Lutero e le radici della riforma protestante
Il contesto storico-filosofico in cui è nata la Riforma protestante testimonia diverse condizioni: inquietudine, bisogno di nuovo, insofferenza delle istituzioni ereditate; nella filosofia e nella teologia in particolare si era affermato l’individualismo sotto la forma di spirito critico radicale. In tal senso venivano contestate la dottrina, la legittimità dell’antica Chiesa e della sua prassi liturgica mentre dal punto di vista culturale l’Umanesimo vedeva nella cultura greco-romana un sistema compiuto di vita, una concezione razionale autosufficiente della realtà senza dogmi e misteri.
Anche a livello politico-sociale il Papato e l’Impero, in quanto autorità direttive della cristianità, erano decadute; l’individualismo si era radicato anche nella politica internazionale e ogni Principe pensava ai propri interessi. Le monarchie nazionali tendevano a consolidarsi all’interno e ad espandersi all’estero e in particolare Stati come Inghilterra, Francia e Spagna, sciolti da antichi vincoli politici di dipendenza, rivendicavano la propria sovranità contrastando le interferenze della Curia papale.
In Germania venivano di fatto attuandosi elementi essenziali del sistema delle Chiese nazionali di Stato che saranno una delle più appariscenti realizzazioni della Riforma protestante: i Principi partecipavano ad alcune rendite ecclesiastiche, potevano autorizzare la riforma dei conventi, avevano il controllo delle nomine agli uffici ecclesiastici…
Dal punto di vista economico e sociale la situazione provocava l’appello ad una riforma da più parti: la Chiesa era sicuramente un grande sistema beneficiario distributore di redditi e ciò le faceva perdere di vista la primaria natura religioso-spirituale di amministratrice dei sacramenti e della Parola di Dio; in essa si cercavano beni materiali piuttosto che spirituali.
Unitamente a questi aspetti il movente decisivo della Riforma fu senza dubbio la situazione della Chiesa, sia al centro che in periferia: rilassamento della disciplina, disorientamento dottrinale, mecenatismo fastoso e mondano e impegno nel restauro del potere temporale con alleanze politiche e militari rendevano i Papi contrari a procedere alla necessaria correzione degli abusi.
In tutti i ceti si assisteva ad una svalutazione da parte dei fedeli della dignità sacerdotale e della funzione ecclesiastica. Anche all’interno dei monasteri, sia maschili che femminili, le pratiche rilassate e le interferenze mondane giungevano alla licenziosità; l’assistenza ai malati veniva sfruttata per andare a caccia di testamenti.
Dunque l’insoddisfazione e l’inquietudine diffusi tra uomini di cultura e gente di popolo, tra religiosi e laici e gli appelli alla riforma della Chiesa costituivano materiale combustibile pronto ad accendersi alla prima fiaccola. Ed è in questa situazione che si snoda la vicenda di Lutero.
In particolare la vita culturale della Germania all’inizio del XVI secolo era caratterizzata da tre elementi: diffusione della devotio moderna (corrente spirituale sorta nei Paesi Bassi, che poneva l’accento sul raccoglimento, sulla lettura della Sacra Scrittura, sull’ascesi, sulle pratiche di edificazione; ne era il testo fondamentale l’Imitazione di Cristo); grande sviluppo dell’Umanesimo; invenzione della stampa.
Lutero nasce nel 1483 in Sassonia e si decise alla vocazione religiosa in ottemperanza ad una promessa espressa durante un temporale pericoloso. Entrò nel convento degli agostiniani, insegnò filosofia e teologia. Tra il 1515 e il 1516 scrisse un importante commento all’Epistola dei romani ove, spinto da turbamenti che lo agitavano, diede un’interpretazione della dottrina di San Paolo e di Sant’Agostino che scalzava le basi della concezione cattolica.
Due i punti fondamentali: la dottrina della concupiscenza per cui anche dopo il battesimo rimane una corruzione che inquina tutti gli atti, e la dottrina dell’accettazione gratuita del peccatore mediante la giustificazione di Cristo di cui il peccatore si appropria nella fede, senza l’intervento della grazia santificante. Sono centrali le parole di San Paolo: il giusto vivrà mediante la fede (Rm 1,17). Le opere di pietà sono dunque rese superflue dalla fede che è la sola che salvi e i sacramenti sono semplici segni che non hanno vero potere sull’anima.
Sono questi gli anni in cui come confessore viene a contatto con gli effetti delle prediche di Tetzel, un predicatore domenicano, sulle indulgenze. Per sopperire alle spese per la costruzione della basilica di San Pietro, Leone X aveva indetto una indulgenza generale per tutta la Chiesa e spesso i predicatori si lasciavano andare a grossolanità per indurre i fedeli a dare maggiori offerte tanto che ne veniva una falsa rappresentazione della dottrina sulle indulgenze. Lutero rinfaccerà a Tetzel la frase: non appena si getta la moneta nella cassetta delle elemosine, un’anima esce dal purgatorio.
