
Gli americani si sono alleati con i russi
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Italia ed Esteri.
Parafrasando il grande Alberto Sordi nel film “Tutti a casa” – “I tedeschi si sono alleati con gli americani” – viene da chiedersi cosa stia succedendo al di là dell’Atlantico.
Io, che sono sempre stato e rimango un filoamericano convinto, uno di quelli che guarda agli Stati Uniti come al faro della libertà e della democrazia, mi ritrovo spiazzato, per non dire esterrefatto, davanti alle scelte e narrazione della storia recente di Trump e del suo staff.
È come se il copione della storia fosse stato riscritto da un regista se non folle, dal “pensiero divergente”, e ora ci tocca ascoltarlo senza sapere se ridere o piangere.
Prendiamo la guerra in Ucraina.
Secondo la narrativa che circola negli ambienti trumpiani, non sarebbero i russi ad aver invaso un Paese sovrano, no: sarebbero gli ucraini ad averla iniziata, quasi a voler provocare Mosca.
Una versione dei fatti che ribalta la realtà come un guanto, lasciando chi ha seguito gli eventi con la mascella a terra. E non è tutto.
Dopo anni di sofferenze, agli ucraini – già stremati da un conflitto che non hanno voluto – Trump sembra intenzionato a strappare anche le terre rare, risorse cruciali per la loro economia e rinascita, e a ritirare quelle garanzie di sicurezza che gli Stati Uniti avevano sempre offerto come baluardo contro le aggressioni.
È un abbandono che sa di pugnalata alle spalle, soprattutto dopo le promesse di solidarietà fatte negli ultimi anni.
Poi c’è il capitolo Europa,
e qui il copione si fa ancora più surreale. JD Vance, il vice di Trump, non si limita a criticare le democrazie europee: le attacca frontalmente, come se fossero un nemico da abbattere.
Intanto, Trump definisce Putin un “interlocutore credibile”, quasi un vecchio amico con cui sedersi a chiacchierare, mentre annuncia dazi al 25% contro i prodotti europei, un colpo durissimo per le economie del vecchio continente. E se questo non bastasse, arriva la stoccata: l’Europa, dice, “è nata per fregare gli Stati Uniti”.
Parole che sembrano uscite da un film della propaganda russa, non dalla bocca di un leader che dovrebbe difendere un’alleanza storica, i suoi valori, i suoi interessi.
Ma il colpo di scena finale è il ritiro dei soldati americani dall’Europa.
Dopo decenni in cui la presenza militare statunitense è stata un pilastro della stabilità, ora si parla di smantellare tutto, come se la NATO fosse un soprammobile ormai fuori moda.
è come se Trump stesse dicendo che l’alleanza transatlantica, pilastro dell’Occidente dal dopoguerra, non vale più la pena.
L’Europa è scaricata. Una scommessa per noi europei (qui o si fa l’Europa o si muore) ma anche per gli Stati Uniti.
Trump potrebbe giustificarlo con il suo “America First”,
ma per chi credeva in un Occidente unito è un voltafaccia che lascia l’amaro in bocca.
Non vi nascondo che non mi stupirei che Trump dopo essersi ritirato da OMS, dal Consiglio ONU per i diritti umani, dall’Accordo di Parigi sul clima, dall’Accordo globale sulle tasse dell’OCSE, possa farlo anche dalla NATO e dalle stesse Nazioni Unite. Anzi me lo aspetto.
Trump sta scommettendo su un’America autosufficiente, che non deve chiedere permesso a nessuno e che si libera da vincoli internazionali visti come catene.
Io, che ho sempre visto negli Stati Uniti un alleato indispensabile, mi ritrovo a chiedermi: ma davvero gli americani si sono alleati con i russi? Certo, non è un’alleanza ufficiale, ma tra votazioni in comune all’ONU, ragioni date a Putin, schiaffi dati all’Europa e un’Ucraina lasciata al suo destino, il dubbio viene eccome.
Forse è solo strategia, forse è Trump che gioca a fare il disruptor, come sempre. Ma una cosa è certa: questo copione lascia spiazzati anche i più convinti sostenitori dell’America.
E, come direbbe Sordi, “Signori, qui ci vorrebbe un bel tutti a casa, ah noo?”, mi sembra di sentirlo.
Peccato che casa, per noi europei, sia proprio il posto che Trump sembra voler mettere sottosopra.
E noi europei senza più l’apporto determinante US e un’Unione Europea che, per quanto ambiziosa, non ha ancora la forza militare e la coesione politica per stare in piedi da sola contro giganti come Mosca o Pechino?
Dentro i confini americani,
i licenziamenti di massa nell’amministrazione pubblica sono un altro terremoto.
Sembra che Trump voglia smantellare pezzi di Stato per ricostruirli a sua immagine, mettendo fedelissimi al posto di funzionari di carriera. Entro certi limiti è giusto e oserei dire indispensabile ma qui si parla di un azzeramento di tutti gli apparati burocratici e amministrativi americani. Un salto nel buio in un momento storico di totale incertezza, unica certezza.
Questo può funzionare per consolidare il potere, ma rischia di lasciare un apparato statale meno efficiente, dove a dare le dimissioni sono i migliori che hanno un curriculum spendibile sul mercato e a rimanere coloro che non sanno dove sbattere la testa (presumibilmente i meno capaci).
Il controllo politico sullo Stato sollevano dubbi sullo stato di diritto. La democrazia americana si è sempre fondata su pesi e contrappesi, su istituzioni indipendenti che resistono alle ambizioni di un singolo. Se Trump le smantella per creare una macchina al suo servizio, non è solo una riforma: è un tradimento di quel sistema che ha reso gli USA un modello.
La storia americana è piena di momenti in cui ha saputo correggersi – abolizione della schiavitù, diritti civili – ma ora sembra che si stia piegando a una visione più autocratica, più vicina a un “uomo forte” che a un governo del popolo.
Inoltre, può piacere o no, ma c’è un altro rischio concreto: smantellare competenze accumulate in decenni senza un piano chiaro per sostituirle potrebbe portare a un governo più caotico, meno capace di affrontare emergenze come una pandemia, una crisi economica o internazionale senza precedenti. E in un Paese polarizzato come gli Stati Uniti, dove ogni decisione è già una battaglia ideologica, questo potrebbe amplificare divisioni e inefficienze.
Concludo dicendo che
Mi lascia inoltre perplesso la velocità, la radicalità ed il momento scelto.
È una delle tante scommesse di Trump, ma troppe scommesse troppe variabili. Prima o poi qualcuna può sfuggire di mano.
FONTI:
- Zelensky e le critiche sul dress code. Quando Winston Churchill indossò il suo “siren suit” alla Casa Bianca
- Il patto diabolico con il Cremlino. Tutto già deciso sulla testa di Kiev
- Ucraina, Russia avverte: “E’ iniziata la frammentazione dell’Occidente”
- La vera minaccia per l’Occidente: ecco perché, secondo alcune fonti, bisogna diffidare della Russia
- Parigi: “Rischio di guerra in Europa mai così alto”. Usa: “L’accordo economico con Kiev non è sul tavolo”
