la deriva dei derivati
QUEI DERIVATI CHE STANNO CONTRIBUENDO ALLA DERIVA DELLO STATO ITALIANO
Da qualche tempo nei più esclusivi club finanziari, circola una notizia la cui generalizzata diffusione potrebbe avere conseguenze drammatiche e devastanti per la nostra economia. Si tratta di questo. Da diversi anni il Governo italiano ha sottoscritto con 19 banche internazioni una serie di “derivati” a condizioni capestro che hanno generato perdite economiche da capogiro. Per capirci, tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 furono poste “inaspettatamente” all’incasso da Morgan Stanley le proprie partite aperte con lo Stato Italiano, facendo sfiorare al nostro Paese il default. Parliamo di cifre da capogiro calcolati in miliardi di dollari, di sterline ed euro.
Tra le 19 banche che hanno proposto prodotti “finanziari derivati” ai nostri soloni dell’economia vi sono le solite note istituzioni: J.P. Morgan, Goldman Sachs, Deutsche Bank e Ubs. Anche i poppanti in studi economici conoscono la pericolosità devastante dei “derivati”, definiti da alcuni le “pesti” dell’economia. Fuor di metafora si tratta di strumenti economici che possono portare al “fallimento” oltre che grandi istituzioni finanziarie – alcune grandi banche hanno dovuto chiudere i battenti – ma persino grandi Stati nazionali. Proprio queste caratteristiche dei derivati, ben conosciute tra gli addetti ai lavori, avrebbe dovuto suggerire prudenza ai vari ministri del Tesoro e dell’Economia che si sono avvicendati a Roma, sedendo in quel Palazzo delle Finanze, dietro la mitica scrivania che fu di Quintino Sella quando nacque il nostro Stato Unitario.
Invece alcuni di questi “mostri sacri dell’economia”, tra l’altro “santificati” quali padri di una sorta di religione laica della finanza, in realtà hanno inguaiato i conti pubblici determinando perdite che potrebbero, nei prossimi mesi sfiorare i 50 miliardi di euro. La cosa grave è che questi ministri i quali hanno sottoscritto contratti così delicati, non si sarebbero accorti che vi erano inserite clausole capestro. Questi “allegati” ora stanno rendendo ostaggio il nostro Governo delle controparti bancarie. Sembra che persino la potente direttrice generale della Direzione Generale del Debito Pubblico, Maria Cannata, non fosse edotta della presenza di clausole negative per il Ministero dell’Economia. La Cannata se ne sarebbe accorta proprio quando Morgan Stanley, nel 2011, ci pelò ben bene utilizzando uno degli allegati ai contratti sui derivati sottoscritto qualche anno prima con il Governo italiano.
Perché lo Stato ha iniziato a giocare con il delicato mondo dei derivati? Bella domanda. Forse perché il contratto ha consentito al Tesoro, oggi Ministero dell’Economia, nell’immediatezza della “firma” di incassare qualche decina di milioni di euro. Confidando, in maniera pollacchiottesca, in una favorevole dinamica dei tassi di interesse a livello internazionale ed europeo, gli strateghi di Via XX Settembre (dove è la sede del Ministero dell’Economia) hanno dovuto invece restituire tra le 70 e le 100 volte di più di quanto ottenuto con la sottoscrizione. Il colmo è che questi contratti sono stati rinegoziati più volte ed ogni volta, sembra, in maniera più sfavorevole per il nostro Paese. C’è da rabbrividire : alcuni di questi impegni scadrebbero nel 2050. Il terrore che serpeggia è che qualche sciagurato ministro abbia messo, con l’improvvida idea di giocare con i derivati, l’Italia irreversibilmente nelle mani di qualche banca straniera. Il condizionale è d’obbligo perché le “carte” sono state sostanzialmente coperte dal segreto di Stato. Alcuni giornalisti hanno provato a visionare la documentazione appellandosi al diritto dei cittadini, in nome della trasparenza degli atti pubblici, a poterli conoscere e consultare. Il Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan è stato categorico nel suo diniego. Il giornalista Guido Romeo con la sua onlus “Diritto di Sapere” ha provato a superare il diniego ricorrendo al Tar del Lazio. Nulla da fare. Allora il giornalista si è appellato al Consiglio di Stato. Ancora una risposta negativa. Anche il Parlamento, con una azione della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, ha cercato di saperne di più. Ancora una volta il Ministro dell’Economia ha risposto picche. L’unica cosa che si sa è che l’attuale titolare del Ministero dell’Economia ha rinunciato a servirsi di strumenti quali sono i derivati.
Nel frattempo pare che la Corte dei Conti stia cercando di accertare se c’è stato danno. Ora al di la dell’accertamento contabile ci si chiede come è potuto accadere che alcuni ex ministri e direttori generali del Ministero dell’Economia, sottoscrittori dei “derivati”, siano poi diventati consulenti di quelle banche che ci avevano proposto tali strumenti finanziari?
Che dire poi di quei personaggi di primo piano della politica italiana e della Banca d’Italia che parteciparono su panfilo Britannia di proprietà di Sua Maestà Elisabetta II, ad un incontro in cui si stabilirono i destini futuri dell’Europa e dell’Italia? Non sarà che lì fu deciso negativamente la sorte economica dell’Italia e di altri Paesi europei?
Su questi temi la nostra Agenzia pubblicherà nelle prossime ore i dovuti approfondimenti.
Papantonio Merlino