La pizza italiana riconosciuta Patrimonio Immateriale dell’Umanità
Il 17 gennaio si è celebrata la Giornata mondiale della pizza. La festa è stata istituita nel 2017 quando l’Unesco ha inserito “l’arte del pizzaiolo napoletano” e dunque la pizza napoletana nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Questa data è stata scelta perché vi cade la festa di Sant’Antonio abate, il patrono dei pizzaioli. Secondo un’antica usanza napoletana, in tale giorno essi chiudevano le loro attività, si riunivano e accendevano un falò di ringraziamento per il loro santo protettore.
Secondo la motivazione ufficiale, “il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto, esibirsi e condividere, è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale»
Il primo riconoscimento, che di fatto ha anticipato la dichiarazione de “l’arte del pizzaiolo napoletano” Patrimonio Unesco, è datato 5 febbraio 2010. In tale data la Commissione dell’Unione europea varò un regolamento per disciplinare la produzione della pizza napoletana nel mondo, riconoscendola ufficialmente Stg. Questo marchio di origine che sta per Specialità tradizionale garantita viene usato per tutelare determinati prodotti tipici la cui preparazione richiede precisi metodi di produzione.
Il regolamento ha rappresentato un primo vero approccio scientifico alla tradizione napoletana che ha reso famosa la pizza in tutto il mondo. Ha stabilito regole e vincoli da tenere in considerazione durante la preparazione, per garantire il rispetto assoluto della tradizione culinaria napoletana.
“La pizza napoletana Stg si presenta come un prodotto da forno tondeggiante, con diametro variabile che non deve superare 35 cm, con il bordo rialzato (cornicione) e con la parte centrale coperta dalla farcitura. Quest’ultima sarà spessa 0,3 cm, il cornicione 1-2 cm. Nel suo insieme sarà morbida, elastica, facilmente piegabile a libretto. Caratterizzata da un cornicione rialzato, di colore dorato, proprio dei prodotti da forno, morbida al tatto e alla degustazione, da un centro con la farcitura, dove spicca il rosso del pomodoro, cui si è perfettamente amalgamato l’olio e, a seconda degli ingredienti utilizzati, il verde dell’origano, il bianco dell’aglio, il bianco della mozzarella a chiazze più o meno ravvicinate, il verde del basilico in foglie, piò o meno scuro per la cottura”.
“Il prodotto si presenta morbido al taglio, dal sapore caratteristico, sapido, derivante dal cornicione, che ha il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro, all’aroma, rispettivamente, dell’origano, dell’aglio o del basilico, e al sapore della mozzarella cotta. La pizza, alla fine del processo di cottura, emanerà un odore caratteristico, profumato, fragrante“.
Nel 2016 a Napoli è andato in scena uno spettacolo che ha portato l’Italia ad essere iscritta nel registro dei Guinness. In quell’anno, infatti, è stata realizzata la pizza più lunga del mondo. Per l’occasione sono stati appositamente progettati e realizzati cinque forni a legna che hanno cotto ben 1853, 88 metri di pizza!
Le prime pizzerie sono nate a Napoli e la pizza era un prodotto esclusivo della città. Essa aveva una funzione sociale e un vantaggio pratico, secondo quanto affermò anche lo scrittore Alessandro Dumas durante la sua visita nella Capitale campana nel 1835. Era una vera e propria arte da un punto di vista sia gastronomico che sociale: “l’arte dello stare insieme”, così come la definivano, era una soluzione economica al problema della fame. Sfamava velocemente, in modo sano e completo. E per farla occorrevano pochi ingredienti: farina, acqua, lievito e sale. Da un lato quindi risolveva facilmente il problema della scarsità di cibo e dall’altro chi non aveva lavoro si reinventava pizzaiolo.
Si racconta che in occasione della visita dei Savoia a Napoli nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito omaggiò la Regina Margherita con una classica pizza rossa cui aggiunse la mozzarella e il basilico per celebrare il tricolore italiano. Dopo i primi del Novecento da Napoli dapprima si diffuse in tutta Italia e grazie agli emigrati in tutto il mondo. Ogni Nazione ha creato una sua pizza preferita che varia in base alla cucina tradizionale. Si pensi per esempio alla Colombia dove la più popolare è quella hawaiana con prosciutto e ananas. Oppure agli Stati Uniti che prediligono quella con i pepperoni, un tipico salamino piccante, paragonabile alla diavola italiana, e che deve il suo nome alla storpiatura del termine peperone inteso come piccante.
La pizza è uno dei cibi cardine della cucina italiana e della dieta mediterranea, per il suo profilo nutrizionale bilanciato. Il frumento dell’impasto apporta carboidrati, la mozzarella fornisce le proteine, l’olio d’oliva offre il giusto quantitativo di grassi mono e polinsaturi, mentre il pomodoro è un’ottima fonte di antiossidanti. È oggi uno dei prodotti più consumati nel mondo, perfetta combinazione di materie prime, maestria artigiana, esperienza e tradizione.
Durante la Giornata mondiale della pizza se ne mangiano un po’ tutti i tipi, dalle più tipiche, come la marinara o la margherita, a quelle dai gusti più stravaganti, come la farcita di ananas. La preferita rimane sempre quella tonda tradizionale cotta a legna nonostante stiano crescendo le “gourmet”.
Le iniziative quest’anno, organizzate dall’Associazione verace pizza napoletana (Avpn), sono state tante: eventi online, variazioni della ricetta originaria, difesa della tradizione italiana e pizze folli sfornate all’estero. In occasione dell’evento si è addirittura tenuta una sorta di maratona virtuale di 24 ore in diretta streaming Facebook e Instagram alla quale si sono collegati oltre 150 Paesi da tutti i continenti. E 22 le masterclass in diretta da 14 Paesi in 10 lingue diverse per raccontare uno dei prodotti più diffusi e conosciuti. Tra le iniziative era presente anche una masterclass speciale nella lingua dei segni.
La giornata è stata caratterizzata da tanti momenti emozionanti a partire dall’accensione del fuoco, per proseguire con le masterclass. Da ricordare quella dalla Polonia, nel corso della quale i maestri pizzaioli locali hanno sfornato decine di pizze per una iniziativa di carità. La giornata ha dato anche l’occasione alla Vice Presidente del Consiglio Comunale di Napoli Flavia Sorrentino di comunicare che il consiglio si è espresso positivamente sulla richiesta di posizionare la statua del Maestro Lello Esposito (opera celebrativa della pizza e dell’arte del pizzaiuolo napoletano) in una piazza di Napoli.
L’Associazione verace pizza napoletana per la prossima edizione del 2024 ha già ideato il “Progetto Pizze Sospese” che avrà l’obbiettivo di garantire almeno 50 mila pizze, da distribuire nelle diverse pizzerie coinvolte nella maratona, a chi ne avrà bisogno, per rendere la giornata indimenticabile anche per i meno fortunati.
Veronica Tulli
Foto © Kenwood Club