L’ortografia della nostra lingua riproduce esattamente i suoni dell’italiano? Fino a un certo punto, come dimostra questo articolo di Massimo Birattari. Tra convenzioni grafiche e regole di pronuncia, infatti, qualcosa resta fuori, e forse non tutti sanno che alcune parole non si pronunciano esattamente come si scrivono…
Rispetto a lingue come il francese e soprattutto l’inglese, in italiano c’è indubbiamente una maggiore vicinanza tra la parola scritta e quella pronunciata; da un altro punto di vista, le regole di pronuncia dell’italiano (come quelle del tedesco) consentono nella maggior parte dei casi, per esempio a uno straniero che le abbia imparate, di pronunciare correttamente la maggior parte delle parole nuove che si incontrano.
Tra convenzioni grafiche e regole di pronuncia, però, qualcosa resta fuori.
Come sappiamo tutti…
• Di solito, il gruppo GL seguito da una I indica un unico suono (palatale): gli, glielo, negli, foglio, germogli. Però ci sono parole in cui GL rappresenta i suoni distinti di G e L anche se dopo c’è una I: glicine, glicerina, negligenza, ganglio, geroglifico. L’ortografia non rivela la differenza.
• Non possiamo distinguere, nello scritto, la S sorda di sera dalla S sonora di osare, né la Z sorda di alzare dalla Z sonora di zona. L’alfabeto cirillico, invece, ha lettere diverse per suoni diversi:
С = S sorda З = S sonora Ц = Z sorda
(Il suono della Z sonora non esiste nelle lingue slave, e quindi manca la lettera.)
• In italiano esistono sette vocali, ma l’alfabeto ce ne offre solo cinque. In un testo scritto, quindi, venti indica sia il numero 20 (che in italiano standard si pronuncia con la E chiusa: vénti) sia il plurale di vento (pronunciato con la E aperta: vènti); così botte indica sia quella del vino (con la O chiusa: bótte) sia il plurale di botta (con la O aperta: bòtte). Per quanto riguarda le vocali E e O, insomma, o uno proviene dalle regioni centrali d’Italia in cui la pronuncia è “naturalmente” quella dell’italiano standard, o ha studiato dizione, oppure pronuncerà le vocali secondo la propria pronuncia regionale, e non troverà nella forma scritta un aiuto alla pronuncia corretta (se non nel caso delle E accentate sulle parole tronche: l’accento acuto su perché indica che la pronuncia corretta è quella con la E chiusa, quello grave su caffè che la E va pronunciata aperta).
Ed è qui, nel rapporto sempre problematico tra pronuncia standard dell’italiano e pronunce regionali, che si nascondono le differenze più grandi (e meno avvertite) tra “come si scrive” e “come si legge” l’italiano.
Forse non tutti sanno che…
• Nella pronuncia italiana standard, la Z fra due vocali, sia sorda sia sonora, è sempre pronunciata “doppia” (cioè intensa), anche quando l’ortografia prescrive la presenza di una sola Z. Parole come ozono, nazione, azione, concezione, organizzazione “devono” essere pronunciate come se fossero scritte ozzono, nazzione, azzione, concezzione, organizzazzione. Il suono della Z singola in veneziano è intenso quanto quello della doppia Z in spezziamo, o se preferite il cognome del poeta Mario Luzi si pronuncia esattamente come quello del radiocronista Ezio Luzzi (ed Ezio, naturalmente, va pronunciato Ezzio). Questa affermazione è ovvia per chi proviene dalla Toscana e in generale dall’Italia centromeridionale, ed è considerata assurda e insensata dalla stragrande maggioranza dei settentrionali. Per approfondire la questione, cominciate a leggere la voce Z del dizionario Treccani.
• Nella pronuncia italiana standard, la I non accentata che segue una C e una G (fiducia, cielo, sufficiente, igiene, ciliegie…) o i gruppi SC (scienza, coscienza…) e GN (consegniamo, sogniate…) è sempre muta. Questa affermazione è scontata per molti italiani, ma in alcune pronunce regionali meridionali (per esempio in Campania) quella I è presente eccome: si pronuncia ci-elo, suffici-ente, igi-ene, sci-enza ecc.
Perché molti settentrionali si rifiutano di credere che la pronuncia corretta di paziente sia pazziente, o di Luzi sia Luzzi, e molti meridionali, simmetricamente, si rifiutano di credere che la pronuncia corretta di sufficiente sia sufficente? Proprio perché osservano le parole scritte e dicono: guardate, c’è una Z sola, non due (se c’è scritto caro mica si pronuncia carro, no?); guardate, quella I si vede benissimo, perché non dovrei dirla?
Questi due casi toccano una caratteristica essenziale dell’italiano. L’italiano è diventato lingua nazionale (e oggi per molti anche vera madrelingua) attraverso la forma scritta. Le lingue regionali settentrionali non hanno la pronuncia intensa (doppia) delle consonanti, ma solo quella tenue (scempia). Quando la pronuncia intensa è rappresentata nello scritto dalla doppia, un settentrionale ha imparato ad accoglierla; quando invece la grafia non aiuta, il sostrato regionale spinge a mantenere la pronuncia tenue. Non avviene solo con le Z: anche i suoni rappresentati dai gruppi GN, GL e SCI sono sempre intensi in italiano standard (Sciascia si pronuncia Sciasscia), e pronunciati sempre tenui al Nord. Lo stesso vale per la I presente nelle pronunce regionali meridionali, e “giustificata” dall’ortografia italiana.
E quindi, che si fa?
Niente. Ci teniamo l’ortografia italiana con le sue imperfezioni (un sistema ortografico è sempre un compromesso, sviluppato nel corso della storia, tra precisione e praticità), ci teniamo le pronunce regionali (o decidiamo liberamente di studiare dizione). È utile sapere, però, che ha ragione chi pronuncia doppia la Z intervocalica o non pronuncia le I mute, e converrà evitare di correggerlo.
Se poi vogliamo toglierci qualche dubbio, possiamo consultare i dizionari di pronuncia. Ce ne sono due ottimi di libera consultazione online:
DIPI, Dizionario di pronuncia italiana online (di Luciano Canepari, pronuncia Canepàri)
DOP, Dizionario italiano multimediale e multilingue di ortografia e pronunzia (della RAI)
Per convincere anche i più scettici, ecco come rappresentano, con diversi sistemi per riprodurre i suoni, la pronuncia del cognome Luzi (come vedete, si pronuncia davvero come Luzzi; la freccia verso il basso nel DIPI vuol dire: evitare la pronuncia scempia).
Massimo Birattari, consulente editoriale, traduttore e autore di diversi testi. Ha scritto: Italiano. Corso di sopravvivenza (TEA; dal capitolo sulla punteggiatura proviene in parte questo testo), È più facile scrivere bene che scrivere male (Ponte alle Grazie) e quattro romanzi per ragazzi, su grammatica, scrittura, lettura: Benvenuti a Grammaland, La grammatica ti salverà la vita, Scrivere bene è un gioco da ragazzi, Leggere è un’avventura (tutti Feltrinelli Kids). È l’autore anche della scatola-gioco Le carte della grammatica (Gribaudo).
I suoi ultimi libri sono Grammatica per cani e porci (Ponte alle Grazie) e Avventura sull’isola dei grammasauri (Feltrinelli Kids).
Ha anche un blog www.grammaland.it.