I due indirizzi della Capitale si trovano nella classifica del Financial Times insieme a tantissime altre botteghe del mondo, da quella di prodotti indiani a New York alla gastronomia di Notting Hill a Londra alla macelleria gourmet di Singapore, alla formaggeria di Aspen.
Nella lista, a rappresentare le botteghe italiane, anche la Bottega Fratelli Ciapponi di Morbegno, la Casa del Parmigiano e Mascari a Venezia, l’immancabile Peck a Milano. Qualcosa si può aggiungere? Certo che sì, finanche sostituire – azzardiamo, ma d’altronde la classifica è destinata a un pubblico internazionale, e questi nomi sono probabilmente tra i più adatti a quel tipo di target. Ma mentre altrove le botteghe artigiane sono spesso un trend alla moda, cresciuto negli ultimi anni (e non per questo sono meno rispettabili o qualitativamente peggiori, sia chiaro), qui da noi le botteghe sono una questione di tradizione, mai sufficientemente valorizzata. Eppure noi la conosciamo bene, e ne siamo sempre fieri. Conosciamo quei profumi che ti entrano nel naso e ti aprono lo stomaco non appena varchi la soglia, e sappiamo che sono quelli che ci rendono famosi in tutto il mondo per la nostra gastronomia. Quindi su, lavoriamo per renderli delle mete turistiche, perché noi in questa classifica avremmo voluto vedere ancora più Italia.
Noi avremmo centinaia di altri nomi da aggiungere all’elenco, ma non vogliamo essere troppo campanilisti: però suggeriamo a Financial Times, per il prossimo anno, di arrivare a una lista di cento botteghe, perché qui il materiale non manca di certo.