Cosa mangiava l’homo erectus due milioni di anni fa
Procurarci la cena non è probabilmente in cima alla lista delle nostre priorità; eppure, la maggior parte delle creature viventi è costantemente affamata e impegnata nella ricerca di calorie e alimenti nutritivi. In aggiunta, gli animali hanno anche bisogno di trovare un compagno per riprodursi e di evitare di venire divorati a loro volta, ma la lotta per l’esistenza spesso è una lotta per il cibo, e fino a poco tempo fa la stragrande maggioranza degli esseri umani non faceva eccezione. Consideriamo inoltre che procurarsi il cibo diventa un’attività ancora più faticosa in concomitanza di cambiamenti drastici dell’habitat, quando gli alimenti di cui ci si nutre abitualmente scarseggiano o scompaiono del tutto.
Ancora oggi siamo preoccupati dei cambiamenti climatici e di come questo possa influire sulla nostra vita. Riuscire a procacciarsi cibo a sufficienza, nonostante i cambiamenti del clima su scala globale, è stata una delle cause scatenanti dell’avvento degli esseri umani. Immaginiamo di essere un ominino affamato di circa 2 milioni e mezzo di anni fa, di vivere in un mosaico di boschi e praterie in continuo cambiamento e di domandarci che cosa possiamo mangiare. Che cosa fareste se i vostri cibi preferiti, come la frutta, iniziassero a scarseggiare? Una soluzione, che, come abbiamo visto, fu adottata dagli australopitechi robusti dalle grosse facce e dai denti enormi, fu quella di concentrarsi ancora più intensamente su cibi coriacei sempre più abbondanti come le radici, i tuberi, i bulbi e i semi. Questi ominidi probabilmente trascorrevano gran parte del tempo masticando faticosamente, senza fare nient’altro.
Fortunatamente per noi, a quanto pare, la selezione naturale ha favorito anche una seconda strategia per affrontare i cambiamenti degli habitat, anch’essa straordinaria: la caccia e raccolta. Questo stile di vita innovativo richiedeva di continuare a raccogliere i tuberi e altre piante, ma incorporava diversi nuovi comportamenti trasformativi, tra cui mangiare più carne, usare strumenti per estrarre e lavorare gli alimenti e collaborare intensamente per condividere il cibo. L’era glaciale accelerò l’evoluzione del sistema di caccia e raccolta, e dei relativi corpi moderni, in molte specie arcaiche di homo; tra tutti, il caso più importante è quello di homo erectus. Esso è comparso per la prima volta in Africa circa 1,9 milioni di anni fa e poi, rapidamente, cominciò a diffondersi in tutto il mondo.
La nuova strategia evolutiva della caccia e della raccolta è composta da quattro componenti essenziali: 1 raccogliere gli alimenti vegetali, 2 cacciare la carne, 3 collaborare intensamente e 4 preparare il cibo. Negli habitat africani in cui vivevano i primi esemplari di homo erectus, gli alimenti vegetali sicuramente contribuivano alla maggior parte della dieta, probabilmente per il 70 per cento o anche più. In una foresta pluviale, l’homo erectus copriva a piedi una distanza di almeno 6 chilometri, per trovare e poi estrarre i cibi per renderli digeribili. I cibi estratti, infatti, richiedono di accedere alle parti della pianta più ricche di elementi nutritivi, spesso protette dalla terra, come i tuberi, o da un guscio duro, come le noci e simili, o difese da una tossina, come molte bacche e radici. I cacciatori-raccoglitori africani, in genere, si cibano di decine di piante diverse, molte delle quali stagionali, difficili da trovare e laboriose da estrarre. Gli organi di riserva sotterranei, per esempio, costituiscono una vasta percentuale della dieta di molti cacciatori-raccoglitori africani, ma un singolo tubero richiede da dieci a venti minuti per essere cavato dal terreno, con grande fatica e spesso dovendo rimuovere grossi sassi che intralciano la via; infine, è laborioso da pestare o da preparare, azioni indispensabili per renderlo digeribile.
