Per ricostruire la Regione Lazio “bisogna andare oltre gli apprendisti stregoni amici degli amici, piuttosto che raccattati per la strada o peggio sul web. È necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga sia esperti di comprovata esperienza sia amministratori competenti”.
È di questo avviso l’avvocato Romolo Reboa, candidato con il centrodestra alle prossime Amministrative del 12-13 febbraio nella lista “Lista civica Francesco Rocca presidente”. Intervistato da L’Opinione dice anche che nel nostro Paese “non si dovrebbe mai parlare di giustizia giusta, ma di giustizia”.
Innanzitutto: che Regione Lazio lascia il governo decennale di Nicola Zingaretti e del centrosinistra?
Per rispondere a questa domanda mi è sufficiente citare l’articolo di questa testata del 26 gennaio. Lì sono scritti i numeri che certificano il fallimento della gestione Zingaretti ed i debiti che vengono lasciati a chi sarà chiamato a governare dopo di lui. Non a caso, oltre alle sensibilità politica dei candidati nelle liste dei partiti del centrodestra, Francesco Rocca ha voluto al proprio fianco una lista civica formata da professionisti qualificati che avranno il compito di supportarlo nel faticoso compito di rimettere in piedi la Regione, ricostruendo dalle macerie. I dati impietosi che si leggono nell’articolo di l’Opinione sono impietosi.
E purtroppo ve ne sono ulteriori che confermano la pessima gestione. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, il Lazio, dopo la Sicilia, è la Regione italiana che nell’anno in corso avrà il maggior numero di disoccupati: si prevede un incremento di 12.665 unità (dalle 203.873 del 2022 alle 216.538 del prossimo anno) con una crescita degli inoccupati del 6,2 per cento. Negli anni 2013- 2021, il Lazio è cresciuto meno del resto dell’Italia, con un divario, tutto nordista, che consente di comprendere come la Regione e la Capitale d’Italia siano state amministrate. Nel Lazio, il Pil pro capite è aumentato solo di 2mila euro, contro un aumento medio nazionale di 2.200 euro e di 2.300 euro della Lombardia.
Il divario tra il Lazio ed il Nord si avvicina al 15 per cento, portando la Regione Lazio, cui ho messo disposizione la mia professionalità, a essere stretta in una morsa. Sovrastata dalla Lombardia e premuta dal basso dalla Campania. E questo, come scritto su questa testata, in una Regione dove le addizionali Irpef sono le più alte a livello nazionale, arrivando al 3,33 per cento dell’imponibile, lì dove nella Lombardia amministrata dal centrodestra la percentuale massima è quasi la metà, ovvero l’1,74 per cento.
E questo senza parlare della sanità, dove l’eredità di Zingaretti è di undici ospedali chiusi e di un Recup che non include la sanità privata convenzionata, cui così i cittadini sono stati costretti a rivolgersi a pagamento. Non a caso, il primo punto del programma del futuro presidente Rocca, che ha la socialità nel proprio cuore, è una ristrutturazione del Recup con inserimento informatico delle disponibilità delle strutture private convenzionate.
Quale è la ricetta che il centrodestra – e il candidato Francesco Rocca – vuol mettere in atto per il Governo del Lazio?
Non grandi paroloni, ma una ricetta molto semplice: ingresso di professionisti di provata competenza, buona amministrazione, e taglio degli sprechi, con particolare attenzione all’attività delle società in house che veicolano i fondi regionali, tra le quali Sviluppo Lazio spa e Lazio Innova spa. È la stessa medicina che Francesco Rocca ha somministrato alla Croce Rossa Italiana, con conseguente abbattimento del deficit e quella grande spinta propulsiva riconosciuta a livello internazionale. Per ricostruire la Regione Lazio bisogna andare oltre gli apprendisti stregoni amici degli amici, piuttosto che raccattati per la strada o peggio sul web. È necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga sia esperti di comprovata esperienza sia amministratori competenti.
Poteri speciali per Roma Capitale: sì o no? E perché?
Poteri speciali sì e senza tentennamenti, Roma è l’unica capitale al mondo di due Stati sovrani. Ne sono talmente convinto che, tra il serio e faceto, ricordo che il mio bisnonno che fu condannato dal Papa perché aderì ai moti del ’48 con Giuseppe Mazzini che portarono alla Repubblica Romana. La Città eterna deve essere dotata di autonomia normativa, amministrativa e finanziaria ed essere riconosciuta quale unicum: Roma Capitale anche sotto il profilo istituzionale.
Perché ha deciso di intraprendere questa avventura elettorale? La sua esperienza professionale cosa può portare a livello di governo del territorio?
