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Storia degli animali impiegati nelle guerre

L’utilizzo degli animali durante le guerre è testimoniato già nel III secolo a. C.: scrive Lucrezio che i maiali da guerra, cinghiali o maiali selvatici che fossero, venivano utilizzati dall’esercito romano per fronteggiare gli elefanti dei Tarantini nella decisiva conquista della città.

Anche lo storico Eliano racconta che durante la guerra contro Pirro re dell’Epiro i romani lanciarono contro i suoi elefanti, montoni e maiali infuocati che fecero impazzire i pachidermi tanto che questi travolsero anche il proprio esercito. Di questa storica battaglia, che portò Maleventum ad essere ribattezzata Beneventum, rimane testimonianza in una moneta di bronzo raffigurante da un lato un elefante e dall’altro un maiale.

A tal punto i pachidermi erano terrorizzati dallo stridio del maiale che si cominciò a far crescere insieme elefanti e maiali in modo che i primi non venissero più spaventati da questi.

I maiali comunque furono utilizzati fino al XVII secolo.

Sono diverse le testimonianze relative all’utilizzo degli elefanti per scopi bellici, e sono epici quelli di Annibale; l’ultimo episodio di utilizzo in Occidente documenta il 43 d.C., quando vennero usati in Gran Bretagna dall’imperatore Claudio contro i Celti.

In Asia è menzionato l’uso degli elefanti per la guerra già intorno al 1100 a. C.: sicuramente Dario I (550-486 a.C.) li introdusse nell’esercito persiano dopo la conquista della Valle dell’Indo e quindi dopo la scoperta del loro uso da parte degli indiani che già 4000 anni fa li addestravano per vari usi.

Anche Alessandro Magno (365- 323 a.C.) si scontrò con gli elefanti di Dario III che fecero tremare le truppe macedoni; ma da quel momento cominciò ad utilizzarli anche lui istituendo persino una forza di elefanti di guardia al suo palazzo; tra l’altro fermò la sua avanzata verso l’India proprio quando seppe che avrebbe trovato schierati contro di lui fra i 3000 e i 6000 elefanti da guerra.

In epoca medievale, insieme ai maiali per assediare le città fortificate, venivano utilizzati i cosiddetti gatti-razzo o anche le colombe-razzo che appiccavano il fuoco dove gli assediati non riuscivano ad arrivare.

Di questa tattica di guerra, una vera e propria arma segreta per conquistare città assediate, parla Franz Helm sul suo Trattato sulla guerra di assedio, in cui descrive come venivano preparati gli animali per svolgere questo compito: veniva loro messa addosso una piccola imbragatura contenente materiale combustibile; nella fuga precipitosa mentre si incendiavano, sgattaiolavano cercando luoghi riparati all’interno delle città che poi prendevano fuoco.

Fu durante la Prima Guerra Mondiale che si ebbe un uso massiccio di animali per fini bellici, in particolare muli, cani e gatti.

Specie insostituibile sono senza dubbio gli equini (muli e cavalli): da sempre il cavallo lo si trova a fianco dell’uomo per il combattimento, come precursore dei carri, apprezzato per la velocità, utilizzato per lo sfondamento nel periodo medioevale, e comunque considerato animale offensivo.

Il cavallo ha la stessa empatia di un cane, entra in un rapporto affettivo che è stato importante per la maggior parte di quei soldati, ragazzi provenienti dalle campagne.

E così pure i muli, che ebbero molta fortuna per la loro resistenza fisica, per la capacità di trasporto, per le minori razioni di cibo di cui avevano bisogno, per la destrezza nell’arrampicarsi anche su terreni impraticabili (pensiamo alle mulattiere, arrampicate strette, faticose e impervie che a loro devono il nome), per la loro tenacia e l’abilità a fiutare la strada. Nel 2019 è morto Iroso, l’ultimo mulo soldato degli alpini.

