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Benedetto XVI – due riflessioni sul “Papa Emerito”
a cura di Franco Bucarelli e di Adriano Tilgher

Vengono qui di seguito pubblicate due riflessioni su Joseph Ratzinger,  pervenute alla Redazione di Consul-Press da parte di Franco Bucarelli nostro Antico Amico –  Giornalista & Vaticanista d’Assalto (…e non solo !) intervistato da Elleradio, nonché da parte di Adriano Tilgher, anch’egli nostro Antico Amico, sempre in grado di proiettare il cuore oltre l’ostacolo e più volte gradito ospite su questa Testata.
Al termine di queste due riflessioni viene altresì riproposta la lettura di un circostanziato intervento (pubblicato il giorno stesso della scomparsa di Papa Benedetto XVI) a firma di Antonio Parisi, ben noto autore di interessanti inchieste sullo Stato Città del Vaticano (…e non solo !), nonché già “Nostro” Direttore Responsabile della Consul Press.
______________ G.M.

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FRANCO BUCARELLI, sua intervista rilasciata a Elleradio

Intervenuto a “FESTA PRIVATA” condotta da Antonio Romano con Marco Scordo e Valentina Bernardini, il giornalista e vaticanista di lungo corso Franco Bucarelli (ha incontrato e intervistato ben 6 Pontefici), amico della Famiglia Ratzinger, ci racconta del suo incontro in Baviera con il fratello di Benedetto XVI durante il quale gli raccontò che due giorni prima delle Sue dimissioni Papa Ratzinger chiamò, appunto, il fratello dicendogli di essere molto turbato perché era successo qualcosa di grave con la banca vaticana IOR. Lui non ci vedeva chiaro sui conti e su molte questioni legate alla banca tanto è vero che al suo insediamento cambiò il direttore e la presidenza della banca. Era un uomo puntiglioso e meticoloso.
Tutti in vaticano erano in fibrillazione e gli proposero, di fatto, di firmare le proprie dimissioni.

Il documento, con cui firmava le dimissioni, conteneva tre madornali errori di lingua latina e quando Ratzinger lo fece notare – era un grande latinista e teneva molto alla forma – gli dissero che non c’era tempo e che doveva firmarlo così com’era.
Secondo il prof. Diego Fusaro, anche lui in collegamento telefonico durante l’intervista, è una puntualissima ricostruzione che sottoscrive in pieno, per quello che gli compete, con una diversa interpretazione però e cioè che quegli errori non furono dell’ultimo momento ma voluti da Ratzinger per invalidare il testo perché, secondo il diritto canonico, per essere valida la declaratio deve essere espressa “Rite”, dice il testo canonico, cioè ritualmente, in forma corretta.

E bene, gli errori che in realtà sono quaranta nel testo, più di tre quindi, invalidano quella dichiarazione. Ecco, quindi, che Ratzinger usando un codice particolare ha, da quel momento, continuato a segnalare che il pontefice era lui e non Bergoglio.
Franco Bucarelli continua dicendo che addirittura Papa Ratzinger era terrorizzato dopo le Sue dimissioni, che aveva paura di uscire dal vaticano anche solo per prendere un caffè e che voleva e pretendeva gli stessi quaranta gendarmi che vigilavano prima sulla sua persona. Era atterrito e aveva paura per la Sua stessa incolumità.
Bucarelli continua poi il suo racconto e qui di seguito alleghiamo il link dell’intervista completa:

https://www.youtube.com/watch?v=1XFKMwtNyDM&t=1361s

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Già in precedenza la Consul Press ha dedicato una doverosa attenzione ad ELLERADIO – una Radio Capitolina, ma non solo –  diretta da Ezio Luzzi.
Qui di seguito si riporta un precedente intervento pubblicato dalla nostra testata, riguardante un’ intervista alla Triplice Sindacale e all’ UGL in data 24.11.2020 

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Intervento a cura di ADRIANO TILGHER, suo editoriale su “Il Pensiero Forte” del 5.1.2023 

