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La Russia bombarda edifici civili in Ucraina

A Mykolaiv è stata colpita la fermata di un autobus e 4 persone sono state uccise mentre 7 sono rimaste ferite. Sono tanti i civili uccisi dagli attacchi russi dall’inizio della guerra in Ucraina a febbraio.

Le forze russe hanno bombardato anche il centro di Kharkiv. Le autorità locali hanno reso noto che ad essere colpiti sono un edificio a due piani e un istituto scolastico. «Il servizio di emergenza statale è a lavoro per sgomberare le macerie e cercare eventuali persone intrappolate. Attualmente non ci sono notizie di morti o feriti o uccisi», afferma il sindaco Ihor Terekhov.

Una delle tante nottate complicate per l’Ucraina dato che anche nell’oblast meridionale di Kherson il bilancio dei bombardamenti nelle ultime ore è di sette morti e sei feriti. Negli attacchi sono state distrutte o danneggiate diverse case in quattro insediamenti. Secondo quanto riferito, le forze russe hanno rubato veicoli civili e una nave passeggeri che avrebbero utilizzato per attraversare il fiume Dnipro nell’area del ponte Antonovsky danneggiato.

Anche la Russia potrebbe essere inclusa tra le città sponsor del terrorismo come Cuba, Corea del Nord, Iran e Siria. Il Senato americano infatti ha approvato all’unanimità una risoluzione non vincolante, per chiedere al segretario di Stato Antony Blinken di includere nella lista anche la Russia. In particolare per le azioni in Cecenia, Georgia, Siria e Ucraina che hanno portato alla morte di migliaia di “innocenti uomini, donne e bambini”.

Il 27 luglio 2022 è stato inaugurato, quindi è operativo, il centro di coordinamento congiunto di Istanbul. Da lì i rappresentanti di Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite, cinque per parte, controlleranno il rispetto dell’intesa siglata il 22 luglio. Inoltre monitoreranno il passaggio delle navi cariche di decine di milioni di tonnellate di grano attraverso un percorso libero da mine. Al momento a mancare sono solo le navi. Da Kiev la speranza è che il primo carico possa partire già questa settimana.

Il ministro della Difesa Hulusi Akar, l’uomo cui il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha messo in mano le redini di questo negoziato, si è limitato a dire che «i preparativi per la partenza della prima nave proseguono».

La Turchia continua a muoversi come un ombra tra la Russia e l’Ucraina per un negoziato. La mediazione sul grano è stata sicuramente facilitata dalla mediazione delle Nazioni Unite. Ma già nei mesi precedenti l’invasione dell’Ucraina Erdoğan aveva tentato un imponente offensiva diplomatica nel tentativo di far sedere allo stesso tavolo il presidente russo Vladimir Putin e l’ucraino Volodimir Zelensky.

Il Cremlino aveva annunciato la presenza di Putin in Turchia a fine febbraio, visita poi saltata dato che la Russia ha deciso di sferrare l’attacco. Fallito il tentativo di prevenire il conflitto Erdoğan ha continuato a muoversi in equilibrio tra le parti e ha spostato l’obiettivo sul cessate il fuoco riuscendo a mantenere il ruolo di mediatore senza compromettersi né con Kiev né con Mosca.

L’unico incontro dei ministri degli Esteri russo e ucraino, ad Antalya, per il cessate il fuoco, si è arenato sulle immagini provenienti da Bucha e Irpin, come ammesso proprio dal capo della diplomazia turca, Mevlut Cavusoglu.

Abbandonata l’ipotesi di un cessate il fuoco si è passati alla trattativa per il corridoio del grano. Dopo due mesi l’accordo c’è stato, le firme arrivate, ma la delegazione ucraina ha specificato che nessun accordo sarebbe stato siglato con la Russia, bensì con Turchia e Nazioni Unite.

A 12 ore dalle firme l’esercito russo ha colpito il porto di Odessa, uno dei tre da cui si attende la partenza dei carichi di grano, insieme a Chernomorsk e Yuzhni. Un attacco che ha fatto vacillare l’accordo ma il centro operativo è pronto.

L’attesa per l’apertura era stata preceduta dall’incontro tra Erdoğan e Putin a Teheran, lo scorso 19 luglio. Il primo e unico di un leader Nato con il presidente russo dall’inizio del conflitto.

Erdoğan ha definito la trattativa per il corridoio del grano “ardua e faticosa”, ma i missili su Odessa hanno subito fatto capire che la parte più difficile sarà mantenere l’accordo in piedi. Allo stesso tempo va ricordato che l’intesa ha durata limitata, appena 120 giorni (inizialmente erano 90), per far uscire decine di milioni di tonnellate di grano. Una corsa contro il tempo in cui ancora una volta torna in primo piano il ruolo della Turchia.

La sicurezza del percorso è garantita da Ankara, perché non vi saranno scorte da parte di navi militari nonostante il presidente turco avesse dato la disponibilità della marina turca. Una condizione resa necessaria sia dalla natura umanitaria dell’intesa, ma soprattutto dal rifiuto opposto sia da Russia che Ucraina. Ciò però aumenta il rischio di incidenti e attacchi, rischio che la presenza della marina di Ankara avrebbe forse scongiurato. Il ruolo del centro di coordinamento congiunto è fondamentale per dettare il percorso alle navi in uscita dato che non vi sarà sminamento.

Condizione che si conosceva, imposta da Kiev sin dall’inizio del negoziato nel timore che la Russia ne potesse approfittare e colpire. Il centro di coordinamento congiunto dovrà monitorare le tre diverse rotte in uscita dai porti di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny e farle convergere in un unico tragitto verso Istanbul. Qui le navi dovranno fermarsi, scaricare e poi tornare indietro. Ciò previo via libera che sarà dato dopo un’ispezione mirata a controllare che non portino armi in Ucraina, condizione voluta dalla Russia.

Ankara ha anche garantito alla Russia la sicurezza delle proprie navi che transitano attraverso il Mar Nero e trasportano frumento e fertilizzante. Inoltre ha garantito a Kiev che le navi russe non entreranno in acque ucraine.

L’accordo contiene la garanzia reciproca che non vi saranno attacchi durante le operazioni di carico e trasporto. Ma i missili su Odessa sono stati un avvertimento. Il Cremlino ha smentito di aver colpito il porto, mentre Kiev ha accusato la Russia di aver immediatamente violato l’accordo. Il corridoio del grano rappresenta una trattativa nata con il fine di scongiurare una crisi alimentare di portata mondiale. Secondo l’Onu sta affamando 47 milioni di persone nei Paesi africani. Ma che si manifesta nell’aumento dei prezzi anche in Europa. Circa il 50% del grano bloccato nei porti ucraini è destinato a progetti del World Food Programme in Africa.

Giorgia Iacuele

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