Vladimir Putin e Yevgeny Prigozhin
Subito dopo l’ammutinamento del gruppo Wagner una cosa è indubbia: non è vero che Putin o Biden sapessero alcunché di quello che stava per succedere in Russia. Il capo del gruppo armato Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha fatto la sua mossa nel segreto più assoluto ed è ancora a capo del gruppo Wagner.
Perché l’ha fatto? A questo punto si fanno tutte le ipotesi. Che fosse in costante polemica con il Ministro della difesa russa è cosa certa, ma non si spostano 20.000 uomini e centinaia di carri armati per cambiare un singolo ministro, oltretutto un colpo di stato rimane tale indipendentemente da quanto nobile o giusto possa poi farlo credere il . Forse, l’ipotesi più realistica al giorno d’oggi è quella che Yevnev Prigozhin abbia deciso di opporsi alla decisione d’incorporare il gruppo Wagner nell’esercito russo, sottraendogli quell’autonomia che gli aveva permesso di operare indisturbato in tutto il mondo. Questo avrebbe decretato anche la fine del suo capo e non è cosa da poco se quel capo sei tu.
Ma i dubbi restano e sono molti sulla scacchiera della guerra con l’Ucraina.
Il gruppo Wagner è stato in prima linea nella battaglia per Bakmut ma Prigozhin ha accusato le autorità del suo paese ed ha detto più volte che marciava su Mosca per riportarvi la giustizia. Ma questo cosa potrebbe significare? Si vocifera di accordi segreti con i Bielorussi, con i Cinesi, e con lo stesso Putin, ma sono molto probabilmente chiacchiere: in realtà nessuno sa nulla. Resta il fatto che sia stata fatta una marcia delle colonne armate del gruppo Wagner da Rostov fin quasi dentro Mosca. Sono poi partiti degli elicotteri ma sono stati abbattuti, tanto che sembra che la compagnia Wagner ne abbia abbattuti 3 oltre che un aereo dell’areonautica russa.
Un Vladimir Putin pallido e teso ha parlato contro il tradimento di Prigozhin, ha lanciato un appello alla fedeltà e all’unità del popolo russo, ha detto le solite sciocchezze sulla storia del suo Paese, dovrebbe ricordarla meglio meglio visto che era lui a capo del K.G.B. quando il vecchio regime sovietico è crollato, e in seguito è sparito. Gli oligarchi a lui legati hanno preso i loro aerei personali e sono spariti anche loro. Il Ministro della difesa, oggetto delle veementi accuse di Prigozhin, non ha detto una parola. L’unico che ha fatto qualcosa è stato il sindaco di Mosca, che ha decretato un giorno di vacanza per tutti.
In attesa della guerra civile, era poi entrata in scena la Bielorussia di Lukashenko. Come partner internazionale Minsk vale quanto c’è nelle mie tasche: pochi centesimi. Lukashenko d’altro canto sa benissimo che se cade Putin in Bielorussia sarebbe il successivo ad essere eliminato dai giochi di potere in quanto deve buona parte del suo armamento dagli aiuti russi, nel frattempo interviene come mediatore ma ha messo la famiglia in salvo in Turchia.
Mentre faceva questo ha ottenuto qualche successo: il gruppo Wagner fa un passo indietro, lascia anche Rostov occupata, e scompare anche Prigozhin. Si dice che andrà in Bielorussia con tutti i suoi soldati. Ha deciso che vuole evitare un bagno di sangue tra russi: quest’affermazione, fatta da uno che si fregia del titolo de “Il Macellaio”, suona un po’ strano. Ora cerchiamo di capire cosa potrebbe accadere ma comunque vadano le cose il regime di Putin è messo in serio scacco.
Troppi errori, troppe minacce, troppa iattanza. Il regime è marcio e la Russia è per molti versi un Paese da terzo mondo che si fregia di un grande esercito sconfitto, tanto che sta diventando un amico scomodo anche per la Cina.
