…. anche le mimose appassiscono
UNA SETTIMANA DOPO UNA GIORNATA VISSUTA TRA FESTE (?) & SCIOPERI (!)
LISISTRATA e l’ 8 MARZO
Questo 8 marzo 2017 non è stato la trita ripetizione dello stanco rito del passato, giornata da troppi anni considerata come una ricorrenza puramente esteriore, fatta di mimose e cioccolatini, accompagnati dalla solita alluvione di parole ipocrite per celebrare il ruolo della donna nella società.
A cominciare dall’inquilino del colle soddisfatto di prendere banalmente la parola in una cerimonia di fronte ad un uditorio al femminile, passando per la presidente della Camera e via via per le altre autorità, tutti, attraverso il megafono dei media, hanno inondato l’opinione pubblica di encomi e di riconoscimenti per le donne. Non è bastato assumere per un giorno il peso della responsabilità e della denuncia a vuoto per la persistente discriminazione e per il sistema oppressivo che fa della donna la vittima del sopruso, della discriminazione e della violenza, senza l’adozione di misure concrete.
Quest’anno, le donne, le prime a pagare le conseguenze della crisi economica, più coraggiose degli uomini, più vicine al dolore fisico sin dalla prima pubertà, più forti nella passione, più acute nella vendetta e nell’odio, più profonde nell’amore, più capaci di donare a cominciare dalla vita anche a scapito della propria, hanno inscenato una giornata di sciopero e di lotta per la loro dignità, soprattutto per il riconoscimento della parità economica nel lavoro, contro la violenza e contro il sessismo.
E’ stato uno “sciopero globale”, evoluzione del moto nato alcuni anni fa nella città argentina di Rosario, che si è esteso a più di 48 paesi del mondo per dimostrare che se si fermano le donne si ferma l’universo.
In fondo non è stata un’idea originale ….. Ci aveva provato, e in modo più radicale, secondo ARISTOFANE già nel IV secolo avanti Cristo, l’ateniese Lisistrata che non potendo più sopportare che gli uomini si dedicassero esclusivamente alla guerra, convocò numerose donne non solo di Atene, ma anche di altre città greche compresa la nemica Sparta per proporre loro di fare uno sciopero del sesso: finché gli uomini non avessero desistito dalla guerra e fatto la pace esse si sarebbero rifiutate di avere rapporti e di fare figli.
Le donne giurarono di mantenere fede a questo impegno ed occupata l’Acropoli, misero le mani anche sulle risorse finanziarie necessarie alla guerra, custodite nel tempio, resistendo alle minacce di incendio da parte degli uomini. L’astinenza, così saldamente protetta, provocò l’effetto desiderato. Di fronte agli ambasciatori di Sparta venuti a chiedere la pace, Lisistrata si lanciò in un discorso pacifista per ricordare le radici comuni di tutti i popoli e le necessità dell’equità e della giustizia nella democrazia.
Quanto è lontana la nostra società da Lisistrata o da figure come Giuditta eroina biblica che da sola eliminò Oloferne conducendo il suo popolo alla vittoria, ispiratrice del meglio dell’arte da Donatello, a Mantegna, Giorgione, Michelangelo, Caravaggio, Carracci o da Ipazia, matematica, filosofa, astronoma, martire della libertà di pensiero nel IV secolo, o da Giovanna d’Arco, eroina e martire di Francia capace di donare la vita per la patria e la libertà.
Se si citano le personalità di regine da Nefertari a Cleopatra, da Elisabetta I^ a Vittoria, da Caterina di Russia a Isabella di Castiglia, di prime ministre da Indira Ghandi a Margaret Thatcher, di scienziate laureate con il premio Nobel da Madame Curie a Rita Levi Montalcini, questo vuol dire che il genere umano è ancora ancorato a valori di maschilismo. Di fronte a queste gigantesche figure del passato ben poco valgono, e meno ancora hanno fatto per l’umanità, le donne che si sono cimentate da noi in politica tanto da essere viste solo attraverso la falsa prospettiva in negativo di vestali del familismo amorale o di vallette del potere.
L’Italia, ultima in Europa per l‘accesso delle donne al mondo del lavoro sembrava avesse imboccato la strada giusta quando con le elezioni politiche del 2013 ha raggiunto la soglia del 31% di donne elette. Tutti i partiti e movimenti avevano largamente contribuito a questo risultato che superava di slancio il primato fino ad allora detenuto dal partito di Berlusconi che era solito distribuire seggi parlamentari alle sue favorite.
Gran parte dell’opinione pubblica ritenne che con l’arrivo del ciclone Renzi fosse veramente destinato a cambiare anche il volto della politica del paese: una segreteria del partito composta da 8 donne e da 7 uomini, un governo con perfetta parità tra i sessi, e tutti i capilista delle cinque circoscrizioni per le elezioni europee dell’anno successivo rappresentati da donne.
Tutto in questi tre anni di potere renziano è passato per le mani di Serracchiani vice segretaria del PD, di Boschi ministra delle riforme e dei rapporti con il parlamento, di Boldrini presidente della Camera, di Finocchiaro presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Senato, di Madia ministra della Pubblica amministrazione, di Pinotti ministra della difesa, di Fedeli vice presidente del Senato, di Camusso Segretaria della CGIL, di Furlan Segretaria della Cisl.
Risultati? Modestissimi, quasi irrilevanti, se non addirittura contrari al mondo del lavoro. Renzi aveva reclamato apertamente l’avvento della generazione “Telemaco”, ma non si è accorto che tutte queste donne hanno vissuto, godendo di un’immeritata rendita di posizione, nella contemplazione di Penelope tessitrice come se fossero in attesa del ritorno di Ulisse.
Passato il ciclone, sono rimaste le macerie con gran parte delle riforme declinate al femminile, bocciate o arenate. E questo non per il genere delle persone coinvolte, ma per la loro scarsa qualità e spessore, perché scelte come fiori per decorare una stanza ove altri prendevano le decisioni. Verrà il momento in cui come Lisistrata una donna illuminata e lungimirante sarà capace dimettere le mani sul tesoro del paese per realizzare l’equità sociale?
Torquato Cardilli