto era un giorno simbolico, nel quale il giornalista, scrittore e presentatore Enzo Tortora fu arrestato: il 17 giugno. Il caso Tortora da tutti citato e di cui anche i Magistrati si riempiono la bocca molto (troppo) spesso, in verità, non ha insegnato nulla. Tortora è stato come Zuncheddu e come tanti altri distrutto nella propria vita affettiva, umana, professionale e sociale. 
Ha subito l’arresto, ha subito la gogna mediatica essendo lo stesso un soggetto pubblico e ha subito l’onta vergognosa di una sentenza di condanna di primo grado che, ancora oggi, andando a rileggerla, non si comprende come si possa aver messo insieme una serie di illogicità ed illegittimità come quelle indicate. 
Tortora è stato il caso più noto, ma come diceva lo stesso protagonista, vi erano tantissimi altri casi sottotraccia che non erano emersi.

Ma vi è stato qualcuno in Commissione che si è astenuto e qualcuno che ha, addirittura, scritto che per dichiarare che siamo di fronte ad un errore giudiziario vi dovrebbe essere la revisione, facendo capire che non si conosce la funzione della revisione.

Falso che vi debba essere la revisione, ma il caso Zuncheddu insegna che anche in presenza di una revisione e di una assoluzione la Magistratura (proteggendo se stessa, viene da pensare) non riconosce al povero malcapitato nemmeno un indennizzo economico e resta il sorriso del sig. Zuccheddu che immortala l’impotenza delle norme a ridare quello che viene violentemente tolto. 
Non solo si distrugge una vita, non solo non si hanno le ricadute in termini di responsabilità, ma si addossa al povero Zuncheddu la responsabilità di esser stato arrestato e condannato in via definitiva e, quindi, nessun risarcimento (o meglio indennizzo).

Tutto questo non fa che allontanare il Cittadino dalla Giustizia che non è più vista come un baluardo alle ingiustizie, ma come un meccanismo di cui avere il terrore. Tutto questo, ormai, non è più nemmeno tanto strano pensarlo visto che la diffidenza rispetto alla Giustizia si è innalzata a livelli altissimi. 
Allora viene da fare una riflessione: a chi poteva dare “fastidio” una giornata nella quale ricordare i “Martiri” di una Giustizia Ingiusta che li ha ridotti sul lastrico e nemmeno si scusa con costoro?

E da qui nasce spontanea una ulteriore considerazione: è ancora tollerabile che la Magistratura abbia una legge sulla responsabilità civile (precisiamo per colpa grave) che è praticamente inattuabile ed inattuata? 
Da ciò discende una ulteriore – ma non ultima – riflessione: di chi e di che cosa ha paura la politica nel presentare una legge che tuteli il cittadino onesto e la persona offesa dai “guasti” della Magistratura (ovviamente non tutta, visto che vi è la stragrande maggioranza che lavora in silenzio e con coscienza)?

Iniziamo dalla prima questione: la giornata per commemorare chi è stato vittima di “errori giudiziari” mette in evidenza che la Giustizia non è infallibile (ricorda il dogma che pose nel 1869 Pio IX e che non ha proprio portato benissimo). 
Tutti lo sanno, ma metterlo nero su bianco dedicandoci, addirittura, una giornata di riflessione può essere, per molti “ben pensanti”, di cattivo gusto. 
Una giornata che faccia emergere gli “errori di giustizia” crea una successiva riflessione: quale ristoro per costoro e quali sanzioni per chi ha errato (se l’errore deriva da colpa grave).

E allora veniamo a scoprire che:

  1. a) il ristoro si chiama indennizzo (e non risarcimento) e che sono i giudici a darlo se ne rinvengono gli estremi; ovvero sono altri giudici che giudicano l’operato di loro colleghi;
  2. b) di fatto, per chi ha errato non vi è alcuna sanzione talvolta nemmeno disciplinare.

Ovvio che tutto ciò suona non molto bene ed istituire una giornata farebbe evidenziare questa stortura.
Una giornata che non è contro la Magistratura o contro i Magistrati, ma è un momento di riconoscimento che talune decisioni possono essere  sbagliate e possono determinare veri guasti e reali catastrofi nella vita non solo di coloro che sono colpiti dall’ingiustizia, ma anche nella vita di tutti coloro che (anche indirettamente).

La Magistratura dovrebbe essere essa stessa a fare di questa giornata una occasione di riflessione: una sorta di apertura dell’anno giudiziario con doverosa autocritica. Mentre, invece, si nota il disturbo, il disagio quando non addirittura, l’ostilità.
Nessuno è mondo da responsabilità e quando si dice nessuno la Magistratura è compresa. 
Ribadiamo, niente contro la Magistratura o i Magistrati che fanno un lavoro difficile e complesso, ma occorre porre un argine fermo e concreto a quanto accade. 
L’argine è una protezione ed un principio di civiltà per tutti i cittadini nel nome del quale si pronunciano le sentenze.

