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Abraham Yehoshua
Viaggio alla fine del millennio

Abraham Yehoshua, scrittore, drammaturgo e accademico israeliano morto all’età di 85 anni il 14 Giugno 2022.

Definito simbolo della complessità ebraica per le sue narrazioni, più volte candidato al Nobel per il suo costante impegno per la pace.

Di seguito il commento del nostro Magnus Torque la suo libro “Viaggio alla fine del millennio” pubblicato nel 1967.

Oggi mi cimento su un romanzo piuttosto complesso. Nella sua particolarità narrativa e nella puntuale ricerca del dettaglio storico-religioso, Abraham Yeoshua propone un testo che presenta una notevole articolazione. L’estrema sintesi dei contenuti orbita attorno alla figura di un personaggio che rappresenta uno stereotipo non proprio originale: La donna pervasa dalla gelosia. Ma questo sentimento, a volte considerato banale, è un motore che da impulso ad una amplissima serie di eventi associati ai vari personaggi che compongono l’universo storico in cui si svolge la narrazione.

La trama parte dal sodalizio fra tre uomini, due ebrei, Ben Atar e Abulafia, nati e cresciuti nel Maghreb africano e un “ismaelita” o islamico Abu Lutfi. Costoro hanno creato una rotta commerciale, temporalmente a ridosso del famigerato Anno Mille dei cristiani, tra le coste marocchine e il cuore dell’Europa. 

E’ un momento assai critico della storia occidentale e uno dei tre, Abulafia, amato nipote di Ben Atar nonché giovane vedovo, si spinge ogni anno nelle zone dei “gentili”, i cristiani europei, per vendere le merci che regolarmente vengono trasportate in Spagna dalle navi dello zio mercante. Il ruolo del giovane nipote è cruciale. Egli tesse rapporti e raccoglie informazioni fondamentali per mantenere florido il commercio alimentato dai prodotti che Ben Atar e il socio Abu-Lutfi rastrellano fra i villaggi dell’Atlante africano.

In una di queste spedizioni commerciali però, accade qualcosa di inaspettato. Il socio errante in Europa, fa un incontro che cambia la sua vita. Una donna ebrea, anch’essa vedova, Esther, incrocia la sua strada e tra i due nasce un rapporto sempre più stretto. Al punto che il matrimonio arriva a coronamento di un destino finalmente portatore di felicità nelle sfortunate vite dei due. In questo momento ha inizio l’intreccio della trama.

La “nuova moglie” dopo aver appreso della bigamia praticata dallo zio del marito, viene colta da un oscuro presagio. Se il giovane Abulafia rimanesse troppo vicino ai costumi degli ebrei africani e quindi alla società commerciale di cui fa parte, potrebbe imporle lo stesso tipo di rapporto e lei non è in grado di sopportare la presenza di una seconda donna nella sua esistenza.

La gelosia si trasforma in una figura retorica di grande impatto psicologico: La Disapprovazione.

Vale la pena fare un breve approfondimento sulla differenza che intercorre fra le varie comunità di confessione ebraica, stabilitesi in contesti cosi distanti fra loro.

Esther è una ebrea cosiddetta Ashkenazita. Il termine viene da Ashkenaz, il nome ebraico usato per indicare i territori germanici. Gli individui di queste comunità presentavano non solo elementi culturali differenti da quelli dei correligionari africani e spagnoli, ma anche differenze fenotipiche marcate. La carnagione di Esther è chiara, i capelli biondi e i lineamenti ne accentuano le ascendenze nordeuropee. Ciò contrasta in maniera visiva oltre che culturale con il nuovo marito e con la sua famiglia, tanto da creare quello che nel romanzo diventa una contrapposizione che divide due comunità, le quali potrebbero essere considerate insiemi di individui completamente estranei fra loro, tranne per la comune confessione.

Tramite la sua disapprovazione, condivisa e sostenuta dalla famiglia di lei e dalla comunità di cui fa parte, fa pressione sul nuovo marito per interrompere il sodalizio con gli altri due soci. Considerato inopportuno e, nell’immaginario della donna, foriero di un destino infamante per il suo matrimonio.

La narrazione si innesca proprio su questa macchinazione della “nuova moglie”. Lo zio di Abulafia, non riesce a darsi pace per la perdita del nipote come socio in affari e come devoto famigliare, tanto da organizzare un viaggio verso il Settentrione, dove porterà si le sue merci, ma lasciata la nave carica di ricchezze, si avventurerà con le sue due mogli in una sorta di universo alieno, in cui le menti e le coscienze degli uomini, i “gentili”, sono sospese nell’attesa del compimento della Profezia. L’avvicinarsi della terribile fine del Millennio è attesa con la convinzione della nuova venuta del Salvatore che dovrà premiare tutti coloro che lo meritano con la vita eterna. Tale attesa incombe come una cappa pesante sul mondo cristiano e i visitatori da terre lontane non possono che prenderne atto, cercando di mantenere una rispettosa distanza, o meglio mantenendo il più possibile un basso profilo.

Ben Atar decide inoltre di avvalersi della dialettica di un giovane rabbino andaluso, Elbaz, il quale avrà il compito di difendere la figura dell’uomo che lo ha ingaggiato, sostenendo la liceità della sua bigamia, secondo i dettami di una religione che li accomuna agli Ashkenaziti, i quali però sembrano essere molto più influenzati dalla cultura che li ospita.

Le vicissitudini del lungo e pericoloso viaggio si intrecciano con il contrasto insanabile fra le due visioni del mondo esplicitate all’interno di una stessa confessione religiosa, e questo permette all’autore di analizzare in profondità le dinamiche dei rapporti fra uomini e donne in quello scorcio finale del millennio. L’apparente naturalezza con cui gli ebrei africani trattano l’altra metà del cielo nelle limitazioni che le vengono imposte, come il velo o la poligamia, si contrappone ad una presunta superiorità morale degli ebrei europei, in un ambito in cui è estremamente arduo trovare un punto di incontro. Ma tutto questo narrare eventi concatenati e conseguenti non viene mai scisso dalla spinta primordiale, costituita da un sentimento impossibile da ignorare. Tanto da diventare l’elemento di riflessione forse più diretto per il lettore: La gelosia di una donna non va mai sottovalutata.

“per aspera ad astra”

Magnus Torque

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