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La pietra filosofale e Sir Isaac Newton

Isaac Newton è stato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Nel 1687 pubblicò i “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, in cui descrisse la legge di gravitazione universale che rimase intatta fino alla relatività generale di Einstein. Condivise con Leibniz la paternità dello sviluppo dell’analisi matematica. Fondò tutta la meccanica stabilendo la legge del moto che porta il suo nome. Fece vedere che tutti i corpi materiali si attraggono con la medesima legge sia sulla Terra che nelle orbite celesti. Dopo di lui fu finalmente chiaro che la mela che si stacca da un albero cade sulla terra esattamente come la luna in orbita. Ma forse non tutti sanno che alla morte di Newton, avvenuta nel 1726, tra tutti gli scritti scientifici sui quali lavorava, fu trovata una grande cassa di documenti, scritti di suo pugno, riguardanti la magia e l’interpretazione delle profezie bibliche. Ben presto ci si rese conto che Newton stesso considerava i suoi esperimenti alchemici come più importanti rispetto alla fisica e alla matematica. Appare certo che egli cercasse la pietra filosofale con ossessività per possedere l’immortalità e la ricchezza.

In quell’epoca si pensava che la pietra filosofale fosse costituita dalla quintessenza cioè dall’etere che dava ricchezza, immortalità e conoscenza del futuro e del passato. Questo “triplo potere” della pietra filosofale aveva radici profonde anche nella storia delle religioni essendo legata alla ricerca dell’immortalità, comune a tutte le spiritualità. Questa ricerca non era affatto roba da ciarlatani come potrebbe sembrarci oggi. Anche Tommaso D’Aquino scrisse un trattato su alchimia e pietra filosofale (Tommaso d’Aquino, “L’Alchimia, ovvero Trattato della Pietra Filosofale”, a cura di Paolo Cortesi, Newton, 1996). Newton era esperto delle profezie descritte nel libro dell’Apocalisse e nel libro di Daniele divenendo uno dei più importanti teologi del suo tempo. Inoltre, studiò tutte le documentazioni riguardanti la magia a cominciare dalle civiltà preelleniche, dai Sumeri agli Egiziani, fino ad avere una visione di insieme di tutto quello che era stato scritto prima di lui. Tutto questo avvenne nel più totale segreto e non si seppe mai, se non dopo la sua morte, che seguiva l’arianesimo e che fosse un cultore della magia. Dopo la sua morte, la reazione della comunità scientifica è stata istintivamente quella di un rifiuto, come quella di un sistema immunitario che respinge un corpo estraneo. Questo “lato oscuro” di Newton lascia sbigottiti da un lato ma dall’altro interrogano e affascinano le considerazioni che possono essere tratte sulla simultanea presenza di aspetti così diversi nella mente di un genio come lui. Per l’epoca non esisteva la distinzione netta che noi abbiamo attualmente tra scientifico e non scientifico. Ovvero non era ancora ben formata l’idea che era scienza solo quello che poteva essere indagato col metodo sperimentale di Galileo. Newton nacque nell’anno della sua morte e la scienza era ancora troppo giovane. L’alchimia era una vera e propria disciplina trasversale a tutte le scienze e, in embrione, la mescolanza dei reagenti per ottenere prodotti, erano i primi passi della chimica moderna. In sostanza per l’uomo colto dei tempi di Newton non tutto quello che ricadeva nell’irrazionale e nell’occulto era meritevole di biasimo e di rifiuto. Questa confusione culturale tra scienza e magia era sicuramente presente ai tempi di Newton. Egli, con la sua enorme capacità analitica, ha evidentemente prediletto un approccio razionalistico anche nel campo della fede e della magia. Il fascino che su di lui esercitavano questi due ambiti hanno alla fine consentito che si buttasse a corpo morto in questi studi realizzando un esito molto meno importante di quello che ottenne dallo studio della fisica e della matematica. Probabilmente una sorta di delirio di onnipotenza tipico dei geni ha contribuito a voler intraprendere una attività così dispendiosa in termini di energie mentali. Forse ci verrebbe di dire che noi non saremmo mai caduti nella trappola dell’irrazionale come ha fatto Newton. Ma le cose stanno proprio così? Newton si è sicuramente consumato in buona fede per cercare di comprendere tutto quello che a lui sembrava incomprensibile. Tutto questo lo ha fatto a vantaggio dell’uomo per potergli donare tanto la meccanica celeste quanto la ricchezza e l’immortalità della pietra filosofale. La prima ha raggiunto lo scopo e ci è servita enormemente sia nel comprendere il Mondo che nelle applicazioni. La seconda non ha raggiunto lo scopo ma ci ha sicuramente aiutato a capire che la magia non è scienza e la scienza non è magia.

 Nicola Sparvieri

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