Caso CERVIA: il silenzio assordante dei media
UNA BREVE CERIMONIA e una lunga intervista per ricercare la verità
_______ a cura di ROBERTO RAGONE
Davide Cervia scomparve il 12 settembre del 1990, senza che fosse più possibile ritrovarne le tracce. Subito si capì che era stato rapito, e il movente fu trovato nella sua specializzazione tecnica, acquisita durante il servizio in Marina, con il grado di sergente. Le indagini, o presunte tali, presero una strada non consona agli elementi che erano a disposizione, accreditando l’ipotesi di allontanamento volontario, nonostante le lotte della famiglia, coadiuvata da alcuni giornalisti coraggiosi – che finiranno per pagare sulla propria pelle il loro impegno – e tutta la famiglia di Marisa Gentile, la moglie di Davide Cervia.
L’inchiesta giudiziaria si chiuse con un nulla di fatto, accreditando, alla fine, l’ipotesi del rapimento, ad opera di ignoti. A quel punto la famiglia di Davide – Marisa Gentile, e i figli Erika e Daniele – decisero di citare in giudizio il Ministero della Giustizia e il Ministero della Difesa, ritenendo che il loro diritto alla verità fosse stato violato, e chiedendo un risarcimento simbolico di un euro.
La famiglia Cervia vinse la causa, con sentenza emessa in data 23 gennaio 2018. Tuttavia i soccombenti decisero di proporre appello contro la sentenza. Tutto questo durante il governo Renzi. Cambiato il governo, il nuovo ministro della Difesa, onorevole Elisabetta Trenta, decise di rinunciare all’appello, e, anzi di consegnare lei stessa l’euro di risarcimento a Marisa Gentile, chiedendo scusa da parte dello Stato alla famiglia. La piccola cerimonia si è svolta il 16 gennaio presso il Ministero della Difesa, a Roma, in via XX Settembre n. 8. Già il fatto che lo Stato perda una causa nei confronti di un privato cittadino, e che sia costretto ad un risarcimento, sia pure simbolico di un euro, è una notizia importante. In realtà, all’epoca è stata riportata sulla maggior parte dei media. Ma ancora più inusuale è la notizia che un Ministro chieda scusa ad un cittadino, che è ciò che ha fatto, a differenza del ministro Pinotti, il ministro Trenta. Una notizia che avrebbe potuto e dovuto essere ripresa dai media anche di altre nazioni. Purtroppo, in quello che la signora Gentile ha definito “Un silenzio assordante”, la notizia dell’uomo che morde il cane – come ci dicevano a scuola di giornalismo come esempio di qualcosa di eccezionale – è passata praticamente sotto silenzio. Un silenzio colpevole, da parte dei media che ancora una volta hanno dimostrato di subire e accettare pressioni dai soliti noti. Non si voleva ricordare il caso Cervia? Non si voleva che venissero messe in evidenza le già evidenti responsabilità dello Stato? Non si voleva che ci si rivolgessero troppe domande su manovre dei nostri ‘Servizi’, probabilmente in tandem con altri di altre nazioni? Fatto sta che il gesto eccezionale di un ministro non proveniente da una storia politica è stato quasi sepolto, guadagnando due passaggi rapidissimi in Rai: il primo a ‘Chi l’ha visto’, la trasmissione che per prima si occupò della sparizione di Cervia, nel 1990, nonostante i due inviati presenti alla cerimonia. Il secondo, sempre in Rai, al Telegiornale. Poco e niente sui quotidiani, appena qualche trafiletto praticamente invisibile.
Abbiamo comunque, come si dice oggi, “per non dimenticare”, voluto intervistare la moglie di Davide Cervia, tecnico esperto di GE, Guerra Elettronica, con brevetto ECM (contromisure elettroniche disturbo emissioni radio altrui), ESM (ricerca segnali di comunicazione radar), ed ECCM (disattivazione disturbo nemico). Tutti brevetti che il Cervia aveva conseguito, nonostante nei confronti della famiglia, dal Ministero della Marina fosse stato classificato come semplice elettricista.
1) D// Signora Marisa, ci vuol dire in che data fu rapito Davide? – R// Era il 12 settembre 1990.
2) Quindi sono passati quasi 29 anni. – Sì, andiamo per i 29 anni.
