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Fa ancora discutere il riscaldamento globale tra incendi e caldo record

La questione del riscaldamento globale provocato dall’uomo fa ancora discutere in specie con gli incendi e il caldo afoso che registriamo in questo periodo dell’anno. Siamo già in presenza delle conseguenze dell’eccesso dei gas serra emessi dall’uomo in atmosfera o si tratta solo di un ciclico avvicendarsi nei secoli di decenni più caldi? La risposta è che pochi sosterrebbero una normalità ciclica negli anni per queste temperature così alte. Siamo tutti molto impressionati dal caldo eccessivo e dagli incendi che esso provoca.

Eppure nella comunità scientifica i dettagli sull’argomento sono ancora dibattuti. Come in ogni altra questione scientifica nei congressi e negli articoli specialistici ci sono posizioni diverse. Tuttavia le discussioni sono basate su dati sperimentali o modelli matematici. Questi sono, ovviamente, interpretabili ma hanno un valore intersoggettivo. Con ciò si intende che qualsiasi esperimento, ripetuto nelle stesse condizioni sperimentali deve produrre gli stessi risultati. Questi non possono dipendere da chi li fa o dal luogo nel quale vengono fatti. Ovviamente ciò non esclude che anche gli scienziati possano essere influenzati dal loro credo ideologico o politico. Ma con dati misurati alla mano non ci possono essere dubbi sulle conclusioni. L’ IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è un organismo creato dall’Onu specificatamente per studiare e informare sul riscaldamento globale. Lo “Special Report: Global Warming of 1.5 °C” in  conclusione cui si arriva è che esiste una correlazione tra l’aumento della presenza di CO2 dovuta ad attività antropiche e l’aumento del riscaldamento del Pianeta. Sono state riportate nella stampa anche opinioni contrarie alla causa antropica del riscaldamento globale. I professori Zichichi (Fisica superiore dell’Università di Bologna) e Rubbia (Premio Nobel per la Fisica 1984 e senatore a vita) hanno sostenuto che:

“L’inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale. L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del 10%. Al 90% il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future”. Zichichi, intervista a Il Giornale 2012.

“Io guardo i fatti. Il fatto è che la temperatura media della Terra, negli ultimi 15 anni, non è aumentata ma diminuita”. Rubbia, resoconto stenografico di un’audizione in Senato, 2014.

Naturalmente esistono moltissimi altri scienziati “scettici” anche a livello internazionale. Tuttavia, bisogna ricordare che, per quanto rispettabili possano essere, rimangono pur sempre una minoranza. Dobbiamo ricordare che il protocollo di Kyoto regolamenta dal 1997 le emissioni dei gas serra ritenuti più dannosi, in particolare CO2, N2O, CH4, esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi. Questo significa che, qualunque sia il dibattito in corso, bisogna in ogni caso limitare le nostre emissioni di tutti i gas serra. Inoltre bisogna interrogarsi sull’uso di fonti alternative ai combustibili fossili se vogliamo continuare a produrre secondo il nostro modello di sviluppo. Il motivo che determina l’emissione di gas serra da parte umana è, fuori di ogni dubbio, la produzione industriale richiesta dalla domanda di consumi.

L’emissione di gas serra deriva principalmente dalla produzione energetica, dai trasporti, dall’industria manifatturiera e dalle attività commerciali. Per realizzare tali attività vengono bruciati combustibili fossili in ogni parte del Pianeta e, di conseguenza, rilasciati in atmosfera i gas serra. Un modello di sviluppo basato unicamente sui consumi senza limiti, non ha criteri di sostenibilità. Se non si arriva a una pianificazione basata sui reali bisogni del consumatore si rischia di generare un circolo vizioso di domanda e offerta che produce sprechi ed emissione ingiustificata di gas serra.

Il modello di sviluppo basato sulla produzione non programmata può produrre beni non consumati che diventano rifiuti e immondizia. Da studi di settore scopriamo che in occidente il 40% del cibo che compriamo non viene consumato ma buttato nell’immondizia. Il 17% della frutta prodotta non viene neanche presentata al supermercato perché “brutta” e considerata invendibile. Il 20% del costo di un qualsiasi prodotto che compriamo è il “packaging” cioè l’involucro con cui è incartato. Esso è frutto di costose ricerche di marketing, e viene immediatamente buttato appena comprato il prodotto! La lista può essere lunga quanto si vuole. Tutti questi prodotti buttati prima di essere consumati hanno generato emissione di gas serra che poteva essere evitata.

Passare da una fase di studio del problema e arrivare a una fase di riduzione delle emissioni di gas serra. Questo è quello che comunque bisogna inserire in tutti gli obiettivi di sostenibilità per qualunque futuro Governo. Per tornare al dibattito sul negazionismo climatico presente anche nella comunità scientifica, si fa riferimento a una battuta attribuita al prof. Fornasa in rete.

A uno studente che gli chiedeva se era il caso di cambiare modo di vivere e di produrre, anche in assenza di evidenza scientifica, il prof rispose: «Ha ragione! Immagini se in futuro, dopo aver introdotto tutte le innovazioni necessarie, quei dati si rivelassero falsi. A quel punto dovremo fare i conti con il fatto di aver creato una società migliore senza motivo!».

Nicola Sparvieri

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