Addio a Giacomo Ricci, autore, regista, attore e nome storico del teatro italiano
E’ scomparso dopo una lunga malattia, in un ospedale del Piemonte, Giacomo Ricci, nome storico del teatro italiano, amico e collaboratore stretto di Carmelo Bene e Giorgio Albertazzi, regista e interprete che aveva lavorato con nomi come Eduardo e Sandro Bolchi.
Autore, negli anni ’80- ’90 e oltre, di testi come “La gabbia scotta” (sul ’68), “Incubo-speranza in un tempo” (sul dramma della droga) e “Nerone-Autodifesa di un mostro” (sull’istrionico imperatore che la critica storica più avveduta da tempo vede in un’ottica più obbiettiva).
Nato nel 1933 a Morcone (Benevento), Ricci, parente, tra l’altro, di Antonio, “padre” di “Striscia la notizia”, vissuto a lungo in Piemonte, negli anni ’50 aveva fatto, inizialmente, una vita da “bohemien” a Roma, con altri giovani di allora come appunto Bene e l’artista Ferdinando Paonessa.
Dopo una lunga collaborazione con la RAI, per la quale aveva lavorato in più sceneggiati (come “Scene dai Promessi sposi”, nel ruolo del Cardinale Borromeo), e la partecipazione a vari film, Giacomo si era dedicato soprattutto al teatro, calcando spesso le scene, in modo anche avventuroso, insieme a Carmelo Bene.
Nel ‘64, sempre Ricci è tra i più stretti collaboratori di Gian Maria Volontè, che cerca di portare in scena in un teatrino di Roma, in via Belsiana, la controversa pièce del tedesco Rolf Hochhuth “Il Vicario”, che denuncia i rapporti tra Vaticano e regime nazista: la rappresentazione viene impedita da un intervento della polizia, che contesta la violazione di un articolo del Concordato del 1929.
Negli anni ’80, Giacomo fonda la compagnia teatrale “L’alternativa” (il nome, ricorda Violetta Charini, altra figura storica del nostro teatro, si riferisce anche alla ricerca di un’alternativa più equilibrata e di stile a quello che era il teatro di allora, spesso incagliato nelle esasperazioni dissacranti del “carmelobenismo”).
Porta in scena “Il Paese. Oggi, non domani”: testo del giornalista Albetto Jacometti (1902- 1985) centrato sulla difficoltà, nell’immediato dopoguerra, dei rapporti, anche solo umani, tra ex partigiani ed ex-fascisti.
Negli anni ’90, è la volta di “Incubo-speranza”, rappresentato in tutta Italia; poi, tra il ’90 e i primi anni del 2000, l’altra pièce su Nerone Claudio Cesare, che nel 1999 viene presentata a Lettere alla “Sapienza”, in occasione della riapertura al pubblico della “Domus Aurea”.
Ricci avrebbe dovuto portare in scena, nei primi anni Duemila, anche un interessante pièce centrata sulla figura del Mussolini socialista: esattamente, sul periodo (tra novembre 1911 e marzo 2012) trascorso dal predappiese in carcere per la partecipazione, insieme all’amico Pietro Nenni, alle manifestazioni di piazza contro la guerra di Libia.
Negli ultimi anni, infine, Ricci si era dedicato, in vari teatri romani, a spettacoli per ragazzi e alla riscoperta della poesia sui temi dell’amore e della solidarietà umana, da Garcia Lorca a Bertolt Brecht.
“Con Giacomo Ricci, sottolinea Franco Ferrarotti, “decano” dei sociologi italiani, è scomparso un autore, regista e interprete teatrale di profondo valore, che a una grande capacità innovativa sapeva unire una perfetta padronanza dei testi classici, riattualizzandoli senza snaturarli”.
“Ricci, aggiunge Violetta Chiarini, oggi Presidente, a Casperia(Rieti) del Centro culturale “Piccolo Teatro del Violangelo”, e attiva nella salvaguardia di forme espressive musical-teatrali tipiche dell’identità culturale italiana ed europea, ha rappresentato un saggio punto d’incontro tra la “follia” (in senso positivo) innovativa di Carmelo Bene e degli altri esponenti dell’Avanguardia teatrale e la tradizione più misurata e classica, di attori come Giorgio Albertazzi e vari altri (tra cui, modestamente, la sottoscritta)”.