Bologna, presso Palazzo Pallavicini una mostra dedicata a uno dei pittori già importanti del XX secolo, Giorgio de Chirico
Oltre 70 opere per ripercorrere l’evoluzione artistica di de Chirico, dalla stagione così detta “barocca” fino ad arrivare al periodo metafisico, esposte nel Palazzo quattrocentesco dal 13 di ottobre.
Giorgio de Chirico nasce in Tessaglia, a Volos il 10 luglio 1888 da genitori italiani appartenenti alla nobiltà: il padre Evaristo, ingegnere ferroviario era figlio del barone siciliano Giorgio Filigione de Chirico, mentre la madre, Gemma Cervetto era una baronessa di origine genovese. Dopo una adolescenza trascorsa tra la sua città natale ed Atene, si avvicina al disegno nel 1896 quando si traferisce in pianta stabile ad Atene e inizia a frequentare le lezioni del pittore greco Mavrudisdal e successivamente del soldato pittore Carlo Barbieri e da Jules-Louis Gilléron. Nel 1900 frequenta il Politecnico di Atene. 6 anni dopo si trasferisce a Firenze con la madre e il fratello Andrea Alberto, più noto con lo pseudonimo di Alberto Savino, pittore, scrittore e drammaturgo e vi frequenta l’Accademia di belle arti.
Nel 1911 raggiunge il fratello a Parigi e inizia a frequentare artisti come Picasso, Max Jacob, Paul Gauguin e Guillaume Apollinaire e partecipa al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne. La sua fama inizia poco a poco a diffondersi e in questo periodo parigino inizia a dipingere i famosi manichini, realizzando anche alcune delle opere più importanti del XX secolo.
Scoppiata la prima guerra mondiale Giorgio con il fratello si arruolano volontari e vengono assegnati al 27º reggimento di fanteria presso Ferrara, città in cui ebbe, almeno all’inizio, difficoltà ad ambientarsi, tanto che nelle sue memorie scrisse: “Partivo per Ferrara, partivo per quella città che Burckhardt definì la più moderna d’Europa e che a me si rivelò come la città più profonda, più strana e più solitaria della terra”. In questo periodo la sua produzione artistica si concentrò prevalentemente sulla realizzazione di nature morte e figure geometriche, seguendo uno stile definito enigmatico prima che metafisico, caratterizzato dalla presenza di architetture essenziali in prospettive non realistiche, inserendo oggetti non contestualizzati, realizzati con una cura dei particolari portata all’estremo.
Ricoverato all’ospedale militare di Ferrara conosce il pittore futurista Carlo Carrà che lo influenzerà fino a perfezionare la tecnica di realizzazione delle opere metafisiche e ad esporle in un testo pubblicato sulla rivista “Pittura metafisica”, che sarà di ispirazione per le opere architettoniche del periodo fascista. Non abbandonò mai la realizzazione di opere classiche come nature morte, ritratti, paesaggi sempre cercando di andare contro le tendenze dell’arte.
De Chirico si trasferisce a Roma dove muore nel 1978 dopo una lunga malattia.
La mostra curata da Elena Pontiggia e Francesca Bogliolo, prodotta e organizzata da Pallavicini Srl in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico è ospitata presso Palazzo Pallavicini, edificio risalente al Quattrocento e appartenuto a molte famiglie nobili come i Marsili, i Volta, i Sala e gli Isolani fino al 1765, quando vi si trasferì Gian Luca Pallavicini, maresciallo e consigliere di Stato dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, che ne fece una corta europea e ospitò numerosi banchetti, feste mondane e concerti.
Nella prima parte dell’esposizione sono raccolte le opere che vanno dal 1938 a 1968, periodo in cui l’artista trasse ispirazione da pittori come Rubens, Delacroix e Raffaello. Le opere che realizza hanno soggetti prevalentemente irreali, cerca di rappresentare infatti un mondo estremamente idealizzato e fantastico, componendo delle opere che si rifanno alla stagione barocca che però si discosta dal naturalismo, rappresentando una natura inventata. Tra le opere che si possono ammirare vi sono degli autoritratti come “Autoritratto nudo” del 1945 e “Autoritratto nel parco con costume del Seicento” del ’56 e opere di altro genere come “Natura morta ariostesca” e “La pattinatrice”.
Nella seconda parte dell’esposizione, quella che va dal 1968 al 1978, de Chirico concentra la sua arte nella realizzazione di quadri aventi come soggetti le piazze italiane e gli enigmi e i manichini, che gli furono ispirati da un dramma composto dal fratello Savino, che aveva come protagonista ” un uomo senza volto”. In questo contesto cerca di reinterpretare i temi del passato in chiave ironica, sfruttando i colori dai toni accesi e un tipo di pittura nuovo, che si allontana dalla pastosità del periodo barocco e si avvicina al disegno, chiaro e dettagliato. Di questo periodo si possono ammirare le opere come “Ettore e Andromaca”, “Il sole sul cavalletto”, “I bagni misteriosi”, “visione metafisica di New York” e “Le muse inquietanti”.
Gianfranco Cannarozzo M.dei