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Italia quando “è andata tutto bene”: la fine dell’endemia malarica

Una prospettiva storica su un problema cronico per la sanità, l’economia e la vita sociale

Raffaele Panico

La storia d’Italia è stata condizionata attraverso i secoli da situazioni epidemiologiche importanti. Recente, è lo slogan “andrà tutto bene”… la situazione di epidemia o pandemia ha di fatto segnato nei secoli e per secoli, non solo la salute delle popolazioni, bensì lo sviluppo sociale, demografico ed economico di numerose regioni del Nostro Paese.

Le aree sottoposte a questi cicli ricorrenti erano colpite principalmente dall’endemia dovuta alla malaria, erano le aree paludose o salmastre dei litoranei dello Stivale. Anche, se in misura minore o meno aggressiva zone e territori colpiti dai cicli malarici erano anche il Piemonte, la Lombardia, l’Istria (ancora non italiana) e parte l’Umbria. Allo scoppio della Grande Guerra, lo Stato unitario dopo aver aperto, a partire dagli anni Ottanta dell’800, il problema con le prime inchieste nazionali sulle pesanti problematiche legate alla malaria nel Regno di Italia, riscontrava di fatto situazioni ancora pesanti. L’endemia era in rapporto diretto con i territori delle province paludose che risultavano pertanto, per gran parte dell’anno, spopolate ed improduttive. Nel Nord, il problema era legato come in Piemonte e parte della Lombardia, alla presenza delle risiere dove la malaria si presentava legata alla produzione del riso molto fiorente in quelle provincie padane. Di fatto solo la Liguria era – diremo – “immunizzata” nel Regno d’Italia (il Triveneto, Trentino Alto Adige e Venezia Giulia Dalmazia erano sì nel confine geografico ma fuori dei confini nazionali dello Stato). La Liguria aveva caratteristiche geografiche e un ambiente naturale non favorevole alla presenza di fattori endemici malarici. Questo per quanto riguarda le diverse regioni del Regno 1861-1946, ma il problema delle zone malariche e dei territori paludosi aveva una storia molto profonda, in Italia. La febbre terzana e quartana già ricordata dai testi della letteratura in latino era un’afflizione anche perniciosa in riferimento a tutti i popoli italici della parte continente, cioè dall’arco delle Alpi alla pianura padana, per gli antichi celti e istro-veneti ed altre etnie minori; la parte degli Appennini nella penisola il problema toccava anche agli etruschi, i volsci e i latini, e al sud i greci, così come non risparmiava le isole maggiori Corsica, Sardegna e Sicilia. La svolta avviene solo ai primi del Novecento, dapprima col controllo dell’endemia con le campagne di “chininizzazione”. La prima campagna era stata varata nel 1901. Si apriva così una fase storica particolarmente favorevole e si ottennero scoperte risolutive del problema. La storia della lunga durata, non certo la storiografia, contribuisce, assieme all’etica e alla formazione e informazione, a mantenere vigile la coscienza della singola persona e dell’intero corpo nazionale, affila le risposte alle sfide, perfeziona il contenimento e la previsione dei problemi, su tutti i fronti della vita nazionale, è la coscienza storica dell’appartenenza che si pone alta e risolutiva per i problemi dello Stato, che alla fine è il solo garante della sanità, della crescita civile ed economica del suo popolo.

Per approfondire si vedano i seguenti Link

internettuale.net/tag/la-pianura-pontina-nel-settecento-Panico

www.slsi.it/file-collegati/libri-pubblicati-Panico-La-Pianura

www.istria-culture.com/it/riserva-ornitologica-di-sicciole-i165

ecobnb.it/parchi-naturali-aree-protette-istria

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