Dopo le severe minacce che ha subito come reagirà Putin? Con che faccia si ripresenta al popolo di tutte le Russie? Voleva essere l’emulo di Pietro il Grande e finirà come Vladimir il piccolo, potrebbe già essere molto se riesce illeso dal bunker. La storia è piena di buffoni tracotanti che poi fanno una squallida fine.
In un certo senso il salvataggio di Putin dipenda dall’amico bielorusso è un po’ curioso, Lukashenko cambia ruolo: da servo sciocco a mediatore essenziale. È ben vero che la sua sussistenza al potere dipende da quella Putin da cui il pensiero che sarebbe lui il successivo a cadere: Putin gli ha anche trasferito, a suo tempo, truppe ed armamenti nucleari. Per difendersi da chi? Nella geopolitica personale di Putin tutti sono nemici, tranne lui, Lukashenko e i Cinesi e forse il Brasile per gli accordi commerciali che li porterebbero ad avere una moneta comune, alleati questi ultimi due che, per fortuna, sono ancora fuori dal gioco e che sono molto perplessi sull’affidabilità del regime russo.
Prigozhin scompare anche lui. Con le sue truppe? Si tratta di circa 30.000 uomini, pesantemente armati. Altri 20.000 sono dispersi in varie parti dell’Africa, a comandare su popoli che non possono nulla contro i loro armamenti, il loro addestramento e la loro esperienza.
Che Andrebbe a fare il gruppo Wagner in Bielorussia? Sono possibili due ipotesi: la prima è che Putin non può tornare sui suoi passi perdonando Prigozhin e che lo faccia diventare il braccio armato di Lukashenko; la seconda è che si prepari uno sconfinamento della Wagner dal sud della Bielorussia contro il nord dell’Ucraina, schiacciando come una noce la resistenza di Kiev.
Questo significherebbe, però, l’allargamento del conflitto e il coinvolgimento di Minsk.
La Polonia e la NATO resterebbero a guardare? Difficile pensarlo.
Lo sfascio dell’esercito russo è un’occasione imperdibile per Zelenski che potrebbe approfittarne per lanciare le truppe addestrate in Occidente e rimaste al momento fuori dalla contesa. Con queste sarebbe forse possibile il tracollo l’armata russa.
È certo, però, che se si aprisse un altro fronte a nord, tutto cambierebbe. Le nuove divisioni dovrebbero essere impiegate contro la Wagner e i Russi provenienti dalla Bielorussia. L’attuale controffensiva ucraina perderebbe di mordente, dando tregua all’esercito russo impegnato nelle regioni del Donetz.
Se i comandi russi si rendessero invece conto che l’operazione speciale è, invece, una guerra vera e propria che stanno perdendo e non impiegassero truppe mercenarie o banditi usciti dalle patrie galere e arruolati in cambio della libertà, come dall’ultimo decreto in materia scritto di suo pugno da Vladimir Putin stesso, la guerra forse finirebbe presto.
Un attacco dalla Bielorussia, un’agguerrita resistenza a sud e una manovra di penetrazione offensiva dalla Trasnistria moldava verso Odessa metterebbero rapidamente fuori gioco le difese ucraine. Questo sarebbe possibile se da parte russa funzionassero la logistica, i rifornimenti, i trasporti, se l’esercito fosse motivato e, finalmente, se ci fosse una strategia diversa dai bombardamenti a tappeto e dalla guerra di posizione di mezzo secolo fa.
Gli Ucraini hanno buon gioco con rapidità di movimento, armamenti moderni e buone capacità logistiche. Inoltre, sono motivati e quindi hanno tutto ciò che manca agli avversari, tranne il numero. È questione di tempi e se non approfittano del momento, fra un paio di settimane la situazione potrebbe rovesciarsi a loro danno.
In conclusione, se non intervengono rapidamente fatti nuovi conclusivi, il conflitto è destinato ad allargarsi.
foto corriere del ticino, Euronews, Libero quotidiano ©Spuntarelli Francesco