La domanda successiva rilevante è quella se la legge sulla responsabilità civile dei magistrati sia ancora efficace.
Se guardiamo i numeri, riteniamo assolutamente no. Nessuno vuole “punire” o tanto meno “minacciare” i Magistrati ed il Cittadino è assolutamente comprensivo rispetto ad un errore se questo è riconosciuto o è, in parte risarcito (indennizzato), ma quando non vi è alcuna conseguenza e poi (caso Zuncheddu, ad oggi, insegna) non vi è neppure un indennizzo per chi ha perso tutto, viene da chiedersi se la Giustizia sia un baluardo o una sciagura o un malanno che può accadere come può accadere un terremoto, una malattia incurabile o un flagello divino o del Fato. 
Ecco questo è un argomento che allontana la società civile dalle Magistratura o, meglio, da certa Magistratura che vuole pontificare sulle riforme della Giustizia senza avere alcun ruolo istituzionale o costituzionale (ANM in primis).

Si deve sempre ribadire la tripartizione dei poteri che deve essere assoluta. 
Senza andare contro nessuno è ben certo che va ripensata la legge sulla responsabilità civile, la legge sull’indennizzo per l’ingiustificata detenzione, la attivazione della Corte dei Conti rispetto ad indennizzi che lo Stato debba liquidare. 
Vi devono essere obbligatoriamente delle polizze assicurative pagate dal magistrato come tutti i professionisti e come avviene per i dirigenti nelle Pubbliche Amministrazioni. 
La assicurazione è obbligatoria per chiunque svolga un lavoro pericoloso, ma se sei magistrato questo non vale; copre lo Stato e raramente, anzi quasi mai, va a richiedere al magistrato quanto indennizzato per l’errore commesso per colpa grave (questo sarebbe il grado che prevederebbe l’intervento della assicurazione del magistrato) come avviene, per esempio, nel caso dei medici di Aziende Sanitarie.

Oggettivamente ci pare un tema che senza alcuna rivolta o peggio “vendetta” il potere politico debba mettere sul piatto della ipotetica bilancia del programma di Governo. Sapere di essere giudicati da giudici sereni è il primo passo per ridare alla Giustizia il ruolo che essa merita quale pilastro della società. 
Il lavoro da fare sul punto è enorme, ma bisogna farlo poiché da un lato si paga con la deriva nel rapporto tra società e magistratura e dall’altro si perpetuano ingiustizie del tutto gratuite. 
La riflessione, però, principale è quella che scaturisce anche dal commento molto diffuso sui social di Gaia Tortora (giornalista, scrittrice e figlia di Enzo).

Se il PD si astiene e chi lo rappresenta vuole, addirittura, sostenere che l’errore giudiziario è solo quello che viene dopo la revisione la domanda spontanea è: di chi ha paura una certa politica? Evidentemente di finire nel tritacarne mediatico giudiziario in cui finiscono i comuni cittadini e di avere “problemi” giudiziari. 
Siamo, allora, di fronte ad un ricatto più o meno palese? 
Se questo fosse – ci auguriamo di no – saremo alla disintegrazione del principio democratico della tripartizione dei poteri.

I tre poteri devono essere bilanciati e tra loro in connessione ed indipendenza. Ognuno deve svolgere le proprie funzioni e prerogative senza altra ragione e senza prevaricazione alcuna. 
Se così non è vi è uno scontro tra i poteri allora si deve mettere mano al tema, con estrema urgenza, occorre tornare ad un equilibrio costituzionale.

Di sicuro vi sono rimedi possibili e subito attuabili:
1. nuovi concorsi per almeno 5000 magistrati ordinari;
2. nuovi concorsi per operatori giudiziari di vario titolo;
3. rimettere nei tribunali, nelle Corti di Appello e nelle Procure i magistrati attualmente nei ministeri in ruoli del tutto amministrativi;
4. inserire avvocati nei ruoli giudiziari che riguardano, soprattutto, i detenuti.

Vi è una certezza, non deve esserci una frizione tra mondo della politica e mondo giudiziario perché questo determina un corto circuito costituzionale che porta a guasti in termini sociali non calcolabili. 
Mettere mano ai temi che abbiamo cercato di tracciare è essenziale e va fatto subito, senza fratture, ma con la determinazione di porre un argine alla deriva, ormai, evidente ed alla diffidenza che serpeggia nella società rispetto alla Magistratura. 
Occorre che la Magistratura non si senta bersaglio (e non deve mai esserlo ed il Potere politico deve garantire la sua indipendenza e autonomia), ma partecipe di una ristrutturazione che è essenziale e necessaria per essa stessa e per la sua imparzialità, per la sua autonomia e per la sua indipendenza.

 

*MASSIMO ROSSI,  Avvocato Penalista
e Patrocinante in Cassazione
Docente in Seminari  di Studi e
Relatore in Convegni a Livello Nazionale
Studio Legale in Siena, v.le Cavour 136

avvocatomassimorossi@yahoo.it

 

 

Condividi su: