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Magia, Religione e Scienza

Il Caso e la Teoria della Complessità

Cos’è la casualità ?  Perché non possiamo prevedere cosa ci accadrà tra un attimo o tra dieci anni?, esiste un modo per prevedere il futuro?. Sono domande a cui l’uomo cerca da tempo immemore, di dare risposta, allo scopo di placare i disagi dell’essere legati all’atavico problema dell’incertezza del divenire di se stesso e delle cose che lo circondano. Un tema, questo, che scandisce la vita dell’uomo, ma anche del nostro mondo e dell’intero universo. Nei secoli abbiamo creato tre “ambiti” nei quali far confluire i modelli interpretativi delle nostre ansie: la magia, la religione e la scienza.

Con la prima, la magia, ci poniamo in una condizione psicologica tale da poter costruire e “credere” ad eventi che di fatto non sussistono nel mondo reale, mentre essi, trovano giusta collocazione nel rito e nelle valenze simboliche.

Con la seconda, la religione, si interpretano i problemi del divenire con la fede e il credo in un volere superiore, ente primo creatore che come tale ha pianificato la vita di ogni essere e di ogni cosa.

Con la terza, la scienza, le cose diventano più difficili anche accettando pienamente il modello nomologico-deduttivo dell’epistemologia neopositivistica che permetterebbe una gestione razionale dell’incertezza. Il problema permane però nell’ambito di quelle che Wilhem Dilthey definisce “scienze dello spirito” prive di modelli nesso – casuali univocamente determinati.

Nella realtà che ci circonda, percepiamo chiaramente l’effetto di coesistenza ed interazione dei diversi schemi interpretativi dei fenomeni spazio-temporali che scandiscono l’esistere e ciò aumenta il disagio derivante dalla casualità degli eventi, il problema assume così una forte valenza sociologica e trasla i suoi effetti dal piano soggettivo a quello più ampio e contestualizzato dell’agire umano collettivo.

La visione olistica di approccio alle tematiche scientifiche che ha connotato la fine del Novecento ad oggi, ha posto le basi per quella che  può essere considerato “il metodo per prevedere il futuro”: la Teoria della Complessità, la quale ben si adatta alla descrizione delle dinamiche dei sistemi adattativi dai quali scaturiscono fenomeni connessi definiti “fenomeni emergenti”. E’ questo un potente strumento per la valutazione dell’evoluzione di “porzioni della realtà” costituenti sistemi non deterministici, caratterizzati da equilibri dinamici, con rapporti di interazione dei propri elementi non-lineari tipici dei sistemi sociali, dei sistemi economici e degli ecosistemi. Numerosi scienziati hanno contribuito alla nascita della teoria e identificato nel “pensiero complesso” un nuovo punto di vista per l’approccio a problemi costituiti da innumerevoli elementi variabili.

Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977 e Murray Gell-Mann , premio Nobel per la fisica nel 1969, sono considerati coloro i quali hanno dato struttura organica ad una teoria caratterizzata da apporti multidisciplinari, come Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, famoso per le sue teoresi sociologiche basate sull’apporto di varie branche della scienza è considerato il fondatore dell’epistemologia della complessità.     Seth Lloyd, fisico ed informatico statunitense, insegna al M.I.T. di Boston, esponente di spicco del pensiero complesso, nel libro Programming the Universe: a Quantum Computer Scientist Takes on the Cosmos descrive il suo modello interpretativo del cosmo identificando l’universo come un grande computer quantistico che nella sua evoluzione, da elementi semplici  ha generato gli astri, sostenendo la preminenza della complessità computazionale inclusa nei dettami della fisica quantistica.

Oggi al Santa Fe Institute, si studia la complessità. Tra i suoi fondatori oltre a Murray Gell-Mann anche il biologo teorico americano Stuart Kauffman che ha introdotto le reti booleane nello studio della biologia evolutiva, nei suoi studi i sistemi biologici sono assimilati ad oggetti complessi.  L’Istituto conduce ricerca circa le “ Science for a Complex World ” e si sviluppano  modelli olistici avanzati per comprendere come “funziona” e si evolve l’uomo, la società e gli ecosistemi che lo circondano. In questa ottica la casualità degli eventi non contempla più l’assoluta imprevedibilità trasformando quella che comunemente chiamiamo sfortuna in cattiva percezione della realtà.

Ambrogio Giordano

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