3) Quando ha capito che non sarebbe tornato a casa? – Che non sarebbe tornato a casa io non l’ho capito. Ho sempre pensato che forse ce l’avremmo fatta a riportarlo a casa. Me ne sono resa conto qualche anno dopo, quando ho capito che quel muro che avevano alzato era istituzionale, e quindi non ci sarebbe stata nessuna possibilità.
4) Il giorno in cui lui è stato preso, lei lo aspettava. – Certo. Consideri che lui era andato al lavoro come sempre, e la mattina aveva chiamato a casa, come faceva sempre, per sapere come stavano i bambini, se tutto andava bene, se tutto era a posto. Quindi ci siamo dati appuntamento al pomeriggio. Anzi, andava anche di fretta, perché proprio in quei giorni aveva fatto un lavoro massacrante per spostare il contatore dell’ENEL dall’interno della nostra proprietà a fuori. Era stato approvato un provvedimento per cui i contatori della luce avrebbero dovuto essere accessibili dall’esterno. Noi abbiamo un vialetto di duecento metri. Consideri che lui aveva fatto uno scavo di questi duecento metri della profondità di settanta-ottanta centimetri, tutto a mano, la sera dopo essere ritornato dal lavoro, perché il 13 settembre avrebbero spostato il contatore. Per cui lui, il 12 settembre stesso, anche al suo collega di lavoro aveva detto che andava di corsa perché doveva parlare con i tecnici ENEL che il giorno dopo avrebbero spostato i contatori.
5) Quindi il pomeriggio lei lo aspettava ad una certa ora. – Sì, quel giorno, me lo ricordo benissimo, lo aspettavamo, noi stavamo giù con i bambini, Daniele aveva quattro anni, Erika sei, e proprio quel giorno Erika aveva imparato ad andare in bicicletta senza rotelle, e non vedeva l’ora che tornasse il padre per mostrarglielo. Erano diversi giorni che ci provava, e quel giorno finalmente ci era riuscita. Ma il padre quel giorno non è tornato.
6) Quindi lei lo aspettava, e ad un certo momento ha visto che non tornava. – Sì, praticamente, dato che Davide era un tipo molto preciso e metodico, quando gli capitava di ritardare, mi avvertiva. Consideri che avrebbe dovuto essere a casa al massimo per le cinque e mezzo. Quando ho incominciato a vedere che erano le sei, le sei e mezzo, le sette, mi sono preoccupata tantissimo, perché nel frattempo avevo telefonato al suo collega di lavoro, oltre che a diversi nostri amici di Velletri, per sapere se alle volte fosse passato da loro per qualsiasi motivo. Nessuno sapeva niente, neanche i miei genitori.
7) S’è detto all’epoca che le aveva anche comprato dei fiori, quelli che poi sono stati trovati nella sua auto. – In realtà, lui li non aveva comprati. Lungo la strada comunale del nostro rione in quel periodo c’erano delle fioriture di rose, e lui ogni tanto raccoglieva queste rose selvatiche a bordo della strada, e me le metteva sul comodino. Era un gesto che faceva abitualmente, e anche quel giorno, prima di arrivare a casa, si sarà fermato a raccogliere questi fiori.
8) Quindi siamo arrivati alla sera. La notte l’avete passata non bene, in preoccupazione. – La sera più passavano le ore, e più entravo in agitazione. I miei genitori abitavano a Roma, e ad un certo punto mio padre prende e viene da me, che ero da sola con due bambini piccoli, in campagna. Così mio padre è venuto e quella notte mi ha fatto compagnia. Mi ricordo che l’ho passata affacciata alla finestra, sperando di vedere la macchina di Davide che entrava nel vialetto. La mattina dopo, prestissimo, papà andò presso la ditta dove Davide lavorava, e chiese ai colleghi se qualcuno sapeva qualcosa. Tra l’altro li trovò tutti fuori, perché Davide aveva le chiavi dello stabilimento, lui era un po’ il responsabile di quella piccola azienda.
9) Quando avete deciso di chiamare i carabinieri? – Al mattino, quando papà tornò dall’azienda, andammo dai carabinieri, però ci dissero che, dato che si trattava di un maggiorenne, avrebbero accettato la denunzia solo dopo ventiquattr’ore. Per cui siamo tornati alla caserma attorno alle quattro e mezzo, cinque del pomeriggio.
