Il viaggio nelle Americhe del Presidente del Consiglio Bettino Craxi nel marzo del 1985
Craxi e Andreotti, lungimiranza e dinamismo,
un’Italia proiettata negli scenari internazionali
Raffaele Panico
ROMA era il 1985, il presidente del Consiglio Bettino Craxi ai primi di marzo è nelle Americhe per una fitta agenda politica. È la “settimana internazionale”, pochi giorni prima in Italia c’era stato l’incontro bilaterale con l’Urss. Andrej Gromyko era giunto a Roma per una visita ufficiale di tre giorni. Era accompagnato dalla consorte e da un gruppo di alti funzionari del governo sovietico, tra cui il vice ministro per il Commercio Estero Nikolai Komarov, il vice ministro degli Esteri Nikita Rijov già ambasciatore sovietico in Italia per ben 15 anni. Gromyko viene accolto all’aeroporto di Fiumicino da Andreotti e la moglie Lidia, dagli ambasciatori d’Italia in Urss Giovanni Migliuolo e da quello sovietico a Roma Nikolaj Lunkov.
Dopo un breve colloquio in una saletta del Cerimoniale, il ministro degli Esteri sovietico con una De Tomaso “Deauville” si reca a Villa Abamalek. Ricordiamo che la De Tomaso “Deauville” era un’auto che sfidava allora la Jaguar e la Mercedes, il fondatore dell’omonima casa automobilistica era Alejandro – o Alessandro – De Tomaso, argentino d’adozione, il padre era nato a Napoli e poi sarà un uomo politico italo-argentino e Ministro dell’Agricoltura.
Un primo colloquio del Bilaterale Italia-URSS avvenne alla Farnesina con il ministro degli Esteri Andreotti; nella stessa mattinata lo raggiunge il presidente del Consiglio Craxi. I punti sono i rapporti Est-Ovest, il disarmo, il Medio oriente, il commercio estero e le relazioni bilaterali. Dialogo strategico per i rapporti Est e Ovest, dal quale Gromyko sa bene che l’Italia non si allinea alla posizione sovietica.
Il ministro degli Esteri di Mosca “sussurra”, ai governanti italiani, valutazioni di criticità sulla credibilità negoziale degli Stati Uniti alle future trattative militari ai tavoli di Ginevra. Evidenziare cioè incertezze e perplessità circa la validità della Iniziativa di Difesa Strategica di Reagan che gli Stati Uniti gradirebbero vedere sostenuta con un appoggio politico assoluto dei Paesi del blocco della Nato.
Torniamo al viaggio nelle Americhe e la fitta agenda politica di Craxi. Punto primo è l’arrivo in Uruguay, per l’insediamento del presidente della Repubblica Julio Sanguinetti, un avvocato, giornalista e politico discendente di famiglia italiana e per due volte presidente, primo insediamento il 1 marzo 1985 fino al 1990, poi 1995-2000.
Nel discorso di Craxi tenuto al ritorno a Roma così si esprime sull’Uruguay e i Paesi dell’America Latina: “L’Uruguay è un altro Paese civilissimo, grande amico dell’Italia e da noi non dimenticato che, dopo vicende spesso dolorose e tormentate, torna nell’alveo della democrazia e della libertà. Ora è la volta del Brasile con l’insediamento del nuovo Presidente Neves, che ha già visitato Roma e al quale rinnovo stamane il più fervido augurio. […] Sono Paesi cui l’Italia è legata da strettissimi ed antichi vincoli di sangue, cultura e tradizioni, Paesi che condividono i valori della nostra civiltà e che sono destinati a svolgere un ruolo sempre più incisivo non solo nel quadro continentale ma sulla più vasta scena internazionale.”
Secondo tappa del viaggio nelle Americhe. Si tratta di una missione di altissimo livello tra quelle avvenute nei lustri precedenti per un capo di governo italiano negli Stati Uniti d’America.
