Skip to main content

A colloquio con Eleonora Fani sull’aura contemplativa del genere sci-fi

IL RAPPORTO TRA EFFETTI SPECIALI ED EMPATIA

Una conversazione con Massimiliano Serriello

Girare un kolossal di fantascienza in Italia capace di congiungere i coefficienti spettacolari alle inquietudini filosofiche insite nell’aura contemplativa costituisce una sfida foriera di stimoli. Ma anche colma d’insidie. Il rischio di cadere dalle stelle alle stalle, in relazione all’arduo confronto con i capostipiti d’oltreoceano, non ha impedito all’arguta ed energica Eleonora Fani (nella foto) di andare avanti per la propria strada. Affrontando le multiple incombenze di produttrice, sceneggiatrice e attrice protagonista sulla scorta del peculiare mix di dedizione, estro ed entusiasmo. Il lungo processo d’incubazione che ha portato Creators – The Past nelle sale cinematografiche, in un momento storico a dir poco incerto per il mercato primario di sbocco della Settima Arte, le ha insegnato a trarre linfa persino dagli imprevisti sorti durante un intenso work in progress.

Insieme al regista Piergiuseppe Zaia (nella foto con Eleonora Fani) ha saputo unire le forze. Alla virtù di affidare alle note melodiche la densità lessicale, maturata attraverso l’abilità come autore di videoclip per cantanti di fama ed esperto concertista, corrisponde la passione per la scrittura dell’alacre interprete. In grado di far tesoro del patrimonio di conoscenze acquisito con la psicologia per approfondire l’ampia gamma di componenti introspettive conformi al valore dell’immaginazione. Il requisito primario della narrativa d’anticipazione.

Redigere a quattro mani il plot, partendo da uno spunto originario estraneo agli stilemi delle opere ambientate nello spazio interplanetario, è stata una bella faticaccia. Giacché frutto di cambiamenti, aggiustamenti, compromessi invisi da chi avverte al pari d’una mutilazione dell’anima ogni cambio di rotta rispetto all’idea dispiegata senza inghiottire amaro e sputare dolce. Alla fine, tuttavia, l’interazione tra la formazione junghiana di Eleonora e il sinfonismo d’ascendenza wagneriana di Zaia ha conferito alla contingenza del mondo reale con il clima di mistero «lo scorrere della corrente di vita». Contraddistinta dal simbolo della fenice, al pari delle effigi del leone e dello scorpione. Allargare gli spazi dell’immaginazione per comprendere i sistemi complessi senza svilire il coefficiente d’intelligibilità che scongiura l’impasse dei rompicapo, intenti a spiegare le cose facili in maniera difficile, non spiazza la percezione dello spettatore. Bensì mostra empatia per la sorte dei Cieli e le dimensioni parallele che custodiscono enigmi da svelare step by step.

La perizia del colorist autoctono Walter Volpatto (nella foto), che ha curato la gamma cromatica di cult movie statunitensi della levatura di The Hateful Eight di Quentin Tarantino e Green Book di Peter Farrelly, è il fiore all’occhiello di Creators – The Past. Per riprendere, al di là dei movimenti di macchina, delle panoramiche verso il basso, o l’alto, e della scrittura con la luce nutrita dalla fotografia, le gradazioni dei filtri degli appositi semitoni. La tenacia dimostrata da Eleonora Fani nel reclutare un fuoriclasse del connubio tra atmosfera ed estetica conferma che l’attrazione per l’ignoto necessita dei mutamenti prospettici concessi dal progresso del look figurativo.

L’efficacia mimica del mostro sacro Gérard Depardieu (nella foto), con buona pace delle immancabili attestazioni di stima esibite al divo francese dal consueto esercito di fan e delle prevedibili riserve pronunciate dagli scettici, che ritengono lo star system un mero specchio per le allodole, è una garanzia per imprimere al Maestro della Fede, chiamato ad amministrare il pluralismo degli opposti discernimenti religiosi, l’imprinting dell’immedesimazione.

La sospensione dell’incredulità, attivata dal vantaggio strategico dell’impiego del veterano William Shatner nei panni del prestigioso portavoce del Consiglio Galattico, non significa seguire le orme dei nani sulle spalle dei giganti. L’idonea competenza e l’imprescindibile dimensione promozionale non si annullano necessariamente a vicenda: l’una non esclude l’altra.

Bruce Payne (nella foto) ha riaffermato l’egemonia della polpa sulla gelatina nella parte dell’insidioso Lord Kal, accecato dalla bramosia di dominio sul nostro pianeta, soccorrendo i componenti del cast bisognosi d’aiuto.