10) Sono passati anni. Nel tempo voi avete sempre cercato, perché il risultato di questi giorni è il frutto della sua perseveranza.- Non solo la mia, ma è stato un lavoro di gruppo, nel quale ha avuto un ruolo importantissimo anche la mia famiglia, perché senza di loro non avrei potuto fare niente. Avevo due bambini piccoli e non lavoravo, quindi è stato fondamentale il sostegno della famiglia. E poi anche grande aiuto da giornalisti coraggiosi, uno dei quali è Gianluca Cicinelli, che si sono appassionati a questa vicenda e ci hanno dato una grossa mano. Importante anche il lavoro degli avvocati, perché anche il sostegno dal punto di vista legale è stato importante.
11) Viene il momento in cui tutto questo impegno viene preso di mira da minacce di vario genere. – Sì. Negli anni abbiamo ricevuto tantissime minacce, in tutti i modi, per telefono, per lettera, per strada, ci hanno imbottigliato con la macchina, abbiamo subito un attentato a casa, le gomme della macchina bucate, di tutto e di più.
12) Arriva poi il giorno in cui decidete di dare causa allo Stato. Ma soltanto in sede civile. – È successo questo: per ventidue anni non è mai partita una inchiesta vera e propria sulla vicenda di Davide. Si è indagato, ma nell’ottica di non scoprire ciò che realmente era successo a Davide. Dico questo assumendomi la responsabilità di quello che dico. Rimasi scandalizzata quando mi accorsi che non era stata approfondita la pista del biglietto aereo trovato in una compagnia aerea francese, ma magari ci chiesero i testi dei temi che lui aveva svolto in terza media. Hanno impiegato tempo e risorse per seguire degli elementi irrilevanti rispetto a ciò che era avvenuto, mentre non si è dedicato tempo e attenzione a piste importanti che non si sono approfondite. Per cui, una volta che l’inchiesta principale si è chiusa, archiviata come sequestro di persona a carico di ignoti, pensammo di intraprendere un’azione civile.
13) Quella legale ve l’hanno inibita? – L’inchiesta principale era stata archiviata, e per riaprirla avremmo dovuto presentare elementi nuovi. D’altra parte, avendone potuto visionare gli atti, abbiamo trovato elementi molto interessanti, come documenti falsi prodotti dal SIOS della Marina, il Servizio Segreto della Marina Militare. E allora, in base a questi documenti, a testimonianze eccetera eccetera abbiamo denunziato il Ministero della Difesa, perché secondo noi aveva violato il nostro diritto alla verità.
14) Siamo quindi arrivati all’epilogo, con la vittoria in tribunale. – Sì. Il Tribunale di Roma stabilisce che il Ministero della Difesa, con le sue articolazioni della Marina Militare, aveva messo in atto degli atteggiamenti omissivi, negligenti e a volte anche vessatori, per cui, proprio in virtù di questi atteggiamenti aveva violato il nostro diritto alla verità. Il Ministero è stato condannato al risarcimento del danno.
15) Contro questa sentenza era stato proposto appello. – L’Avvocatura dello Stato, su impulso del precedente governo, quando il ministro della Difesa era l’onorevole Pinotti, aveva ritenuto di dover impugnare questa sentenza, perché chiaramente per una Istituzione è stato molto pesante essere condannati per atteggiamenti omissivi in una vicenda come questa, e quindi loro hanno pensato bene di impugnare la sentenza, proponendo appello. Oltre a ciò, nelle motivazioni dell’appello l’Avvocatura dello Stato ha scritto ancora una volta che non si poteva escludere l’allontanamento volontario da parte di Davide. Quando invece, come ho detto prima, c’è una montagna di documenti che attestano che Davide è stato rapito, e che ha subito una grandissima violenza con la complicità di una parte delle istituzioni del nostro Paese.
16) Arriviamo poi alla felice conclusione dell’altra sera, per cui siamo stati tutti contenti. – Sì. Il ministro Trenta si è dimostrata molto coraggiosa e umana, decidendo di interrompere l’azione giudiziaria e di chiedere scusa, convocando la stampa e consegnandomi personalmente l’euro di risarcimento simbolico.
17) Finisce così oppure cercherete ancora di scoprire la verità che non è stata ancora detta? – Il ministro ha deciso di nominare una commissione d’inchiesta per arrivare alla verità, quella verità che ci è stata negata per tanti anni e che invece è un diritto di ogni cittadino nei confronti dello Stato. A questo punto tutti gli scenari sono aperti. Ho fiducia nel ministro Trenta e so che farà di tutto per mantenere la promessa.