New York è la prima tappa. Oltre agli incontri con esponenti del Partito democratico e con il governatore di New York Mario Cuomo (nella foto in copertina), visite e incontri anche con personalità del mondo industriale e finanziario, politologi e giornalisti. Poi Craxi e la delegazione italiana volava a Washington per i colloqui con Reagan… Craxi riferisce in quell’occasione, al presidente Reagan, quali erano le idee del governo italiano sulla questione delle “Guerre Stellari”. L’Italia faceva riferimento alla “destinazione dello spazio ad usi esclusivamente pacifici”, non era la posizione di Reagan che, dello “scudo spaziale” aveva intenzione di fare un punto-chiave del suo secondo mandato. Questa missione italiana voleva verificare le posizioni di Italia e degli USA e dei due rispettivi presidenti Craxi e Reagan.
L’agenda geo-strategica era ampia ed importante: tra i temi dei colloqui anche il Medio Oriente. Bettino Craxi affermava relativamente al programma di “difesa strategica” o cosiddette “guerre stellari” che l’Italia non criticava Ronald Reagan visto che esisteva un’ampia concordanza di vedute con l’Amministrazione Usa su molti aspetti del programma spaziale, e la sua ricaduta civile ed economica per gli studi in corso d’opera; la ricerca tecnologica era strategica non poteva certo essere impedita, e sosteneva, perché in fondo, si trattava comunque di armi “difensive”. Craxi specificava note di dissenso quando affermava che: “dobbiamo dichiarare fin dall’inizio la negoziabilità di questa materia” con l’Urss. E, aggiungeva, “bisogna dare delle garanzie” per superare “le preoccupazioni sovietiche”. Quale migliore vocazione al “dialogo che è appena ricominciato non dovrebbe bloccarsi sul nascere”.
Occorre ricordare esattamente quei tempi, quando nel maggio del 1981 era avvenuto l’attentato a Giovanni Paolo II, in effetti tempi in cui in Italia si svolgevano tante storie oscure e rimaste misteriose, da cosiddetto “intrigo internazionale” che, negli anni successivi, coinvolse anche molti politici, militari, criminali, diplomatici, banchieri, gente comune e interi popoli.
Stralcio del resoconto del Presidente del Consiglio, on. Craxi,
alla Camera dei deputati (14 marzo – Resoconto stenografico pagg. 68-82)
“Il Presidente del Consiglio on. Craxi ha parlato il 14 marzo alla Camera dei deputati su temi di politica internazionale. · Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, i colloqui e gli incontri che insieme al ministro degli Esteri Andreotti ho avuto a Washington, sia con il Presidente Reagan, con il Segretario di Stato Schultz e con gli altri esponenti dell’amministrazione americana, sia al Congresso, ove mi è stato concesso l’onore e il privilegio di parlare di fronte alle Camere Riunite, mi hanno consentito di constatare la speciale considera, zione che negli Stati Uniti si nutre per l’Italia e quanto sia apprezzato da tutto il mondo politico americano il ruolo che il nostro Paese svolge nel contesto internazionale a favore della pace, della sicurezza, dello sviluppo e della affermazione dei diritti dei popoli.
ITALIA E STATI UNITI – Parlando come Presidente del Consiglio di un Paese amico e alleato ma anche nella specifica responsabilità che discende all’Italia dall’esercizio delle funzioni di presidenza della CEE, con il collega Andreotti abbiamo affrontato temi della collaborazione bilaterale e quelli più vasti dei rapporti euro-americani. Sotto questo profilo abbiamo sottolineato come la nostra volontà di progredire lungo la strada dell’integrazione e verso l’Unione Europea si colloca nella prospettiva di un costante rafforzamento della partnership euro-americana, sulla base del reciproco vantaggio, e in un rapporto equilibrato e di pari dignità.
La questione della pace, dell’equilibrio delle forze al livello più basso possibile e i problemi del dialogo Est-Ovest, l’obiettivo di una seria e duratura ripresa della produzione e del commercio mondiali e le prospettive del rapporto Nord-Sud, le più acute crisi regionali, in particolare quelle nelle regioni del Medio Oriente e dell’America Latina, l’Europa e il Mediterraneo, hanno costituito oggetto di approfonditi scambi di vedute. In primo luogo abbiamo potuto sottolineare gli importanti progressi che si sono registrati nei rapporti tra l’Italia e gli Stati Uniti. Ho riscontrato a Washington, il più vivo interesse a svilupparli ulteriormente in diversi campi e la genuina volontà di ricercare con il nostro Governo più profonde intese sui problemi internazionali che vedono impegnata la responsabilità dei nostri Paesi.