“UN GRAVE DILEMMA” –  Morto un Papa se ne fa un altro. È il frutto della saggezza popolare che aiuta le persone più deboli ad affrontare le perdite inattese che la vita ci offre in tutti i campi ed i settori.
Invece questo detto oggi viene smentito clamorosamente dopo la morte di un grande Pontefice, Benedetto XVI, perché ufficialmente un altro pontefice c’è ed è Papa Francesco e quindi non si può e non si dovrebbe farne un altro.
Messe da parte tutte le questioni di diritto canonico, su cui sicuramente non sono in grado di discutere data la mia poca dimestichezza in materia, avendo soltanto dato un esame universitario oltre 50 anni fa, mi preme affrontare il problema politico che la questione pone. Perché il Santo Padre, oltre all’alta funzione spirituale che assolve, è anche il capo assoluto, con poteri totali, dello Stato della Città del Vaticano e, quindi, in quanto tale, soggetto a valutazione politica.
Nessuno dovrebbe entrare in discussione su tali questioni, perché potrebbe sembrare che venissero criticate le alte funzioni rappresentate dal Vescovo di Roma considerato da tutti come il successore dell’Apostolo Pietro.
Eppure le dimissioni e la convivenza di due Papi questi problemi sicuramente li pone; e sono problemi che emergono in modo lampante anche dall’attenta osservazione dei comportamenti in questi anni difficili messi in atto dai due Pontefici.
Nella mia scarsa conoscenza delle gerarchie ecclesiastiche e delle relative funzioni, la mia impressione è stata che ogni volta che si dovevano svolgere funzioni prettamente legate alla dottrina, alla fede ed al culto, all’improvviso compariva riservata e rispettata la figura del “Pontefice Emerito”. Parallelamente quando si trattava di problemi organizzativi, viaggi, comunicazioni non dottrinarie è stata sufficiente la presenza del solo Papa Francesco.
Come conseguenza di questa mia sensazione quest’ultimo, al contrario di Papa Benedetto, non ha mai parlato “ex cathedra” cioè con il riconoscimento del dogma dell’infallibilità papale nel campo della dottrina e della morale.
Tutto questo ha un significato preciso e presenta una serie di problemi. Primo fra tutti capire se queste funzioni, essenzialmente spirituali e caratterizzate da profonda sacralità, che attengono ai dogmi fondanti della dottrina cattolica, dopo la morte del “papa emerito” si assommano nel secondo Papa.
Se la risposta è affermativa, come si fa ritenere possibile che un’operazione di tale importanza possa avvenire meccanicamente senza ripetere la profonda ritualità insita in tutte le operazioni per la nomina di un Pontefice al punto da considerare certo nel Conclave l’intervento diretto dello Spirito Santo? Ricordiamoci che stiamo parlando di atti sacri, che riguardano i dogmi, la Fede e i sacri Misteri che la animano.
Muoversi in questo campo, dal punto di vista politico, può essere peggio che muoversi in un terreno minato. Non possiamo, infatti, dimenticare che la nostra Chiesa Cattolica è stata, in questi ultimi anni, profondamente inquinata dal protestantesimo luterano e dall’ebraismo, al punto da aver anche corrotto alcuni riti e queste tendenze disgregatrici trovano sponda in certo cattolicesimo integrale o, meglio, integralista che non riesce a capire il giusto equilibrio tra i valori tradizionali della Chiesa e la loro estrinsecazione rituale.
Siamo in un momento delicatissimo della Nostra Chiesa che deve essere affrontato con estrema attenzione perché sono molti i nemici fuori ma, purtroppo, anche dentro la Chiesa stessa, e la crisi delle vocazioni ne è testimonianza.
Per questo io che sono cattolico, non praticante e non osservante, seguo con attenzione ciò che può accadere: abbiamo estremo bisogno di una Chiesa forte nei dogmi e salda nei riti cha sappia infondere e diffondere spiritualità e sacralità, per restituire le certezze messe quotidianamente in discussione dal materialismo imperante e dal relativismo.
Dobbiamo ricostruire l’Uomo e l’Uomo ha bisogno di Dio e la Chiesa ne è il tramite più importante.
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Intervento a cura di ANTONIO PARISI,  pubblicato su Consul Press (Clik >) in data 31 dicembre 2022