Lutero quindi reagì alla dottrina predicata dal domenicano e propose la discussione di 95 tesi che pubblicò – era la forma comune delle dispute universitarie – ma il confronto accademico non avrà luogo. Nelle tesi egli parte dalla dottrina della Penitenza come contenuta nel Vangelo per dimostrare che la pena che ne deriva il cristiano la porta per tutta la vita; che l’indulgenza sarebbe ristretta alle sole pene canoniche; che non si può applicare alle anime del Purgatorio; che non esiste il tesoro della Chiesa (il tesoro dei meriti di Cristo e dei Santi) e che non esiste il potere del Papa di elargirle. Segue poi l’invito alla ribellione contro il Papa.
L’errore commesso dal Papa e dei vescovi fu di ritardare il processo di Lutero, di non presentare nel decreto sulle indulgenze la formale condanna di tutti gli errori della sua dottrina e infine di essere ricorsi alla diplomazia e alla politica per una soluzione che chiedeva il ricorso alla fede e alla dottrina. Le tesi si diffusero rapidamente in Germania suscitando impressione soprattutto negli ambienti intellettuali: a partire dal 1517 la vicenda di Lutero si vincola sempre più alle vicende politiche. Il riformatore per evitare l’arresto a seguito della condanna da parte di Roma fuggì con l’aiuto del principe elettore di Sassonia.
Leone X emanò un decreto che spiegava la dottrina cattolica sulle indulgenze ordinando che fosse diffuso in Germania, ma i mezzi di diffusione dei cattolici non erano gli stessi di quelli di Lutero e dei suoi seguaci. Per motivi politici il Papa ritardò il processo di Lutero e ciò fu fatale poiché il riformatore si rafforzò e i suoi scritti si diffusero. La bolla di condanna Exsurge Domine venne emanata senza indugio: essa conteneva le 41 proposizioni erronee degli scritti di Lutero ma lo spirito antipapale cresceva i vescovi esitavano.
Lutero bruciò sulla pubblica piazza la Bolla. In guerra aperta contro Roma ormai il suo movimento era salutato con simpatia in Germania e molti umanisti si erano messi al suo seguito: tra questi Melantone divenne il teologo del luteranesimo pubblicando un’esposizione delle fondamentali dottrine di Lutero con formule molto elastiche.
Leone X a questo punto scomunicò Lutero i suoi seguaci con la bolla Decet Romanum Pontificem del 1521; l’imperatore Carlo V, deciso ad eseguire la condanna, trovò opposizioni nei Principi; in particolare il Principe di Sassonia lo fece “ rapire” e lo nascose per 10 mesi al castello di Wartburg. L’imperatore allora condannò Lutero al bando dall’Impero, ordinò che fossero bruciati tutti i suoi scritti mentre il riformatore nel suo rifugio iniziò la traduzione della Bibbia in tedesco, potente mezzo di diffusione delle sue idee, e pubblicò libelli dichiarando idolatria il sacrificio della messa, condannò la vita religiosa e invitò i religiosi ad abbandonare i conventi; con i suoi scritti conquistava l’anima del popolo tedesco.
Quella di Lutero fu una natura fortemente religiosa e profondamente cristiana: egli si attenne in modo essenziale ad una predicazione aderente alla lettera della Sacra Scrittura. Bisogna separare le sue istanze religiose dalle formulazioni teologiche con cui egli le rivestiva, spesso non adeguate e neppure unitarie. Partendo dal punto che gli stava maggiormente a cuore, la giustificazione per la sua fede, nessuna strada teologicamente convincente porta al suo rifiuto della Chiesa gerarchico-sacramentale.
La sua dottrina fondamentale sostiene che nulla serve nel processo salvifico se non attraverso Dio, attraverso la sua grazia quindi attraverso la fede; questa è dottrina del tutto cattolica. Anche altre formulazioni riguardanti il peccato che rimane permettono benissimo un’interpretazione cattolica.
La risposta che Lutero trova nella Bibbia lo portò fuori dalla Chiesa cattolica sicuramente perché ha interpretato male testi decisivi della Scrittura: nel caso della giustificazione la Chiesa gli offriva quella soluzione che cercava, ma non la riconobbe. Senza dubbio essa non rappresentava una grandezza primaria nella sua coscienza; la sua essenza e la sua funzione non gli erano chiare e questa colpa va addebitata al passato della stessa. Infatti essere cristiano vuol dire accettare la rivelazione dalle mani della Chiesa ma l’evoluzione cattolica aveva diviso la realtà Chiesa in varie accezioni: come rappresentazione gerarchica e realistica; come rappresentazione pratica nell’amministrazione nella predicazione e nel culto; come movimento conciliare.
Era difficile riconoscere l’unica realtà sotto rappresentazioni così diverse. La Chiesa concreta si nutriva poco direttamente della Parola di Dio ed è comprensibile che Lutero non scoprisse il nesso vitale tra la Chiesa che insegna con autorità e la scrittura. Nella dottrina della giustificazione l’istanza religiosa è cattolica; diviene eretica solo a causa di una interpretazione unilaterale della sola finestra in rapporto al rifiuto del sacerdozio sacramentale e della gerarchia. In ultima analisi si può affermare che Lutero era pieno di zelo per la gloria di Dio.
Veronica Tulli
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