Parlamentari… tutti a casa!
Alcune note sulla XVII Legislatura
a cura di Alessandro RICCI
L’anno 2017, oramai trascorso, porta con se la fine della XVII legislatura, iniziata nel marzo del 2013, con l’allora Presidente del Consiglio Mario Monti e Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano giunto ormai alla fine del suo settennato iniziato nel maggio del 2006. Anche in questa legislatura sono stati approvati alcuni disegni di legge di cui il Paese aveva bisogno, di altri qualcuno pensa che non se ne sentita la necessità e se ne poteva fare anche a meno, altri infine, rimasti approvati da una sola camera, non hanno visto la luce per divergenze tra le forze politiche.
Con l’aiuto della Banca Centrale Europea, guidata dall’italiano Mario Draghi, e con l’attenuarsi della crisi economica nata oltreoceano nel 2008, si è avuto un aumento del Pil dello zero virgola…., una ripresina è in atto e si spera che continui anche nella XVIII che mostra molte incognite sul futuro del voto programmato per domenica 4 marzo 2018.
Negli ultimo giorni di sine anno 2017 si è anche ricordata la firma della Costituzione repubblicana avvenuta in Palazzo Giustiniani, Capo dello Stato Enrico de Nicola, Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi e Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini; nel corso della XVII legislatura, a suon di voti di fiducia, è stata approvata una maxi riforma costituzionale voluta dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, madrina il Ministro per le riforme costituzionali l’avvocato Maria Elena Boschi. Il 4 dicembre 2016 gli italiani sono stati chiamati a votare al referendum costituzione per dire SI o NO alla riforma proposta da governo Renzi, la riforma non è stata approvata ed il Presidente del Consiglio si è ritirato a vita privata, al governo, su designazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è andato Paolo Gentiloni, lasciando il Ministero degli Affari Esteri.
A fine novembre 2013 un altro politico, anche lui già Presidente del Consiglio, è stato costretto a ritirarsi a vita privata a seguito di una norma prevista dalla legge Severino, è Silvio Berlusconi, un giovin signore di 81 anni. Ma il ritiro a vita privata dei due presidenti del consiglio non ha portato al ritiro dalla vita politica, il più giovane, organizza le “leopolde” e gira l’Italia in treno, traslocando ora in uno o in un altro talk show, il partito di cui è rimasto segretario, il Pd, ha visto dopo l’approvazione del Rosatellum bis, la nascita al suo interno di una nuova formazione politica “Liberi e Uguali” (LeU) in dissenso con la segreteria . Il giovin signore di 81 anni è il “Lazzaro” della politica italiana, è in attesa di poter risuscitare, attende che la Corte Europea dei diritti umani si pronunci sulla sua incandidabilità, è a capo di Forza Italia e cerca di aggregare in un’unica coalizione tutte le formazioni di destra, un’operazione non semplice, qualcuno a nord non si fida ed ha paura di “inciuci” dopo il voto di marzo.
La XVII legislatura, quando poi i giochi volgevano a termine, ha visto il verificarsi di un fatto eccezionale e totalmente imprevisto che ha creato non poche polemiche e di cui sicuramente se ne continuerà a parlare anche nella XVIII. Già nel 1990, verso la fine del mese di gennaio e l’inizio del mese di febbraio, l’ipotesi aveva occupato alcune pagine dei principali organi di stampa, si parlava del Pantheon di Roma. Il 7 febbraio, nella prima pagina del Corriere della Sera, un titolo su tre colonne annunciava «Le salme di tutti i Savoia al Pantheon entro l’anno»; nella stessa data, un occhiello nella prima pagina de la Repubblica, rimandava ad un servizio in una pagina interna, il successivo 8 febbraio, nella prima pagina de la Repubblica, era in bellamostra un editoriale di Gianni Rocca «Non merita il Pantheon chi l’Italia tradì…»
Nel 2002, dopo la morte della regina di maggio, Maria Josè, avvenuta il 27 gennaio 2001, venne abrogata la XIII disposizione transitoria della costituzione e fu consentito l’ingresso ed il soggiorno in Italia ai discendenti maschi di casa Savoia, lo scorso 15 dicembre la salma della regina Elena del Montenegro, ed il successivo 17 dicembre, la salma del re Vittorio Emanuele III sono rientrate in Italia e sono state sepolte nel santuario di Vicoforte nella cappella di San. Bernardo, il Pantheon lasciamolo com’è.