Eleonora Fani, intervenendo sul set a favore di una comunicazione senza intoppi, nonostante le impuntature di rito, ha creduto ad archetipi ritenuti peregrini ex ante. Non basta avere la lingua sciolta, l’ambizione, la testardaggine per mettere la teoria tramuta in prassi a riparo dalla chiacchiera agnostica. Occorre inventiva. Per orientarsi nel labirinto delle ipotesi del plot e degli strumenti della promotion. L’apposito libro, redatto dalla versatile Eleonora, il cd della colonna sonora, la pianificazione in base ai successivi mercati di sbocco, sulla scorta del feed-back dei fruitori, devono attendere il loro turno. La sala cinematografica, a dispetto del de profundis pronunciato dai cinici, ostili agli slanci della resilienza, resta un banco di prova irrinunciabile. La destrezza del cantante kazako Dimash Kudaibergen (nella foto), ammaliato sin da bambino dall’aura fiabesca e tenebrosa dell’inobliabile Il signore degli anelli, darà nerbo, con l’estensione vocale di sei ottave, al brano Across Endless Dimensions per sostenere la valenza multimediale del marketing cinematografico? O penetrerà nel cuore dei soliti brontoloni col rito liturgico del buio in sala?

In attesa di scoprirlo, anche senza beneficiare del potere contrattuale delle grandi casi di produzione, e con la spada di Damocle dei contrattempi in agguato, Eleonora Fani è convinta che Creators – The Past s’imporrà all’attenzione accordando l’immediatezza all’aura contemplativa.

La sua testimonianza offre diversi spunti di riflessione e cementa il gusto intramontabile ed empatico della sfida lanciata per contemperare imperativi commerciali ed empiti artistici.

                                               ***** ***** ***** ***** *****

1). D / La stratificazione narrativa che ha messo in piedi permette di conciliare i sogni d’evasione, l’oggetto poetico scandagliato per mezzo della cultura avveniristica e le strategie di posizionamento?
R / Predisporre trame diverse comporta dapprincipio un po’ d’inevitabile confusione. Si tratta di mantenere insieme i vari pezzi del puzzle d’idee e situazioni rivelatrici. È un approccio che spinge a seguire piste disparate prima di scorgere il filone trainante. Poter favorire però allo stesso tempo il versante avventuroso, l’idoneo carattere d’ingegno creativo e altresì l’indispensabile veicolazione del film presso eterogenei target di riferimento, identificabili tanto nel pubblico che cerca nella simbologia una risposta esaustiva ai suoi interrogativi esistenziali quanto negli spettatori sensibili alla nota spettacolarità dell’entertainment, costituisce uno sprone risolutore. I ragazzini sono affezionati ai contesti gaming. Le platee più avvertite preferiscono di gran lunga gli elementi costitutivi dell’introspezione.

2). D / La carica fantastica insita nel rapporto tra immagine e immaginazione concilia i target agli antipodi?
R / Certamente le narrazioni fantastiche alimentano gli incubi e i sogni della collettività. Ed è chiaro che la scrittura per immagini esercita un fascino notevole. Corrispondere all’immaginazione delle masse non esclude la possibilità di sensibilizzare altre platee con i messaggi universali affrontati da “Creators”.

3). D / Renderle più recettive al riguardo significherebbe riuscire ad appaiare cultura ed emotività. È necessario scendere a compromessi per poter raggiungere un obiettivo così ambizioso?
R / Il work in progress comporta sempre dei compromessi. Lì per lì accettarli è dura. Poi, a lungo andare, cuore e cervello, come si dice, vanno messi d’accordo. Certe modifiche sono imposte dalla logica, dall’esigenza. Strada facendo lo sviluppo del copione ha preso una piega diametralmente opposta rispetto a quella impostata all’inizio. Ed è importante sapersi adattare. In tal modo, passo dopo passo, si possono ricomporre tutti i tasselli del mosaico affinché concorrano ad arricchire di sfumature diverse il genere sci-fi.

4). D / Come attrice si è sottoposta a laboriose ed estenuanti ore di trucco. Armarsi di santa pazienza aiuta a entrare nel personaggio e ad accrescere il senso di appartenenza ivi congiunto?
R / Il senso d’appartenenza col personaggio di Lady Airre, che è l’unica delle otto creature coinvolte nell’ordine dell’universo ad aver vissuto sulla Terra, è la chiave di volta. La resistenza, ancor prima della pazienza, consente di mantenere alta la concentrazione. Ed è quindi il requisito primario per custodire la lucidità necessaria per raggiungere il traguardo prefisso. All’inizio Lady Airre parlava quasi solo ed esclusivamente con lo sguardo. A furia di modifiche è diventata il personaggio con più battute. E ho dovuto recitare sia in inglese sia in italiano. Chi come me ha studiato al liceo classico nutre un’avversione istintiva nei confronti della lingua inglese. Il superamento tuttavia di questi ostacoli, dettati pure dalla prevenzione dovuta al background, ha cementato l’aderenza col personaggio. Che sento profondamente mio.

