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Le oasi nel deserto

Le oasi sono aree ricoperte di vegetazione in territori desertici che diventano insediamenti umani. La vegetazione si deve alla presenza di acqua che può affiorare direttamente in superficie dando vita a bacini o può permeare gli strati più superficiali del sottosuolo che vengono raggiunti dalle radici delle piante. In tal caso le macchie verdi di vegetazione sarebbero estese senza evidenti bacini di acqua che a sua volta, per essere raggiunta dall’uomo, richiede lo scavo di qualche metro sotto terra.

Le oasi possono essere naturali, nel senso che l’acqua arriva in superficie naturalmente. Oppure possono essere artificiali, perché l’uomo ha scavato pozzi o altri impianti per raggiungere l’acqua sotterranea e portarla in superficie, intervenendo tra l’altro sulla vegetazione. In questi casi infatti ha potuto impiantare specie adatte a sostentare eventuali insediamenti, prime tra tutte le palme da dattero.

Le oasi possono essere grandi da qualche centinaio di metri quadrati fino a centinaia di chilometri quadrati, come per esempio Siwa in Egitto che misura 10 km di lunghezza e 8 km di larghezza. Le zone in cui sono presenti il maggior numero di oasi sono il Sahara, la penisola arabica e alcune regioni dell’Asia centrale aride e desertiche, nonché alcune zone dell’America latina, come Huacachina in Perù.

La presenza di queste aree in mezzo al deserto è una realtà affascinante. Sebbene questo si presenti come una distesa di sabbia ed è caratterizzato dall’assenza di acqua in superficie, è comunque interessato da precipitazioni, quantunque non abbondanti. Vi sono però alcune zone dove l’acqua si accumula in falde sotterranee e poi sgorga in superficie.

Da un lato dunque c’è il fenomeno delle piogge e dall’altro c’è la presenza di acqua al di sotto della terra desertica che può provenire anche da centinaia di chilometri di distanza. Infatti geologicamente tutti i tipi di terreni presentano uno strato di roccia che può essere più o meno porosa e più o meno permeabile. La porosità consente l’assorbimento dell’acqua perché all’interno le rocce presentano pori; e le rocce possono essere di tipo permeabile cioè che si lasciano attraversare dall’acqua. Le falde acquifere si formano proprio in queste rocce sotterranee che contengono acqua e che possono essere definite rocce serbatoio.

Due sono le modalità di formazione di un’oasi nel deserto. Nel primo caso, definibile artesiano, la presenza dell’oasi è dovuta ad una concomitanza tra la morfologia del territorio fatto di monti, valli ed erosioni e la geometria e disposizione degli stati rocciosi. In profondità le rocce stratificate in modo inclinato, possono essere frastagliate e fagliate. Le rocce serbatoio si estendono all’interno di questo percorso limitato a livello superiore e a livello inferiore da rocce stratificate impermeabili: l’acqua viaggia lungo questo strato compreso tra due strati impermeabili che premono sia da sopra che da sotto.

La pressione che anima il corso dell’acqua all’interno, nei punti in cui si avvicina alla superficie, la spinge all’esterno, formando l’oasi. Questa situazione geologica prende il nome di falda artesiana e quando si è in presenza di una falda artesiana che produce pressione è sufficiente bucare il terreno fino allo strato che contiene l’acqua: essa tenderà a salire da sola in alto lungo lo scavo, fino alla superficie perché spinta dalla pressione interna. Questo è il pozzo artesiano.

Nel secondo caso di formazione dell’oasi, l’acqua si infiltra nel terreno fino ad incontrare uno strato impermeabile; quindi la falda che si viene a creare è libera, non in pressione. Il terreno del sottosuolo è pieno di acqua e nel luogo in cui la topografia è più bassa del livello della falda, l’acqua si ritrova ad essere in superficie. Se l’area intorno è formata anche da alture, allora l’acqua si infiltra nel sottosuolo e viene convogliata in una zona centrale dove la topografia è più bassa rispetto alle zone circostanti. Essendo il livello della falda superiore alla superficie del terreno, l’acqua spunta da sola in superficie. Questa è una falda freatica, libera, non in pressione. Questo secondo caso di oasi è definibile freatico.

Nell’antichità le oasi erano rifugi naturali per le popolazioni nomadi del deserto; molte di esse si sono poi sviluppate in centri abitati di piccole e medie dimensioni, circondati da coltivazioni e molto produttive, spesso caratterizzate da fortificazioni di difesa. Le carovane vi si fermavano come tappe obbligate per fare rifornimento; questi luoghi hanno reso possibile anche lo sviluppo del commercio.

Le oasi sono ancora oggi numerose; l’insediamento umano ha elaborato sistemi di captazione e gestione idrica ed ha realizzato un paesaggio di culture in cui le piante da dattero sono piantate meticolosamente e dove vengono realizzate addirittura dune artificiali protettive.

I giardini ricchi di alberi da frutto vengono protetti dalle palme da dattero che hanno un elevato sviluppo verticale e ombreggiano gli alberi da frutto più bassi. Gli alberi da frutto a loro volta realizzano un ambiente più adeguato per la coltivazione di verdure e talvolta anche di cereali. Ovviamente ci sono anche sistemi di minimizzazione della dispersione idrica e sistemi di utilizzo efficiente dell’acqua disponibile.

Le case sono in genere ad un solo piano, con un tetto piatto e sono costruite con mattoni di argilla che vengono lasciati essiccare al sole.

Alcune oasi hanno però sofferto per i cambiamenti climatici e sopravvivono grazie al turismo, sia come mete per attività sportive come sandboarding e percorsi per dune buggy e sia come spa.

Veronica Tulli

Foto © SiViaggia

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