Il Gruppo de «L’Orologio»
Un Laboratorio Geopolitico ed Identitario,
sorto negli anni ’60 ….ancor oggi quanto mai attuale
Raffaele Panico
«L’Orologio. Quindicinale Politico – Culturale per una iniziativa italiana nel tempo europeo» edito a Roma, registrato al competente Tribunale il 7 maggio 1963, distribuito nelle edicole e in abbonamento postale è stato per anni un laboratorio di pensiero importante negli anni dal cosiddetto boom economico alla rivolta giovanile, negli anni della Guerra fredda in Europa, e della “solita” Guerra calda in Indocina nel Vietnam e, successivamente, con l’apparizione del regime il più infernale, sanguinario, ossia la Cambogia di Pol Pot dei Khmer rossi.
Chi erano, il direttore i redattori l’ambiente insomma che lo pensava lo scriveva lo editava?
Sentiamo il lavoro di Loredana Guerrieri, ampio e corredato da una robusta e esaustiva bibliografia e referenze.
Scrive la Guerrieri: in “La giovane destra neofascista italiana e il ’68 Il gruppo de «L’Orologio»”[1] “Solo una rivista accolse favorevolmente la protesta studentesca definendola un possibile momento di unità generazionale. Si trattava del giornale, «L’Orologio», che seguì da vicino le vicende della contestazione, soprattutto nell’università di Roma, e che sostenne quei giovani neofascisti che, contravvenendo agli ordini del MSI, iniziavano cautamente a prendere parte alle assemblee del movimento studentesco.
Fra i movimenti della destra neofascista italiana che si svilupparono negli anni sessanta e settanta, in realtà, il gruppo de L’Orologio occupò una posizione particolare. Esso, per le tematiche che affrontava e per l’attenzione che prestava ai problemi sociali, è stato definito spesso, anche all’interno dell’ambiente neofascista, l’ala sinistra della destra italiana [10]. Gli elementi di novità e di originalità che contraddistinguevano il movimento de «L’Orologio» si esplicitarono anche sul piano prettamente culturale. […] Fu lo stesso Luciano Lucci Chiarissi, il leader del movimento, a definire «eretiche» e, per certi versi, provocatorie le tesi del gruppo e della rivista, le cui pubblicazioni iniziarono nel giugno del 1963. Anzi, come avrebbe spiegato lo stesso Lucci Chiarissi, anni dopo, in Esame di coscienza di un fascista [11], l’intento dei curatori della rivista era quello di consentire agli «ex-ventenni» e agli «ex-sconfitti» della RSI di «interloquire» sui problemi della vita quotidiana, lasciandosi alle spalle, però, i rimpianti di un «rancore eterno». Essi, insomma, ambivano a divenire cittadini di una «nuova» Italia non sulla base di ciò che erano stati e che avevano rappresentato durante la guerra civile, ma in virtù di ciò che erano diventati nell’epoca contemporanea, ossia «fascisti del tempo presente»[12]. Così, le opinioni del movimento spesso si collocarono in netto contrasto rispetto a quelle dominanti all’interno dell’universo neofascista di quegli anni. In relazione alla guerra del Vietnam, ad esempio, il gruppo assunse una posizione emblematica. L’Orologio si schierò, infatti, a favore dei Vietcong, poiché essi erano, a suo parere, i rappresentanti di un popolo impegnato in una lotta di liberazione e di conquista della propria autonomia nazionale[13].
Interessante, e si focalizza sin da subito tra le altre cose, il dibattito che prendeva movimento nella guerra e dalla guerra civile italiana tra il Regno del Sud (badogliano sinonimo di traditore) e la Repubblica Sociale del Nord forse leale ad una precedente componente socialista della prima ora ma indubbiamente uno Stato fantoccio dei nazisti e pertanto, come dire – deprecabile ingiustificabile se non infame. Eppure di questa partecipazione alla terza fase della seconda guerra mondiale, 10 giugno 1940 dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra e guerra parallela alla Germania nazista con l’effimera tentata conquista lampo della Grecia, peraltro uno Stato molto vicino all’Italia allora ma preda da fagocitare per tentare un riequilibrio tra Roma e Berlino. Una tragedia crescente e continua da allora in poi con la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti dopo l’invasione dell’Unione sovietica fino alla richiesta dell’armistizio.
Senza dubbio alcuno, quella maledetta guerra iniziata dal Balcone di Palazzo Venezia che cambiò la vita degli italiani, la vita italiana in ogni forma radicalmente, è continuata anche tra l’estate dal 25 luglio all’8 settembre 1943 e andata ben oltre il 25 aprile 1945, nelle sue propaggini è importante leggerla e rileggerla ancora oggi per la proiezione di prim’ordine che, nel bene o nel male, l’Italia come espressione geopolitica di lunga, anzi remota durata storica nel Mediterraneo, nei millenni ha conquistato e avuto ruolo di laboratorio di civiltà prima tra il blocco euroasiatico e l’Africa settentrionale Romana, e in età moderna con il resto del Mondo.
Inutile… ma lo ricordiamo seppur lo sappiamo pulsare sempre è il Primato: di Roma repubblicana e imperiale per la civiltà contro la barbarie; della Chiesa universale di Pietro a Roma; Carlo Magno proclamato imperatore a Roma dal pontefice.
E così anche con le varie capitali degli stati d’Italia, Firenze, Napoli e Venezia, Milano e Padova, Palermo e Torino, con l’Umanesimo e il Rinascimento, il Risorgimento degli italiani primo tra i risorgimenti dei popoli europei nell’800 e l’ingresso nel Novecento con il Futurismo e oltre a due guerre mondiali, sottolineiamo nel 1936 la proclamazione dell’anacronistico Impero in Africa orientale italiana, e nel 1978 il caso Moro infinite volte più importante dell’assassinio di J.F. Kennedy.
Caso Moro che vede l’eliminazione della scorta, il rapimento (… e i vari trasferimenti del sequestrato, la ricerca dei covi e il ritornello “Covo qui, covo là, covo in tutta la città”), infine l’assassinio dello statista. Al confronto l’assassinio di Giulio Cesare consumato in pochi secondi e senza centurioni a suo seguito per difesa è un fattore bi-dimensionale, mentre il Caso Moro è a 4 dimensioni, x, y, z + il fattore tempo e, forse, anche a più dimensioni ma questo forse non lo sapremo mai.
Non è il caso di ricordare altro sulle posizioni politiche sociali internazionali ed altro dell’edizione quindicinale che questa domenica ricordiamo. Si deve però tener presente il Gruppo de «L’Orologio», per ricordare chi siamo, noi italiani e che ruolo dobbiamo per forza delle cose, giocare, se si consente il termine ludico nel farsi carico di enormi responsabilità in Europa, e nelle Europe e nel Mondo intero, alla maniera e per non dilungarci oltre, delle immagine della cara vecchia “Domenica del Corriere” ed aggiungiamo solo, a correlazione di questo testo redatto, qualche immagine tratta da «L’Orologio».
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Nota. (le note nel testo citato sono dell’autore, Loredana Guerrieri, che per integra comodità di lettura si lasciano di peso)
[1] Loredana Guerrieri, La giovane destra neofascista italiana e il ’68 Il gruppo de «L’Orologio», “Storicamente”, 5 (2009), no. 14. DOI: 10.1473/stor63 Data pubblicazione 2009-12-16 Rivista / Volume / Anno Storicamente / 5 / 2009 ISSN ISSN:1825-411X