Sono stato per molti anni componente del Collegio unico dei revisori della Cri e ho visto con quale professionalità e determinazione, nel rispetto della pluralità anche di pensiero dei volontari, Francesco Rocca ha trasformato la Croce Rossa Italiana, portandola alla privatizzazione da carrozzone pubblico in perdita costante. Partecipare come professionista a una lista civica, dove al centro ci sono i valori di indipendenza e competenza, è stato un richiamo cui un avvocato impegnato nel sociale, quale sono io, non poteva sottrarsi.
Il mio approccio con la politica nasce dagli anni del Liceo Augusto, che mi ha visto direttore della rivista “Augustus”, per proseguire con il giornale territoriale di Roma sud, La parola al popolo, dove hanno iniziato la loro carriera dei giovani che oggi sono tra le più grandi firme del giornalismo italiano, tra i quali quelli che chiamo i tre Fabrizi (Fabrizio Caccia, Fabrizio Roncone e Fabrizio Peronaci) ovvero Patrizia Morgani, Fausto Pellegrini, Massimo Tecca e tanti altri che lo spazio non mi consente di citare.
Ho sempre preferito la politica rispetto alla partitica, in modo da essere libero di incidere sul tessuto sociale senza vincoli, perché per me le persone vengono prima delle formazioni dalle quali si sentono rappresentate o militano. Il mio impegno sociale (e quindi politico) vi è stato anche nell’avvocatura, con difese di persone ammesse al gratuito patrocinio, ovvero le grandi difese, quali quelle delle vittime della valanga che ha travolto l’Hotel Rigopiano o delle famiglie degli anziani deceduti nelle Rsa milanesi gestite dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi e dei lavoratori licenziati per aver denunciato alla Magistratura il caso. La lista civica voluta da Francesco Rocca mi consentirà, se eletto, di difendere chi ne ha necessità in un’aula legislativa: un impegno politico cui il mio cuore sociale non poteva sottrarsi.
Da avvocato ha seguito le vicende di Rigopiano e delle Rsa lombarde. Cosa può dirci in merito sulle ultime novità?
In entrambe le vicende mi sento un po’ come Don Chisciotte contro i mulini a vento. Chi ha seguito sui giornali i miei interventi in aula ben sa come, pur nel rispetto istituzionale, non abbia condiviso alcune decisioni del Gup, dottor Gianluca Sarandrea, tra le quali, ad esempio, l’esclusione delle parti civili dal reato di depistaggio, ovvero come mi sia opposto ad alcune scelte assolutorie della Procura della Repubblica di Pescara, tanto da invocare un Rigopiano bis per riesaminare, ad esempio, la posizione dell’ex presidente regionale, onorevole Luciano D’Alfonso. Il 23 febbraio 2023 è programmata la pronuncia della sentenza: mi aspetto un titolo con il numero di anni complessivi di condanna di alcuni imputati, che consenta alla stampa di fare un bel titolo e molte assoluzioni. Spero che la decisione lasci spazio per le azioni civili contro gli enti e soggetti privati che, per vari motivi, la maggioranza dei quali da me non condivisi, sono rimasti fuori o sono usciti anzitempo dalla vicenda penale, ma le cui responsabilità sono percepite dalle famiglie delle vittime. E non solo.
Anche la vicenda delle Rsa lombarde è allucinante per le famiglie delle vittime, sia quelle assistite da me relativamente alla Fondazione Don Carlo Gnocchi che alle altre assistite dai colleghi che si occupano del Pio Albergo Trivulzio. La Procura della Repubblica di Milano ha stravolto i risultati delle indagini di polizia giudiziaria, dalle quali emergevano pesanti responsabilità, chiedendo assoluzioni che, se confermate dal Gip, precluderebbero anche le azioni di responsabilità civile contro le compagnie assicuratrici. Abbiamo presentato un’articolata opposizione e siamo da mesi in attesa della fissazione della relativa udienza. Su questa vicenda, purtroppo, è calato il silenzio della stampa e non nascondo che ciò rende ancor più difficile assicurare giustizia alle famiglie delle vittime.
Quando finalmente nel nostro Paese, a suo avviso, si riuscirà a parlare di giustizia giusta?
Non si dovrebbe mai parlare di giustizia giusta, ma di giustizia. Ritengo che solo attraverso la separazione delle carriere, una maggior collegialità nelle decisioni, eventualmente anche con un sistema di giurie di stampo americano, si potrebbe migliorare il percorso verso questo obiettivo. Purtroppo, la cosiddetta riforma Cartabia, pur avendo degli aspetti positivi, non mi sembra indirizzata a questi principi: confido, quindi, in un intervento propulsivo di quell’eccellente giurista che è il ministro Carlo Nordio.