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I limiti del Cammino Neocatecumenale

Il cammino neocatecumenale (CNC) è stato iniziato nel 1964 da Francisco Arguello e Carmen Ernandez, nelle baracche abitate da zingari in un sobborgo di Madrid chiamato Palomeras. È molto interessante la storia personale dei due iniziatori del CNC e di come siano stati condotti a questa esperienza, ma al riguardo esiste già una vasta letteratura e una folta aneddotica. Le dirette testimonianze degli interessati sono senz’altro le più interessanti: vedi ad esempio “Kiko Arguello, Il Kerygma nelle baracche con i poveri, edizioni Sanpaolo” e” Carmen Ernandez, Diari (1979-1981) Cantagalli Editore”. Il CNC nasce come itinerario di riscoperta del Battesimo da parte di già battezzati. Questa ispirazione avuta dall’iniziatore si è subito rivelata come estremamente efficace. Essa è basata su due elementi essenziali: l’annuncio del kerygma (la “buona notizia” cristiana) e la proposta di vivere la fede cristiana con piccole comunità di persone per nulla omogenee dal punto di vista sociologico, diverse per età, censo, cultura e gusti. Quindi condividere insieme la riscoperta del Battesimo per tappe seguendo l’antico catecumenato della chiesa primitiva. La modalità presentata è semplice: 1. incontrarsi e leggere la Bibbia per temi una sera alla settimana, 2. celebrare la Messa al sabato riscoprendo i simboli liturgici della Chiesa primitiva (Eucarestia nelle due specie del pane azimo e del vino, messa in comune delle esperienze vissute suscitate dalla Parola proclamata) e 3. una volta al mese uscire un fine settimana con tutta la comunità e andare a riportare le esperienze della vita in comune. Questi tre punti vengono comunemente chiamati “il tripode” su cui viene basato il CNC. Questo semplice schema si è subito rivelato vincente. Nel giro di pochi anni gli iniziatori hanno fondato oltre 30 comunità: nel 1964 nelle baracche di Palomeras, nel 1966 a Madrid, nel 1967 a Zamora e Avila poi nel 1968 a Roma nella parrocchia dei Martiri Canadesi, nel 1969 a Lisbona e in altre tre parrocchie di Roma, poi nel 1970 a Ivrea e nel 1973 a Parigi.

A causa della sua semplice ed efficace struttura così simile a quella della Chiesa domestica dei primi tre secoli, la dichiarata missione di questo nuovo carisma della Chiesa postconciliare è stato quello di evangelizzare i lontani e gli scristianizzati. Il nome stesso “neocatecumenato” ha in sé il programma di riscoprire e rivivere in pienezza il Battesimo ponendo in questo il fine ultimo dell’intera azione pastorale del movimento. La ventata di novità e di freschezza introdotta da questa nuova evangelizzazione ha provocato un grande interesse nei Vescovi e nei Papi che lo hanno conosciuto, invitando a “esportare” nelle varie realtà geografiche del mondo questo nuovo carisma così bello ed efficace. Naturalmente la progressiva crescita numerica delle persone coinvolte ha provocato la nascita di nuove strutture organizzative per far fronte alle nuove esigenze. Sono così nati nuovi carismi all’interno del CNC. In tutto ho individuato sette aspetti fondamentali che ne costituiscono l’intera struttura. Li ho indicati nel seguente modo:

