La misura è colma
Il Rococò imbarazzante del “politically correct”
Che si attacchi, scandalizzati e con la puzza sotto al naso, il commento di DEBORAH SERRACCHIANI sull’immigrato che ha tentato di stuprare una giovane donna fa semplicemente sganasciare: si è ahimè tornati, grazie ai governi buonisti d’Oltreoceano, alle preziose ridicole del tardo Settecento, quelle che, sussiegose, profferivano :”non si dice coscia, si dice parte grossa della gamba!”, ed altre piacevolezze del genere.
Agli amici cow boy, inventori del politically correct, si vorrebbe suggerire di accelerare al massimo il ritorno, secondo le intenzioni di Trump, di una lingua normale, e si sottolinea NORMALE: quella insegnata dai genitori, dalla scuola, dai buoni libri. Non se ne può più dei capricci rococò insinuati come serpi fra un vocabolo e l’altro per motivi “democratici” miranti, si dice, a non offendere nessuno.
Ma non si è offeso nessuno dicendo quello che la Serracchiani ha detto: ha parlato in modo naturale, esprimendo, oltre all’esecrazione per il gesto immondo contro una donna e per di più minorenne, lo stupore di notare la colpevole indifferenza verso il Paese ospitante , e questo è giusto e sacrosanto. Perchè le alzate di scudi, gli svenimenti e le indignazioni da personaggi di feuilleton ottocentesco?
E la si finisca di usare termini contorti per comunicare, perchè l’offesa è nell’intenzione con la quale si usa una parola: anche un “amore” detto con tono ed pensiero livido e ringhioso è un insulto. Forse oltreoceano vogliono inventare qualcosa di geniale, da fare concorrenza con Dante, Petrarca, Boccaccio, e ciò può essere giusto, ma la strada non è questa, e fare concorrenza, nel campo citato , è impossibile.
Si riconosca, in base all’esattezza limpida della lingua italiana, delle altre lingue ancora non intaccate da questi riccioli e riccioli rococò inutili e puerili, e soprattutto secondo l’umanità vera, che la Governatrice del Friuli ha pienamente ragione ed anzi, dimostra una sensibilità particolarmente encomiastica, nel dolersi della mancanza di umana riconoscenza di un immigrato.
Marilù Giannone