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Il Brand Italia migliora negli USA

ANOMALI FENOMENI nel COMMERCIO INTERNAZIONALE

Apprezzamento dell’Euro sul Dollaro ed aumento dell’Export Italiano

a cura di Filippo Giletto

Una circostanza interessante, osservata nel corso del 2017, è l’aumento dell’export italiano verso gli Stati Uniti a fronte dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro. Tale evento è a prima vista anomalo poiché il cambio euro/dollaro, a parità delle altre condizioni, è un fattore determinante per l’export italiano verso gli Stati Uniti e, tendenzialmente, più il dollaro si apprezza rispetto all’euro più le vendite del Made in Italy verso il mercato americano aumentano. Tale paradigma è stato ben visibile nell’anno 2015 quando l’euro ha toccato i minimi storici rispetto al dollaro (cambio pari a $1,11 per €1), mentre l’export italiano verso gli USA ha segnato un + 20,9% rispetto all’anno precedente.

Ma come spiegare quanto accaduto nel 2017? In questo scenario, in base alle analisi SACE, vi sono alcuni buoni motivi per non preoccuparsi troppo dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro, almeno fino a una certa quota. Infatti, secondo Oxford Economics la “soglia del dolore” delle imprese italiane (livello limite del cambio euro/dollaro oltre il quale un’azienda inizia a “soffrire” in termini di competitività) è aumentata rispetto al passato e ha raggiunto quota 1,30. Sempre secondo Oxford Economics solo con un apprezzamento dell’euro superiore a tale livello, l’Italia avrebbe “meno spazio per esportare a prezzi competitivi”.

Altri operatori economici giustificano l’apparente contraddizione nel migliore posizionamento del “Brand Italia” sul mercato USA e grazie a tale migliorato posizionamento i consumatori americani sono disponibili a pagare di più, un premio, per quei beni giudicati maggiormente attraenti. In altri termini il consumatore è disposto a sopportare maggiori costi se la fruizione del prodotto, attraverso opportune politiche di marketing, evoca speculazioni positive (valore, qualità, tradizione, cultura, rispetto dell’ambiente). A sostegno di quest’ipotesi l’International Trade Centre, che elabora il Trade Performance Index, considerando 189 Paesi e 14 settori, evidenzia come l’Italia sia il secondo Paese più competitivo nel commercio mondiale dopo la Germania.

In conclusione, allora, le oscillazioni dei cambi non sono delle variabili assolute ma sono delle variabili relative nel senso che vanno lette in relazione alla marginale soddisfazione dei consumatori all’aumento dei cambi e pertanto, per riprendere il fenomeno statunitense, i consumatori americani riconosceranno ai beni Made in Italy un “premium intrinseco nel prodotto” qualora il gradimento ottenuto dall’acquisto dei prodotti superi le oscillazioni sfavorevoli del cambio.

Quanto detto apre la porta ad un dibattito sulla qualità e sui target di clientela che potrebbe essere oggetto di successivi articoli.