  1. Le comunità. Sono la struttura di base e il cuore del CNC. Sono costituite da un minimo di 10-15 persone fino a un massimo di 50-60. Le persone presenti hanno ascoltato il kerygma nelle catechesi iniziali (descritte nel Primo Volume del Direttorio Catechetico del CNC) e hanno accettato di iniziare il CNC basato sul tripode e condotto dai catechisti che si fanno presenti di norma 4 o 5 volte l’anno (in occasione dei passaggi battesimali o per annunciare i tempi liturgici). Come detto le comunità sono strutture sociologicamente disomogenee ma malgrado questo in esse appare un gruppo unito e in grado di esistere per decine di anni nonostante le differenze caratteriali e le difficoltà umane di ogni tipo. In particolare, conto è tenuta l’apertura alla vita e l’importanza delle famiglie numerose in accordo con la Humanae Vitae di Paolo VI insieme alla trasmissione della Fede ai figli. Attualmente si stima che le comunità del CNC nel mondo sono circa 40.000 presenti in 6.000 Parrocchie di 900 Diocesi.
  2. I catechisti. Essi costituiscono la duplicazione dell’azione evangelizzatrice dei fondatori e sono fedeli laici, spesso coppie matrimoniali. Essi, utilizzando il Direttorio Catechetico del CNC, fondano e conducono nuove comunità ed hanno piena autorità sul CNC delle comunità a loro affidate. Sono formati e seguiti dai fondatori o da loro rappresentanti e sono nominati per votazione direttamente dalle loro comunità di appartenenza.
  3. Gli itineranti. Sono catechisti del CNC celibi (o nubili) o famiglie che sentono di poter lasciare le loro normali occupazioni per evangelizzare a tempo pieno in luoghi lontani e inviati in qualunque luogo. Spesso sono responsabili del CNC di nazioni e sostituiscono in tutto i fondatori.
  4. Le famiglie in missione. Sono nuclei familiari, spesso con molti figli, che sentono di lasciare tutto per potersi trasferire in zone dove operano Itineranti cui fanno da supporto per l’evangelizzazione del CNC. Fanno da stimolo alla popolazione locale, con cui condividono la vita quotidiana insieme ai loro figli, per invitarli a partecipare alle comunità del CNC condotte dagli itineranti di quel luogo. Il coinvolgimento dei minori nelle scelte dei genitori di trasferirsi in zone disagiate con più bassa qualità della scuola o della sanità ha spesso provocato forti critiche e polemiche.
  5. I Seminari “Redemptoris Mater”. Rispondono all’esigenza di poter dotare gli itineranti e le famiglie in missione dei sacerdoti che possano accompagnare a tempo pieno la nuova evangelizzazione del CNC seguendo le specificità dello stesso e amministrando i sacramenti. Essi sono a tutti gli effetti dei seminari diocesani missionari nei quali i seminaristi durante l’iter formativo continuano a seguire le comunità di cui fanno parte e nelle quali la loro vocazione si è formata. Una volta diventati sacerdoti dipendono dal vescovo della diocesi che decide sul loro impiego ma hanno come richiesta e desiderio quello di raggiungere gli itineranti e le famiglie in missione nei loro luoghi operativi. La gestione dei seminari “Redemptoris Mater” come anche un parere sull’iter formativo dei seminaristi è sotto l’autorità dei fondatori o degli itineranti responsabili delle nazioni e, essendo laici, questo ha provocato critiche e polemiche in seno alla gerarchia ecclesiastica. Esistono attualmente 122 Seminari “Redemptoris Mater” nel mondo e sono stati ordinati oltre 2.500 Sacerdoti.
  6. Le “Missio a Gentes”. Sono la sintesi dell’azione evangelizzatrice del CNC. Comprendono gruppi di famiglie, tre o quattro o più, con molti figli e sacerdoti formati nei seminari “Redemptoris Mater”. Sono di fatto delle piccole parrocchie già formate e funzionanti che possono essere installate in qualunque luogo anche totalmente scristianizzato o di prima missione. Per questa loro caratteristica sono particolarmente richieste dai vescovi con situazioni critiche per quanto riguarda la scristianizzazione o l’abbandono di vasti territori tradizionalmente cristiani. Il nord Europa, la Cina e l’America del sud richiedono oggi fortemente l’azione delle “Missio ad Gentes”.
  7. Le “Communitates in Missionem”. Sono comunità anziane che hanno finito il CNC e che vengono inviate tutte insieme alle periferie degradate delle città nelle quali tali comunità sono nate allo scopo di rendersi presenti nella parrocchia di destinazione aiutando il parroco nell’azione pastorale o le comunità del CNC eventualmente presenti.

Questa è una descrizione sintetica ma completa del CNC. Penso che, a questo punto, abbiamo gli elementi per poter affrontare sia i punti di forza che le numerose critiche cui il CNC è sottoposto.

Il merito più grande del CNC è già stato detto: una predicazione efficace, diretta ed esistenziale: l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio per l’uomo con la sua natura limitata e fallace e la collegata, concreta e gioiosa, possibilità di entrare nelle difficoltà appoggiato a Cristo risorto. E poi la possibilità di vivere questo nuovo stato in piccole comunità come ritorno alla chiesa primitiva e in un contesto di “famiglia”. Tutto questo sperimentando la possibilità di aprirsi alla vita e ai segni liturgici e sacramentali vissuti in modo nuovo e soddisfacente.

Molte sono invece le critiche che tenderei a dividere in due categorie:

(A) gli errori dovuti alle persone che ricoprono ruoli nel CNC ma che non hanno relazione coi principi fondanti previsti dallo statuto. Sono quindi critiche che dipendono da errori umani e non da come il CNC è strutturato.

(B) debolezze o incongruenze proprie del CNC.