Anche il cane è un animale apprezzato perché particolarmente versatile e in un certo senso è rimasto operativo sul campo anche al giorno d’oggi, per aiutare l’uomo in caso di terremoti e disastri naturali in genere, nell’antidroga, nei salvataggi…

I cani venivano quindi utilizzati per il loro udito acuto, l’olfatto finissimo, la sagacia, la fedeltà e il senso del dovere, tutte caratteristiche che ne facevano dei veri soldati. I diversi impieghi prevedevano i cani sentinella che per svolgere questo incarico venivano addestrati per non abbaiare, limitandosi a ringhiare sommessamente; si trovavano nelle primissime linee di trincea.

C’erano poi i cani staffetta che portavano messaggi con tempi più rapidi di quelli dell’uomo, riuscendo a superare meglio le asperità del terreno, per lunghezze fino a 4 km. Si mimetizzavano bene, erano veloci, difficili da colpire, si orientavano sia di giorno che di notte, anche sotto i bombardamenti e in mezzo al fumo.

Ulteriore utilizzo dei cani era come esploratori, per cui venivano addestrati a trovare i percorsi più agibili.

I cani da trasporto portavano gamelle, vettovaglie, acqua, munizioni, le gabbi dei piccioni, alcune strumentazioni…

Diversi erano i cani da traino: una coppia di cani poteva trainare quanto riusciva un mulo da solo; ma contrariamente ai muli, i cani potevano arrivare a 3000 metri di quota. La capacità di traino di un cane è quindi notevole e a ciò si aggiunge che rispetto a un cavallo o un mulo costa di meno mantenerlo perché mangia e beve di meno, come pure costa di meno l’attrezzatura che riguarda il suo lavoro. Anche la sua manutenzione è più semplice, resiste all’ambiente ed è molto meno ingombrante tenere un reparto di cani rispetto ad un reparto di muli.

Altro ruolo dei cani è come cacciatopi: quella dei roditori era una vera piaga e i cani piccoli, agili e veloci si infilano dappertutto per stanarli e ucciderli.

Infine c’erano quei cani che venivano addestrati per essere impiegati nella sanità; per ottenere il diploma sanitario il cane doveva avere alcuni requisiti tra cui far riprendere un soldato svenuto, seguire le tracce dei soldati dispersi, superare un esame fisico rigoroso, guidare i soldati verso le tende ospedale, precipitarsi in casi estremi alla tenda ospedale, ignorare il tumulto della battaglia, imparare a chiedere aiuto se il soldato non riusciva ad alzarsi da solo, saper distinguere tra stanchezza e ferite gravi…insomma quasi addestrati a eseguire una diagnosi!

Altro animale ancora utilizzato durante la Prima Guerra Mondiale è il colombo viaggiatore che portava informazioni fino ad una distanza di 40 km, ancora all’epoca uno dei sistemi informativi più efficaci.

Per i combattimenti in Africa, in Medioriente e in Asia, unitamente ai già citati elefanti, venivano utilizzati dromedari e zebre anche come animali da cavalcatura e da soma.

Merita un cenno anche la grande quantità di animali da macello che venivano portati dietro per assicurare carne fresca alle truppe.

La veterinaria come pure la sanitaria avrà uno sviluppo notevole proprio durante la guerra.

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento si assiste all’incontro di due diversi modi di pensare e di vivere la guerra: la Prima Guerra Mondiale segna il passaggio tra il mondo della cavalleria e la comparsa dei primi artifici umani (i primi carrarmati, i primi rudimentali veicoli…) che hanno reso la guerra la più tremenda mai vissuta fino a quel momento.

Questo è stato senza dubbio il momento storico che ha visto in assoluto l’utilizzo massimo degli animali da parte dell’uomo perché non ci fu nessun conflitto prima di questo che ha raggiunto tali dimensioni e poi perché le guerre successive sono diventate sempre più meccaniche.

Veronica Tulli

Foto © Vanilla Magazine

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