5). D / Il passaggio quindi dalla sceneggiatura di gomma alla sceneggiatura di ferro ha preso piede all’insegna dell’affinità elettiva da una parte e della capacità di adattamento dall’altra?
R / Con Zaia abbiamo stabilito un’alchimia particolare. Basata sulle rispettive competenze. Nel redigere il copione, per descrivere le scene sin nei minimi dettagli, lui ha replicato immediatamente al pianoforte. Concependo il leitmotiv musicale in grado di collocarle al meglio attraverso le note.

6). D / Zaia ha composto dei temi musicali in grado di fungere da elementi segnaletici per ogni personaggio e anche per i luoghi eletti a location. La geografia emozionale ha contribuito ad aggiungere una fertile consapevolezza espressiva al deposito di afflizioni e aspettative riposto nel viaggio nell’inconscio?
R / La fase di location scouting è cominciata con la mia abitazione che è divenuta una fulgida fonte d’ispirazione per assicurare un ruolo di particolare rilievo all’ambientazione scenografica degli interni. Gran parte degli elementi scenografici è stata realizzata dal falegname che aveva già contribuito  all’arredamento di casa mia. Stabilendo una sorta di soluzione di continuità. Gli esterni inoltre costituiscono davvero dei personaggi veri e propri. Meritevoli di ottenere dalla colonna sonora la stessa attenzione dedicata ai personaggi in carne ed ossa. L’energia scaturita dagli spazi attivi si è andata ad amalgamare ai momenti chiave del film. La fenice di fuoco e l’insolito concepimento di un essere vivente dalla coltre di fumo hanno trovato nel giardino di Villa Della Porta Bozzolo e nella zona vicino al Lago Maggiore l’ideale teatro a cielo aperto. Recandoci in loco ci siamo immediatamente immaginati le sequenze grazie ai timbri riflessivi della futura location.

7). D / Gli effetti speciali colgono decisamente nel segno. È servita parecchia perseveranza per ottenere lo stesso talento inventivo dei colossi a stelle a strisce senza disporre del medesimo budget?
R / Bella domanda. Ed è corretto quello che sottolinea: per creare mondi ed esperienze visive fuori dall’ordinario non si può prescindere dal contributo degli effetti speciali; solitamente sono i grandi studios grazie alle ingenti risorse economiche a disposizione ad accedere alle tecnologie più avanzate. Abbiamo rimandato al mittente gli effetti speciali privi della qualità richiesta. Lì hanno capito l’antifona. Ovvero che eravamo capaci di distinguere le prerogative connesse ai sentimenti di stupefazione, sgomento e scoperta continua. La nostra équipe, seppur non enorme, guidata dal supervisore degli effetti speciali Marco Castellani, si è molto ingegnata. Ed è anche per questa ragione che vorremmo suggerire in Italia una strada da intraprendere per stare al passo coi tempi e produrre film sull’esempio dei colossi americani. 

8). D / La serializzazione del vostro film, con “Creators – The Present” e “Creators – The Future“, intende proporre una best practice per procurarsi il consenso del pubblico in rapporto alla trama, impreziosita dagli effetti speciali, e rafforzare l’identità di un genere poco in voga a livello produttivo nel Bel Paese?
R / Secondo me si può fare. Noi l’abbiamo dimostrato. Si può sempre migliorare. L’esperienza insegna anche cosa non bisogna fare in queste circostanze. Con il primo capitolo finito, a fronte di una serie di difficoltà superate con l’ausilio della crescita di competenza, imparando dagli sbagli, l’autostima ricava molta linfa. È un’iniezione di fiducia che spinge a insistere. Per indicare una linea guida.

9). D / Lo scopo consiste nel suscitare subito meraviglia, destando interesse per il prosieguo dei sequel, o nel fornire, anche al termine della visione, cospicue chiavi di lettura legate alla spiritualità?
R / Nel nostro caso lo scopo risiede nell’impreziosire il mondo interiore, segreto, ed esortare le persone già predisposte a compiere un viaggio dentro di sé. Dietro le trovate fantasy si annidano le risposte di un fantasy che svela la realtà. Come recita il trailer. L’utilizzo dei simboli racchiusi nel percorso narrativo innesca letture personali. Le risposte dipendono dal punto di partenza di ciascun individuo quando la visione suscita gli interrogativi sui moti dell’anima. La presa di coscienza dei misteri dell’universo è un monito, se non altro, a non dare tutto per scontato. 

MASSIMILIANO SERRIELLO

Condividi:

Lascia un commento