Il Mercato dei Voti, come alla Fiera dell’Est
Dimmi quanti voti mi porti, dimmi quanti posti in lista mi dai
Le elezioni siciliane hanno segnato una svolta, checché ne dica Renzi e la sua corte, e il loro risultato non potrà non influenzare le prossime tornate elettorali, regionali e nazionali, nel primo semestre del 2018. Ha vinto il centro-destra, in Sicilia, ed il suo maggiore competitor è 5-Stelle. Il PD è crollato miseramente in un catino di colori diversi, tutti tendenti al rosso, ma con sfumature tra loro non conciliabili. Se questa linea di tendenza si confermerà alle prossime elezioni, finisce miseramente l’era del PD di Renzi.
Ad un osservatore esterno, il travaglio del PD è quasi incomprensibile se non pensa al mercato delle nomine che è determinato da chi comanda nel partito. Con una legge fatta su misura per dare al leader il potere di nomina dei candidati sicuramente eleggibili (quelli che non disturbano), si capisce meglio perché i probabili esclusi facciano la fronda e si agitino. Ovviamente, tutto questo non traspare dai discorsi che si ascoltano o che si leggono. I media addormentano, con i loro “pastoni” il lettore, che non riesce ad addentrarsi nei meandri dei sottili ragionamenti di un Orlando o di un Civati, di un Emiliano o di un Bersani o di un D’Alema. Sta di fatto che anche gli onesti tentativi di un Pisapia per unire in una specie di Consorzio tutte le variegate anime della sinistra sembrano prossimi a fallire.
Così, certamente, il PD si trova di fronte ad una svolta pericolosa ed è soprattutto il “giglio magico”, che di magico e di giglio ha poco, a farne le spese. Per quanto il suo attuale leader, il pifferaio fiorentino, cerchi ora di sollevare il problema di Visco, ora di far rifiorire i bonus ora di spendersi per lo ius soli, sta di fatto che si tratta d’iniziative sballate, tanto per far rumore. La botta del referendum non gli è bastata né gli basta l’incipiente ostilità dell’opinione pubblica che, ormai, lo considera un perdente.
Se Atene piange, però, Sparta non ride. Il centro-destra non ha correnti che potrebbero raccogliersi in un consorzio. È già un condominio piuttosto rissoso. Un Berlusconi incipriato, imparruccato e truccato, continua a pretendere di dettare legge. A Roma, puntando su Marchini, ha fallito facendo vincere la Raggi. In Sicilia, si è dovuto piegare ad accettare Musumeci, candidato di Fratelli d’Italia. Su scala nazionale è convinto d’avere i voti e i consensi di un tempo. Forse, ma è tallonato da presso dalla Lega di Salvini, ora partito nazionale, e dalla Meloni. Poi, attorno, c’è tutta la congerie dei movimenti e dei partitini, vecchi e nuovi o in formazione, ansiosi di mettere il dito sulla torta, se il centro-destra vincerà. Ma vincerà?
Certo, se si dovesse valutare l’avvento della destra dai programmi, si dovrebbero fare profezie sul nulla. In realtà, la gente non ha la più pallida idea di cosa vorrebbero fare, se mai arrivassero al governo. Il fatto che di programmi non si parla, ma solo di possibili alleanze. La corsa è per avere consensi, non per governare. Cosa poi accadrà non è argomento in discussione. Governo solido o governo debole governerà male come tutti gli altri, navigando a vista. La vera incognita è 5 Stelle. Le prove date dal Movimento non sono state esaltanti. L’iniziale simpatia per facce giovani e nuove s’è andata attenuando, alla prova dei fatti. Nessuno è contro 5Stelle, ma ne temono l’incapacità. Intendiamoci, non è che gli attuali reggitori della cosa pubblica abbiano dimostrato d’essere capaci, ma il dubbio è molto forte e, francamente, immaginare un De Maio a colloquio con Putin o con la Merkel è inquietante.
L’esperienza romana è stata una tragicommedia, degna dei suoi predecessori. Non a caso la Raggi è in sordina, da qualche tempo, dopo il balletto delle sue nomine e le prime decisioni contestate. Via le Olimpiadi, e va bene, ok per lo stadio della Roma, se va bene (anche se non se ne sa più nulla) ma fogne e giardini, trasporti e raccolta dei rifiuti sono ancora agli albori del medioevo. A Torino va un po’ meglio, ma anche lì ci sono guai. Comunque, che vogliono fare, una volta arrivati al Governo? Nessuno lo sa. I programmi ci sono, ma come tutti i programmi sono carta straccia, buona per il riciclo. I problemi del Paese sono enormi, mummificati e pieni di sorprese. Che cosa faranno con il debito pubblico? E con l’economia? E con la scuola? In fondo, questi sono i problemi che qualcuno dovrebbe affrontare. Saranno i nostri eroi in grado di fare un po’ meno male degli altri? Ne dubito.
L’imminenza delle elezioni suscita movimenti e partiti di varia intonazione, tutti presi dall’impellente desiderio di proporre e di risolvere. Nulla di male, se partono in buonafede, ma se non si hanno voti e risorse, in questo sistema così congegnato, non hanno speranza. In Sicilia ha votato solo un terzo dell’elettorato. Se ne deve dedurre che due Siciliani su tre non hanno alcun interesse ai giochi di potere regionale. E nel resto del Paese? È molto probabile che l’affluenza alle urne continui a diminuire. Siamo già al 40% circa; basta poco, è mezza Italia è fuori, si rifiuta di votare questi partiti e questi uomini. Non è contro qualcuno, è fuori.
Ora, il mercato elettorale è un po’ come un grande supermercato. Sui banconi ci sono le offerte colorate e impacchettate (i bonus, i servizi, le prospettive). Certo, hanno un prezzo (la fiscalità). Se la gente si aggira e non compra, alla fine restano come clienti solo quelli che dipendono dai produttori e i produttori stessi. Il mercato implode perché non serve più al grande consumo. Tutti mirano al mondo di quelli che rifiutano di farsi coinvolgere dal gioco elettorale. Ma è inutile, perché è gente che non crede più alla buona fede dei politici, che generalmente li disprezza, considera inquinante la loro presenza in un salotto, sempre che non si debba chiedere loro un piacere o una raccomandazione.
Le beghe dei politici, il dramma del PD, la speranza di Berlusconi d’essere assolto, non interessano nessuno. Solo in caso si è invertita la tendenza al rifiuto, quando l’improvvida proposta di Renzi di cambiare la Costituzione ha fatto fremere gli animi anche degli allontanati dalla politica. Salvata la Costituzione, che continuino a giocare fra loro. C’è troppa miseria in giro, i negozi continuano a chiudere, il lavoro non si trova, oltre 1,6 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta (dati Istat di oggi), si parla di ripresa ma nessuno se ne accorge, la vita si complica ogni giorno di più, perché nulla funziona come dovrebbe. Come ci si può interessare alle turbe di D’Alema o di Speranza, al problema dei bambini accompagnati o no alle scuole oppure all’uscita di Grasso dal PD?
Ecco perché la gente è fuori, e ce ne sarà sempre di più, mentre i nostri “politici” mercanteggiano, come ai vecchi tempi: dimmi quanti voti mi porti, dimmi quanti posti in lista mi dai.