Certamente significativa ed importante è stata la dinamica delle correnti di scambio sviluppatesi fra Italia e Stati Uniti nel 1984. Le esportazioni nel nostro Paese sul mercato degli Stati Uniti hanno compiuto nel 1984, uno spettacolare balzo in avanti, venendo ad occupare il primo posto – come percentuale di aumento del valore delle rispettive esportazioni – tra i maggiori Paesi industrializzati dell’area OCSE e tra quelli di nuova industrializzazione. Nell’anno 1984, il valore globale degli scambi commerciali italoamericani ha raggiunto il 12,9 miliardi di dollari rispetto ai 9, 7 miliardi del 1983, con un aumento del 33 per cento. Le nostre esportazioni verso gli Stati Uniti sono salite a 8,5 miliardi di dollari con un aumento del 46,1 % mentre le nostre importazioni sono salite a 4,4 miliardi di dollari con un aumento del 12 per cento. Il saldo attivo per il nostro Paese nella bilancia commerciale· italoamericana – che era stata, ne11983, di 1,9 miliardi di dollari – è aumentato nel 1984, a 4,1 miliardi di dollari, un valore cioè più del doppio.
L’Italia occupa ora il decimo posto tra i Paesi fornitori degli Stati Uniti. Qualora l’espansione delle nostre esportazioni dovesse continuare agli attuali ritmi, è verosimile che alla fine del corrente anno il nostro Paese potrà diventare il settimo fornitore in senso assoluto degli Stati Uniti. Si tratta di un risultato molto positivo attribuibile non soltanto all’effetto favorevole dell’alto tasso di cambio del dollaro rispetto alla lira, ma anche alla più accorta attività promozionale sviluppata dalle aziende italiane, non soltanto quelle medio-piccole, ma anche le grandi. La corrente espansiva ha interessato i settori tradizionali della nostra esportazione sul mercato americano, nuovi settori, ed anche un avvio di riequilibrio del settore delle forniture militari con la decisione di ·adottare la «beretta» per tutti i corpi militari americani. Un argomento trattato approfonditamente nel corso dei miei colloqui di Washington, con l’Amministrazione e con esponenti del Congresso, con ambienti scientifici e con quelli dell’informazione, è stato il programma di ricerca dell’Iniziativa di Difesa Strategica, il che ci ha consentito di acquisire nuovi ed interessanti elementi di valutazione.
L’INIZIATIVA DI DIFESA STRATEGICA Il programma statunitense della Iniziativa di Difesa Strategica assume al momento carattere di pura ricerca scientifica e continuerà a rivestire tale carattere, nel rispetto degli impegni assunti con il Trattato ABM, almeno sino agli inizi degli anni ’90. A quel momento si sarà presumibilmente in grado di accertare se e con quali forme e modalità sarà possibile o meno sviluppare tecnologie di difesa avanzata contro attacchi condotti con missili balistici, sia a media che a lunga gittata. Oggi allo stato delle cose, è infatti del tutto incerto se si potrà attivare ad un impiego militare dei risultati di tale programma, mentre è sicuro che da qui agli inizi degli anni ’90, la fase di ricerca produrrà progressi che si prevedono di grande. portata, con notevoli ricadute per la futura crescita dell’industria e dell’economia americana, e noi auspichiamo, occidentale e mondiale. Un salto di qualità nel progresso delle tecnologie è destinato ad aprire nuovi orizzonti in molti campi. Si spiega anche così il fermo intendimento americano a non porre limitazioni alla sfera di ricerca, né tanto meno a rinunciarvi. Su queste premesse ho espresso il vivo interesse dell’Italia per questa importante fase di ricerca. Abbiamo già avviato in sede europea utili consultazioni in vista di un esame congiunto delle prospettive di collaborazione, e possibilmente, di una associazione coordinata dell’Europa, in modo da rendere più incisiva e consistente, una sua eventuale partecipazione ai lavori di ricerca.”