Il vantaggio insito nella scelta di cibarsi di piante consiste nel fatto che è possibile prevedere in modo affidabile dove trovarle, che sono spesso relativamente abbondanti e che non scappano via. Un grosso svantaggio di una dieta vegetale, soprattutto se si tratta di piante non coltivate, è che hanno un alto contenuto di fibre non digeribili e una bassa densità nutritiva. Una femmina di homo erectus di 50 chili avrebbe avuto bisogno di circa 1800 calorie al giorno soltanto per il proprio fabbisogno, e di altre 500 calorie aggiuntive se era incinta oppure allattava, condizioni in cui probabilmente si trovava per la maggior parte del tempo. Con ogni probabilità aveva bisogno almeno di 1000 o 2000 calorie aggiuntive al giorno per i figli più grandi, già svezzati ma non ancora in grado di procurarsi da soli il cibo. Sommando tutti questi fattori, avrà avuto bisogno di circa 3000-4500 calorie al giorno.
Per risolvere questo deficit nutrizionale dovevano procurarsi energia aggiuntiva da altre fonti. Una di queste era la carne. Non sappiamo quanta ne mangiassero, ma possiamo ipotizzare che costituisse circa un terzo della dieta di un cacciatore-raccoglitore nella fascia tropicale e che nei climi temperati fossero consumati quantità di pesce e di carne ancora maggiori. In aggiunta, i cacciatori-raccoglitori devono aver desiderato ardentemente la carne per una buona ragione: una bistecca di antilope contiene cinque volte più energia di una massa equivalente di carote, e lo stesso vale per le proteine e i grassi essenziali. Altri organi come il fegato, il cuore, il midollo e il cervello forniscono elementi nutritivi fondamentali come il grasso, ma anche il sale, lo zinco, il ferro eccetera. Si tratta in definitiva di un alimento particolarmente ricco.
La carne è stata una componente importante della dieta umana sin dall’avvento dei primi membri del genere homo, ma la caccia era probabilmente riservata ai maschi. È difficile pensare che le femmine, incinte o che allattavano, fossero in grado di cacciare e procurarsi il cibo con regolarità, soprattutto se dovevano prendersi cura dei neonati. Possiamo dunque desumere che l’inizio del consumo di carne coincise con una divisione del lavoro in cui le femmine raccoglievano e gli uomini, oltre a raccogliere, cacciavano e andavano in cerca di cibo. Una pietra miliare di questa antica divisione del lavoro è la condivisione del cibo. È molto raro che gli scimpanzé maschi condividano il cibo, e non lo condividono mai con i propri discendenti.
I cacciatori-raccoglitori invece si sposano, e i mariti investono molto sulle proprie mogli e sui propri figli fornendo loro cibo. Un cacciatore può procurarsi tra 3000 e 6000 calorie al giorno, più del minimo necessario per sfamare sé stesso e la propria famiglia. Sebbene i cacciatori dividano la carne di grosse battute di caccia con tutto il campo, la parte più grossa e pregiata è riservata alla propria famiglia. A questo si aggiunga il fatto che i maschi cacciano più frequentemente quando hanno mogli con figli piccoli, che devono essere allattati e curati intensamente. I maschi, a loro volta, spesso dipendono dalle piante raccolte dalle compagne, soprattutto quando tornano a casa affamati dopo una battuta di caccia lunga e infruttuosa. I primi cacciatori-raccoglitori avrebbero tratto un tale giovamento dalla condivisione del cibo che è difficile immaginare come sarebbero potuti sopravvivere senza che sia i maschi sia le femmine provvedessero gli uni alle altre e collaborassero tra loro.
La condivisione del cibo, per di più, non si verifica soltanto tra compagni e tra genitori e figli, ma anche tra membri di un gruppo, evidenziando l’importanza fra i cacciatori-raccoglitori di un’intensa collaborazione sociale. Una forma basica di cooperazione è la famiglia allargata. Studi condotti su società di cacciatori-raccoglitori mostrano che le nonne, molto abili a procurarsi il cibo grazie all’esperienza, e spesso prive del carico di bambini piccoli, forniscono alle madri cospicue quantità di cibo, così come fanno le sorelle, le cugine e le zie. Secondo alcuni, le nonne sono così importanti che le femmine umane sarebbero state selezionate per vivere oltre l’età fertile proprio per aiutare le proprie figlie e nipoti. Talvolta anche i nonni, gli zii e altri maschi si rendono utili. La condivisione e altre forme di collaborazione si estendono anche oltre le famiglie.
