Dopo 20 anni …. “I conti con Craxi”
DIALOGANDO CON CRAXI
Questo commento di Alessandro Benini fa seguito al simposio svoltosi presso l’Istituto Luigi Sturzo in Roma, per la presentazione del libro di Paola Sacchi innanzi ad un qualificato auditorium Giovedì 23 Marzo, ove Daniele Capezzone, Fabrizio Cicchitto, Fabrizio Rondolini e Stefania Craxi hanno svolto le loro interessanti relazioni – brillantemente coordinate da Paola Severini Melograni. (vds. precedente nota “Craxi …. circa un ventennio dopo” pubblicata sul nostro web domenica 19 marzo)
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Nell’ introduzione al suo libro “I CONTI CON CRAXI”, Paola Sacchi scrive:”….. lo stesso sentimento di doloroso imbarazzo come italiana lo riprovo scrivendo di lui e di quei giorni. Perché non si uccidono così gli statisti….”
E’ l’imbarazzo di coloro, tra gli italiani, che oltre le accuse, le calunnie e le condanne piovute sulla testa del leader socialista, hanno chiara la vera figura di Bettino Craxi: un Uomo, anzitutto, che, confinato nell’ esilio tunisino della “collina degli sciacalli e dei serpenti”, non ha mai tralasciato di illustrare, sempre e comunque, il suo pensiero su quanto era accaduto e su quanto l’Italia, giorno dopo giorno, rischiasse l’orlo del baratro.
“Il mio esilio non è né dorato, né argentato, vivo in uno stato di stress….. organizzo le mie giornate lavorando, giacché sono capace solo e soltanto di lavorare”: così si esprimeva Craxi in una delle sue ultime interviste, quando già il suo fisico fortemente provato, stava cedendo alla malattia e la classe politica dominante a consolidare l’ibrida alleanza tra ex comunisti ed ex democristiani di sinistra, negava ogni possibilità, ogni salvacondotto per il rientro in Patria di un ex Premier che – e la storia infine lo dimostrerà – aveva operato nell’arco di quarantenni per la libertà, la dignità ed il progresso del nostro Paese.
Eppure, nel dolore dell’esilio, la lucidità politica di Craxi non venne mai meno; con apprensione Monsieur le President, così come lo chiamavano in terra d’Africa, paventava una posizione di coda dell’Italia, in mano a burocrati obbedienti a quei poteri forti che, inevitabilmente, avrebbero spinto il nostro Paese in una marginale posizione.
Una damnatio memoriae maleficamente orchestrata, che il tempo cancellerà rendendo giustizia ad uno dei nostri, molto pochi, statisti.
Alessandro P. Benini