PAPA FERRONE I
Scritto da Danilo Pette il . Pubblicato in Attualità, Spazio Libero.
Ogni tanto ti capita di amare la tua città, non sempre, ma ogni tanto ti capita. Io poi abito a Roma, che offre diversi motivi per farsi odiare. Il traffico, le condizioni pietose delle periferie, gli sprechi, la sporcizia, la congestione umana insopportabile, impietosa anche solo per attraversare al semaforo dei grandi incroci. Ma ogni tanto si fanno amare queste città, ogni tanto ti scordi dell’indignazione, del disgusto, e ti ritrovi in una fresca e assolata giornata autunnale a percorrere le strade del centro storico, tra le bellezze che ha da offrire. E venendo da Roma, converrete, non mi bastano due mesi di giornate del genere per vedere tutte le meraviglie presenti nell’urbe. E’ successo questo week end, se ci penso mi rivedo, eccomi là a percorrere Via Cavour in direzione Via dei Fori Imperiali. Chi conosce l’area, sa che sto parlando di una lunga e piacevole discesa.
Procedo lento, senza sforzi, godendomi il sole e gli edifici eleganti che delimitano il mio avanzare. Sto per giungere alla prima tappa significativa, degna della migliore Roma: il retro della Papale Arcibasilica Maggiore Arcipretale Liberiana di Santa Maria Maggiore, per comodità Basilica di Santa Maria Maggiore, che si apre su un’ampia piazza, con una scalinata mozzafiato e un obelisco svettante posti ai piedi del maestoso edificio sacro, che ha un retro che è Patrimonio dell’Unescu, figuriamoci la facciata… Con la coda dell’occhio vedo già la Basilica alla mia sinistra, ma non gli do subito soddisfazione, non la guardo ancora. Voglio traversare un altro semaforo e godermi poi la totalità di questo capolavoro architettonico, a tutto schermo, in CinemaScope. Mi sfrego le mani al solo pensiero, stretto in mezzo alla folla che assiepa il semaforo. Rosso, rosso, rosso, giallo 5 – 4 – 3 – 2 – 1- Verde.
Vado, sfrego, mi giro e svengo, ma non per Sindrome di Stendhal, ahimè… ora vi dico…
Mi risveglio nelle braccia di un tipo del Bangladesh, che con un pezzo di curcuma sotto il naso mi ha fatto tornare dal mondo dei sogni. Ho paura a guardare in direzione della Basilica, perché l’ho visto, chiaro come ora vedo la curcuma. E lì, con la coda dell’occhio lo vedo lampeggiare, è lì davvero! La sua presenza è permessa, ben voluta., accettata.
Se ti poni davanti la scalinata in corrispondenza dell’obelisco, la Basilica offre uno spettacolo di precisione speculare. Due cupole, la bombatura di un grande abside centrale e i due lati della navata, che scendono a terra in sembianze di templi, con colonne, capitelli e architrave. Uau, che bomba amici, questo si che è un luogo di culto!
Fino a qui tutto ok, direte voi, tutto regolare. Certo, ma sentite qua: all’altezza della navata laterale destra (per chi guarda da dove sopra indicato), un’impalcatura avvolta di tela bianca, nasconde allo sguardo l’angolo della Basilica fino alla scalinata, e quindi l’architrave, i capitelli, le colonne…
“Saranno dei lavori di restauro, ancora niente di strano fin qui, dove vuoi arrivare?” direte voi. Vi vedo particolarmente polemici oggi, quindi aprite bene le orecchie su quello che sto per dirvi, amici: davanti a un angolo di Storia dell’Architettura Mondiale, proprio sull’impalcatura, è fissato uno schermo gigante e la scritta Sandro Ferrone di fianco a una tipa che veste in giacca e gonna bianchi.
Cosa diamine succede?
Succede che non c’è Roma qui, oggi, non vi affollate turisti, non tornate a casa residenti. Roma non c’è qui, ieri c’era e oggi no. C’è una boutique, la boutique di Sandro, vende gonne e giacche bianche. Niente Numa Pompilio, Anco Marzio, Tarquinio Brixton… solo Sandro.
Non crediate che io sia un ingenuo cresciuto nei fossi; capisco bene il ruolo dei finanziamenti privati, che si traducono in fondi che concorrono in maniera sostanziosa allo svolgimento di opere di restauro molto gravose e tuttavia necessarie, e che contribuiscono quindi in modo fondamentale al mantenimento delle bellezze presenti nelle nostre italiche città. Non ce l’ho neanche con Sandro, figuratevi, è un vecchio amico, e anzi sono sicuro che non approverebbe questa esibizione di generosità. Sandro è un signore, quando paga non va poi a spifferare ai quattro venti del suo gesto di altruismo, in un modo per altro così plateale. Sa bene che sarebbe un comportamento decisamente villano.
Escluso lui, abbiamo tolto il maggiordomo dal giallo, e decretiamo dunque un lieto fine.
C’è un soluzione adatta che farebbe il bene di tutti, semplice come lasciarsi tentare: riproducete su quel televisore gigante in Super HD Definitions Mega-Pixel, la parte dell’edificio nascosto dall’impalcatura.
Facile come un sommario, no?
Che foto si portano a casa i turisti sennò, che razza di selfie realizzano nel Giubileo 2025? Loro, la zia, la nonna davanti la modella in stivali e pelliccia? Bella roba, degna di un qualsiasi Autogrill…
Lasciamo stare le giacche e le gonne bianche appese sui monumenti patrimonio mondiale dell’umanità, manteniamole negli atelier, nelle botteghe, nei laboratori, nelle sfilate, sulle vetrine.
Chi è che diceva di portare il mercato fuori dal tempio?
Pensate anche ai posteri, ai ‘noi’ del futuro: magari negli scavi archeologici del 4000, della Basilica in questione ritroveranno solo mezzo scalino, un capitello, un quarto di architrave, qualche icona e modelli e modelle in pelliccia, in borsa coccodrillo, sandalo estivo, intimo, sposi, amen. Se poi addirittura ritrovano un nome, che ne so, Sandro Ferrone… apriti cielo!
Basta poco che fraintendono quelli: fanno due più due con gli elementi in loro possesso, legano edificio sacro al nome, ed ecco che Sandro ti diventa Papa della Nuova Storia, oppure Faraone o Figlio stesso di Dio.
Con tutto il bene che voglio al grande Sandro, la stima che nutro per lui e la sua azienda, non ce lo vedo proprio come Sandro il Grande: rischiamo grosso amici, la revisione storica degli archeologi del 4000, non possiamo assolutamente permetterlo.
Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo!
Il vostro affezionatissimo si è divertito e spero così di voi.
I miei saluti
Danilo Pettte