Quando un cacciatore uccide una bestia di grosse dimensioni, come un’antilope, che pesa diversi quintali, distribuisce poi la carne a tutti i membri del campo. Questo tipo di condivisione non deriva soltanto da un desiderio di essere gentili e di evitare gli sprechi; è una strategia vitale per ridurre il rischio di soffrire la fame, perché le probabilità di uccidere un grosso animale, ogni giorno, sono molto poche. Oggi riteniamo l’avarizia e l’egoismo dei peccati, ma nel mondo molto collaborativo dei cacciatori-raccoglitori rifiutarsi di condividere ed essere poco propensi alla collaborazione può fare la differenza tra la vita e la morte. La collaborazione di gruppo è stata probabilmente una pietra miliare delle società di cacciatori-raccoglitori per oltre 2 milioni di anni.
L’ultima componente essenziale del sistema di caccia e raccolta è la preparazione del cibo. Gran parte dei vegetali di cui si cibano i cacciatori-raccoglitori è difficile da estrarre, dura da masticare e sgradevole da digerire. Se i primi membri del genere homo avessero avuto bisogno di mangiare grandi quantità di piante selvatiche non lavorate, avrebbero dovuto nutrirsi come gli scimpanzé, trascorrendo metà del tempo masticando e riempiendosi lo stomaco di cibi ricchi di fibre e l’altra metà aspettando che lo stomaco si svuotasse in modo da poter ricominciare da capo.
La carne, sebbene più nutriente, era anche una sfida, perché i primi membri del genere homo, non erano in grado di tagliare le dure fibre della carne e quindi non restava che masticare per tempi lunghissimi. Se i primi cacciatori-raccoglitori avessero masticato soltanto cibi crudi e non lavorati, come le scimmie antropomorfe, non avrebbero avuto abbastanza tempo per fare i cacciatori-raccoglitori. Per quanto la carne sia molto dura da masticare quando è cruda, diventa molto più facile da mangiare e digerire se prima la si taglia a pezzettini. La lavorazione del cibo fa miracoli anche sui vegetali. La forma più semplice di lavorazione frantuma le pareti cellulari e altre fibre non digeribili, rendendo più facile masticare anche la più dura delle piante. In aggiunta, l’uso di strumenti di pietra per tagliare e pestare cibi crudi come i tuberi o le bistecche aumenta sostanzialmente la quantità di calorie apportata ad ogni morso perché il cibo che è stato frantumato prima di essere consumato viene digerito più facilmente. Non dovrebbe sorprenderci, pertanto, che gli studi sui più antichi strumenti di pietra mostrino che alcuni venivano usati per tagliare la carne e che la maggior parte era utilizzata per tagliare i vegetali. Le persone hanno iniziato a preparare il cibo nel momento in cui hanno iniziato a cacciarlo e a raccoglierlo.
Se raccogliamo tutti questi elementi, possiamo concludere che la prima specie del genere umano risolse il problema di “che cosa c’è per cena?” in un periodo di cambiamenti climatici di tutto rispetto grazie a una strategia radicale ed efficace. Anziché mangiare più alimenti di bassa qualità, questi progenitori diventando cacciatori-raccoglitori trovarono il modo di procurarsi, preparare e mangiare maggiori quantità di cibo di alta qualità. Questo stile di vita ha richiesto di percorrere ogni giorno lunghe distanze per procurarsi il cibo e talvolta per cercarlo o cacciarlo. Il sistema di caccia e raccolta, in aggiunta, ha prodotto un’intensa collaborazione e l’utilizzo di una tecnologia, per quanto semplice.
Nicola Sparvieri
Foto © Interris.it