Dopo aver parlato di un vecchio re, tornato all’onore delle cronache alla fine della legislatura, è il caso di parlare di un quasi re creato, da una parte dell’opinione pubblica e da alcuni organi di stampa, all’inizio della XVII: Giorgio I. La legislatura sarà ricordata anche per un altro fatto eccezionale, mai accaduto in precedenza nella storia della giovane repubblica. Giorgio Napoletano, esponente “migliorista” del PCI, Senatore, Deputato, Eurodeputato, Ministro dell’interno, Presidente della Camera dei deputati, nel mese di maggio del 2006 viene eletto, alla quarta votazione, come l’11 Presidente della Repubblica, alle elezioni del febbraio 2013 il suo settennato è ormai in scadenza, le elezioni determinano la fine del bipolarismo, tra la destra e la sinistra si insinua un nuovo gruppo, il Movimento 5 stelle (M5S), era partito all’inizio con i vaffaunc…. ma alle elezioni raggiunge la percentuale del 26% circa, né la destra, né la sinistra riescono a superare il 30% e formare un governo stabile rimane difficile, la legislatura ne vedrà ben tre, prima Enrico Letta, poi Matteo Renzi, infine Paolo Gentiloni. In anticipo sulla scadenza del 15 maggio 2013 Napolitano a metà del mese di aprile preannuncia le sue dimissioni, il 18 aprile iniziano le votazioni per l’elezione del nuovo Presidente, le forze politiche non riescono a proporre unitariamente un nuovo nominativo e giungono alla determinazione di chiedere Napolitano la disponibilità ad essere rieletto, il 20 aprile, alla sesta votazione, Napolitano è riconfermato come 11 Presidente della Repubblica con 738 voti favorevoli su 997 votanti. Napolitano si dimetterà poi il 14 gennaio 2015 e al Quirinale salirà Sergio Mattarella, 12 Presidente della Repubblica, eletto al quarto scrutinio con 665 voti.
Per dovere di cronaca è interessante segnalare che anche un altro presidente della repubblica si è trovato in una situazione paragonabile a quella di Napolitano, accade nel 1992 a Francesco Cossiga. Cossiga viene eletto il 24 giugno 1985 (al primo scrutinio con 752 voti su 977), è l’8 presidente ed il suo settennato scadrà nel giugno del 1992. Due anni dopo l’elezione del presidente inizia la X legislatura che terminerà, poco prima del settennato di Cossiga, nell’aprile del 1992, il 5 e 6 aprile del 1992 vengono indette le elezioni per l’XI legislatura, sono quelle che determineranno la fine della I Repubblica, la scomparsa di una serie di partiti e l’inizio del bipolarismo destra sinistra. La Dc ottiene circa il 30%, il PDS e PRC circa il 22%, il PSI e DSDI circa il 16%, ma una nuova forza, di protesta ed autonomista, presente prevalentemente al nord raggiunge circa il 9%.
Il Presidente Cossiga, il “Picconatore”, con un discorso alla nazione annuncia le sue dimissioni il 28 aprile, le elezioni per il nuovo presidente vengono indette il 13 maggio, alla 16° votazione, con 672 voti su 1002 viene eletto Oscar Luigi Scalfaro. La storia non si fa con i “SE” ma se confrontiamo l’anno 1992 con la fine della X legislatura e la fine del settennato del presidente Cossiga, con l’anno 2013, con la fine della XVI legislatura e la fine del settennato del presidente Napolitano, i parlamentari e gli altri elettori, riuniti per l’elezione del nuovo presidente della repubblica, non potevano continuare a votare e arrivare al limite anche alla 16 votazione come era stato per l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro? Era proprio impossibile trovare un nuovo nominativo gradito dalla maggioranza dei votanti. Non so se le cose sarebbero andate diversamente, Napolitano garantiva la sicurezza della continuità, un nuovo eletto rappresentava l’incertezza dell’imprevisto. Sempre per dovere della cronaca, l’XI legislatura durò 722 giorni, due anni, fu la più breve nella storia della repubblica, cosa succederà alla XVIII con tre forze politiche che raggiungono ciascuna scarsamente circa il 30% e dichiarano di non volersi coalizzare tra di loro.