10 febbraio 1947, a Trieste
Dal pantano d’Italia è nato un fiore …..
MARIA PASQUINELLI
________________in un ricordo a cura di ANNA ZOLLA*
Quella mattina faceva molto freddo, la pioggia gelida cadeva con insistenza da qualche ora sulla città, il cielo plumbeo avvolgeva Trieste. Sembrava che la città immersa nei colori del grigio cupo rispecchiasse gli umori, gli affanni e le sofferenze delle popolazioni Italiane del confine orientale costrette a lasciare le loro case e i loro beni per sottrarsi a un destino ben più crudele: già migliaia di Italiani, finiti nelle mani degli slavi, erano stati uccisi gettati nelle foibe dopo avere subito sevizie e violenze.
L’esodo era cominciato, ora però non c’era più tempo, il 3 Febbraio 1947, a Parigi era stato firmato
il diktat delle potenze vincitrici nei confronti dell’Italia, e in quel 10 Febbraio 1947 a Trieste veniva ratificata la cessione dei territori Italiani: Fiume, Zara e l’Istria alla Jugoslavia, Briga e Tenda alla Francia; Trieste e il litorale istriano settentrionale divisi tra zona A che restava sotto il controllo degli alleati, e zona B assegnata al controllo della Jugoslavia … Ingiustizia era stata fatta.
Finita la cerimonia che si era svolta sotto lo sguardo di pochi curiosi, mentre il Gen. De Winton, comandante della guarnigione britannica a Pola, stava avanzando verso il reparto schierato per passarlo in rassegna, dalla folla si staccò una giovane donna che si diresse verso il De Winton. Con calma estrasse dalla borsetta una pistola e sparò tre colpi che colpirono al cuore il generale uccidendolo.
La giovane donna, Maria Pasquinelli, ultima Eroina di un mondo in decadenza, guerriera in un ultimo atto di guerra uccise per gridare al mondo tutto il dolore e la ribellione di un popolo che, stremato dalle terribili vicissitudini di lunghi anni di guerra, non aveva più la forza di reagire. Convinta di non sopravvivere al suo gesto, teneva in tasca un biglietto perché il mondo sapesse il motivo di quel atto causato dal dolore per tanta ingiustizia: la cessione dei territori Italiani alla Jugoslavia avallava il protrarsi degli orrori in quelle sacre terre d’Italia. Invece Maria quel giorno non fu uccisa. Arrestata, condannata a morte, la pena fu poi commutata in ergastolo. Il giorno dopo la condanna, Trieste fu invasa da volantini tricolore con scritto: “Dal pantano d’Italia è nato un fiore, Maria Pasquinelli”.
Oggi ricordiamo Maria Pasquinelli, fervente Italiana, che può ben essere considerata sia il simbolo della ribellione di un popolo martoriato, sia il simbolo di quelle Terre, Italianissime, ancora una volta strappate dalla madre Patria, ma che può soprattutto rappresentare il simbolo dell’Italianità in un’Italia che ha smarrito l’orgoglio della sua identità e la bussola dei valori perenni. Italiana tra le Italiane, si prodigò per portare alle nostre truppe che combattevano al fronte il suo sostegno e il suo aiuto. Ma non solo Maria, anche la maggior parte delle Donne Italiane erano in fermento. Volevano tutte portare il loro contributo ai destini della Patria in guerra.
Madri, spose, sorelle, figlie, fidanzate o semplicemente donne Italiane si riunivano e lavoravano alacremente per far giungere ai Soldati al fronte i loro manufatti creati con amore. C’era chi sferruzzava, chi cuciva o chi preparava pacchi di indumenti e coperte calde, c’era anche chi aveva il compito di scrivere ai soldati soli per far sentire loro la vicinanza della Patria. Maria Pasquinelli, come altre, invece si arruolò volontaria crocerossina al seguito delle truppe italiane in Libia. Dopo l’8 Settembre, quando tutto era perduto, molte meravigliose Donne indossarono il grigioverde, il colore della divisa dei Soldati d’Italia e si arruolarono volontarie nella prima formazione militare femminile Italiana. Molte di loro trovarono la morte a guerra finita, assassinate e seviziate nella primavera del 1945; altre rischiarono la loro vita operando come sostegno o come agenti, loro stesse, dei Servizi Segreti.
Maria Pasquinelli, tornata in Italia indomita, aveva richiesto il trasferimento a Spalato come insegnante di Italiano e vi rimase anche dopo l’8 settembre 1943 ben sapendo che in quelle terre si stava consumando una terribile pulizia etnica nei confronti degli Italiani. Sul posto si prodigò per salvare le popolazioni della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia. Purtroppo le popolazioni erano in balìa dei partigiani titini. La mattanza delle foibe girava ormai a pieno ritmo. A Spalato, occupata dai partigiani di Tito, Maria era stata testimone del massacro dei soldati della divisione Bergamo e dei civili Italiani. Arrestata dagli Jugoslavi, rischiò la fucilazione. Fu salvata dall’arrivo delle truppe tedesche. Tornata in libertà promosse e collaborò alla riesumazione dei corpi di molte vittime Italiane infoibate. Raccolse anche numerosi documenti che testimoniavano il martirio degli Italiani ivi residenti. Tali documenti sembra siano stati affidati, durante la detenzione, al vescovo di Trieste e che siano ancora conservati privatamente. Maria Pasquinelli, Italiana di purissimi ideali, è stata paragonata alle Eroine della storia, ma si distingue da loro per l’impegno di lungo periodo e a tutto campo e resterà sempre il simbolo della ribellione di un popolo.
*Anna Zolla – Presidente del Comitato PRO MARIA PASQUINELLI, costituito in Roma a giugno 2017 per proporre l’abrogazione del “Trattato di Pace”, quale Diktat imposto all’Italia dalle potenze vincitrici della 2^ Guerra Mondiale
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Maria Pasquinelli, di origini lombarde nacque a Firenze il 16 marzo 1913. Laureata in Pedagogia, si iscrisse al Partito Nazionale Fascista e frequentò a Milano la Scuola di Mistica Fascista. Condannata a morte per l’uccisione del Gen. De Winton, la pena fu poi tramutata in ergastolo. Graziata lasciò il carcere nel 1964. Morì a Bergamo il 3 luglio 2013.
Bibliografia: treccani.it/dizionario bibliografico # mariapasquinelli.blogspot.it