Skip to main content

Ashes: la rinascita dei Phoenixborn

Un gioco di carte per la nostalgia di quando Magic (MtG) era ancora un gioco e non un business.

Ashes la rinascita dei Phoenixborn é un esempio di come fare di meglio partendo da Magic The Gathering (MtG) ma allungando il titolo a dismisura, tanto da sembrare uno scioglilingua inglese.

L’ambientazione è semplice, i maghi coinvolti nel gioco hanno scongiurato la distruzione del mondo distruggendo mostruose chimere, invece di passare il resto della loro vita a divertirsi e a meditare sugli errori del passato cominciano a sentire il desiderio di uccidersi tra di loro (bentornato Highlander!) per riunire il potere che gli é rimasto dopo lo scontro con queste creature imprecisate      (come espressione del concetto: non aprire troppo quel portale o ti ritrovi a Eon’s End).

I materiali nella bellissima scatola sono ottimi, la resistenza delle carte é nella norma ma la cosa che davvero splende in un gioco di carte sono i dadi personalizzati (secondo la formula: 1 faccia rara 3 facce non comune e 2 facce comuni) e facilmente discernibili che rendono il gioco entusiasmante, si consiglia la versione italiana essendoci molto testo da leggere sulle carte, questi dadi vanno a sostituire le carte mana rispetto ai giochi di carte collezionabili come Magic  the Gathering o i suoi cloni.

Per ciò che concerne la grafica la Plaid Hat Games ha fatto dei passi da gigante rispetto al suo Summoner Wars (che rimane comunque un buon gioco di strategia e tattica) con immagini stupende dove splendono personaggi e gregari dall’aspetto sempre ben diverso gli uni dagli altri e dove l’elemento fantasy ti porta sempre a dire che ogni singolo mazzo è ben caratterizzato, i colori partono sempre da un placido sfondo bianco che risulta essere molto rilassante per gli occhi e che rende ben chiara l’immagine che i creatori e soprattutto i disegnatori del gioco hanno voluto dare di un determinato personaggio, creatura o potere.

Nel regolamento inoltre é fondamentale il glossario finale che spiega alcune meccaniche che sia per originalità sia per il fatto che in Mtg alcune abilità sono chiamate diversamente risulta veramente pratico e leggibile.

Il gioco in sostanza si basa su un mazzo di trenta carte, uguali a tre a tre, per cui di dieci tipi in totale, la carta del Phoenixborn e un mazzetto di creature da evocare. Ogni mago ha dieci dadi che hanno una corrispondenza con le sue carte, i dadi come dicevo sono il mana che si spende per giocare carte dalla mano, la bellezza del gioco è anche il fatto che il giocatore (non lo chiamo più Phoenixborn perché mi si inceppa la lingua in un chiaro caso di dislessia da lingua anglosassone) sceglie la sua mano iniziale tra 5 carte del suo mazzo di carte, finito il mazzo si perde punti ferita fino a che uno o l’altro mago perde la partita.

La partita procede in senso orario e ogni giocatore può fare un’azione principale e una azione secondaria (se avessero messo anche una terza azione, la gratuita, avrebbero copiato pari pari il regolamento di Dungeons & Dragons nella versione 3.5). Il round finisce quando tutti passano e si rigenerano i dadi e si cureranno in parte le creature per il turno successivo dove si alterneranno di nuovo i due giocatori partendo da chi non era stato il primo giocatore nel turno precedente.

Vediamo per esteso cosa si può fare con i due tipi di azione:

Azione Principale: giocare una carta, attaccare l’avversario o una sua unità, usare le abilità più potenti di alcune carte, passare il turno.

Le magie giocate si mettono in una fila specifica e così le creature evocate che vanno collocate in un’altra fila, la cosa bella del gioco è in parte il fatto che ogni mago ha un suo ben specifico numero di caselle per incantesimi e per le creature nonché un determinato numero di punti vita esauriti i quali ovviamente perde la partita (strizzando in un certo senso l’occhio ai Planeswalkers di MtG). Le unità che hanno attaccato sono marchiate dal simbolo di esaurito fino al turno successivo dove possono attaccare o compiere altre azioni e recuperato un numero ben specificato di punti vita all’inizio del turno.

Azione secondaria: l’azione secondaria sono una serie di azioni minori che si possono compiere sia con i dadi, sia con i maghi o le altre carte in tavola

Il concetto fondamentale alla base del gioco è che i simboli più rari sui dadi del mana servono per le abilità più potenti (secondo un’interessante scala: 1 lato raro 3 lati intermedi, 2 lati peggiori).