Tra le (A) metterei:

la predilezione per un atteggiamento irrazionale nei confronti della vita;

l’esaltazione dell’inadeguatezza umana e della impreparazione nei servizi e nei lavori (perché si veda che “solo” Dio opera);

vedere il mondo fuori del CNC come “tana del demonio” e non come un luogo in cui vivere e da condividere con altri uomini;

nei giovani viene fiaccata l’ambizione al successo nella società civile e favorita la tendenza a avere tutti i propri orizzonti nel CNC favorendo, per esempio, matrimoni nel CNC.

La storia e la sua interpretazione (come “Parola di Dio”) viene trattata in modo neopanteista vedendo indicazioni di Dio in fenomeni in cui Dio non c’entra o ritenere che Dio punisca per farti capire i tuoi errori. Esiste una tendenza a isolarsi e autocelebrarsi eccessiva e autolesionista. Negli scrutini (tappa battesimale nella quale davanti alla comunità i catechisti stimolano un momento personale di verifica a ciascuno) esiste il rischio di trasformare il dialogo in pressioni psicologiche non consentite, in particolare dando indicazioni su scelte personali facenti parte del “foro interno”.

Tra le (B) metterei:

Il CNC ha in sé il programma di riscoprire e rivivere in pienezza il Battesimo ponendo in questo il fine ultimo dell’intera azione pastorale del movimento. Quindi, rinnovate le promesse battesimali, era prevista la fine delle comunità del CNC a vantaggio di qualunque altra realtà parrocchiale o della chiesa universale. Dopo l’approvazione degli statuti, invece, si è istituita la “formazione permanente alla fede” con la quale le comunità non finiscono mai. Questa mi sembra una forzatura non in linea con le originarie ispirazioni dei fondatori e dettata forse dalla necessità di non perdere le comunità. Questo problema ha dato luogo all’introduzione di una nuova “tappa” del CNC chiamata “matrimonio spirituale” non presente nel rituale cattolico del catecumenato battesimale e che avviene dopo 10 anni dalla “fine del CNC”. In questo modo va interpretato anche il punto n. 7 “Communitates in Missionem” che assicura delle attività per le comunità che hanno già finito il CNC e che abbiano anche fatto il “matrimonio spirituale”. Questa decisione mi sembra debole e non logicamente coerente con gli altri 6 punti che sono, invece, tutti tra loro strettamente collegati.

Le critiche di tipo (A) sono quelle che riempiono i blog dei critici e che sono spesso piene di acredine (se non di vero e proprio odio ingiustificato) e che sono frutto di un malinteso o di una reazione personale a un torto subito (vero o presunto). In ogni caso non possono essere dirette al CNC come tale ma sono, giustamente, dirette a chi ne dà una interpretazione personale e non prevista dagli statuti (anche se a volte espressa con atteggiamenti anche del fondatore). Chi critica dovrebbe avere sempre chiara questa distinzione e chi è oggetto delle critiche, e commette errori ricoprendo una responsabilità nel CNC, dovrebbe sempre essere cosciente che sta danneggiando un bene della chiesa, non suo.

Mi sento personalmente di aggiungere tra le critiche di tipo (A) quella più grande e cioè quella rivolta a quelle persone (e sono tante) che interpretano il loro stare nel CNC come dei “funzionari di una organizzazione” che hanno un ufficio da compiere o dei soldati che devono difendere un territorio dai nemici. Così facendo esse perdono e fanno perdere memoria del fatto che il CNC è una risposta a dei problemi umani e una salvezza per tanti. Si inverte lo strumento con il fine e la vita di queste persone coincide con la organizzazione stessa che stanno servendo e così facendo contribuiscono a ridurre la capacità critica e l’autonomia personale lasciando tristemente il campo a un integralismo vuoto e alienato.

Ma questo, e bisogna dirlo chiaramente, è tipico di ogni organizzazione umana che supera in importanza e potere una certa massa critica per cui serve una struttura organizzativa e delle responsabilità. È un po’ quello che è successo con l’imperatore Teodosio che ha introdotto nella Chiesa (oltre al problema di conservare e propagare il “depositum fidei”) anche il problema di gestire un potere economico e politico. Questo fatalmente inquina e distrugge e potrebbe trasformare persone salvate o beneficate in funzionari di fazione che fanno della fedeltà all’organizzazione una clava per colpire.

Come si può nel CNC, nella Chiesa Cattolica o in qualunque altra organizzazione umana tenere a bada questo istinto irrefrenabile a questo senso di appartenenza a una organizzazione che diventa una strumentalizzazione ad appropriarsi di tutto come fosse tuo? Come possiamo ricordarci che siamo servi inutili (Lc 17,10) di qualcosa che non è nostro e che non siamo noi?

Nicola Sparvieri

Foto © Neocatechumenaleiter.org

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Cammino neocatecumenale, Cristianesimo, evangelizzazione