La scalabilità del numero dei giocatori è una delle debolezze del gioco perché Ashes risulta perfetto per due giocatori mentre invece i tre o i quattro scritti sulla scatola risultano scarsamente giocabili anche quando si impongono regole come l’attacco solo su una determinata direzione (sinistra) e soprattutto per i tempi morti se si vuole giocare in 4 giocatori, questo succede anche ai primi turni del gioco anche se bisogna dire che sono relativamente veloci.

La giocabilità è invece ben garantita dal fatto che nel gioco base danno ben sei maghi da giocare con le opzioni per il draft dando al gioco una rigiocabilità infinita, figuriamoci poi con le espansioni; per contro già nel gioco base si nota che alcuni dei mazzi precostituiti risultano molto OP (Overpowered, ovvero sbilanciati in termine di potere) rispetto agli altri. Io l’ho notato con alcuni poteri che sono potenziabili oppure non lo sono spendendo i mana di rango intermedio o basso e che possono fare la differenza tra vittoria e sconfitta in determinate partite o contro alcune evocazioni o creature manifestate.

Ashes la rinascita dei Phoenixborn prende a piene mani da Magic, ma l’originalità rispetto a Magic c’è e si vede, l’idea che non ci sia per niente mana cartaceo in questo gioco e il fatto che sia sostituito da dadi personalizzati è il primo punto di interesse che ho avuto nel gioco, il mana come risulta studiato da Richard Garfield per MtG risultava invece già fallace quando giocavo alle prime edizioni del gioco portando auna formulazione di mulligan sempre più efficace e non invidio chi gioca adesso con tre o più fazioni delle 5 nei mazzi Commander al giorno d’oggi. Apprezzabile a questo proposito il tentativo che avevano fatto in quello che era stato un semplicistico (in senso positivo) clone di Magic ovvero nel gioco Spellweaver (purtroppo solo online e abbandonato dagli sviluppatori) di permettere di andare a cercare del mana qualora capitasse una mano particolarmente sfortunata da questo punto di vista. In Ashes questa dinamica è completamente superata in quanto il mana scorre per la sua strada e lo fa attraverso dei dadi che rendono il gioco un buon connubio tra carte e dadi e questo accende due delle mie tre lampadine di giocatore (miniature dove siete?). Altra dinamica che spezza il ritmo rispetto a Magic è anche il fatto che le creature più potenti sono fuori dal mazzo normale e fanno parte delle evocazioni, in questo modo non ci si ritrova col mazzo ingolfato da creature troppo difficili da evocare nei primi turni.

Stupendo infine il poter scegliere la mano iniziale di 5 carte con cui giocare rafforzando la presa strategica del gioco rispetto a MtG: questa risulta una scelta tattica innovativa per il gioco, forse la migliore. Questa dinamica non sarebbe nemmeno possibile in MtG per le troppe combinazioni che ucciderebbero l’avversario nel primo round e che rendono il capostipite dei giochi di carte moderni il più classico dei pay to win (vedi la vecchia combo: mana black lotus channel fireball dei vecchi tempi)

I Punti di forza sono anche i punti di debolezza di questo gioco: il fatto che ogni mazzo abbia 10 carte in tre copie rende la maggior parte dei deck facilmente memorizzabili, l’utilizzo della scelta delle carte iniziali (con tanto di indicazione per i vari mazzi su come iniziare con ogni mago) denota un profondo studio della strategia e della tattica nel gioco ma soprattutto del controllo delle situazioni che gli sviluppatori hanno provato a dare del gioco condensato in 30 semplici carte di ogni mazzo.

Per ultimo va detto che alla Plaid Hat Games si sono accorti che alcune carte risultavano troppo deboli rispetto ad altre e hanno fatto una versione modificata del gioco con tanto di kit di aggiornamento per chi (come me) ha la vecchia edizione : purtroppo dette produzioni non sono state ancora localizzate in italiano e questo mi ha ricordato lo stress di quando giocavo a Magic con carte di ogni nazione, ma di cui almeno conoscevo a menadito il significato (oh dipendenti della Asmodee italia dateci un segno!). Non accetto al giorno d’oggi la mancata localizzazione di un gioco in quanto è facile dimenticare un gioco per quanto buono se non viene localizzato in tempi brevi. 

 

Foto La tana dei Goblin              Alessandro P. Benini                                        ©Francesco Spuntarelli